Criptovalute: le Entrate chiariscono gli obblighi dichiarativi
di Alessandro CarlesimoIl ricorso degli operatori alle valute digitali, sia per scopi commerciali, quale corrispettivo di beni e servizi, sia ai fini speculativi, come asset finanziario ad alto rendimento, pone non pochi problemi in relazione al trattamento dei redditi valutari conseguiti a seguito delle fluttuazioni del tasso di conversione, nonché in merito agli obblighi di trasparenza fiscale previsti dalla legge.
L’Agenzia delle Entrate ha recentemente pubblicato il parere reso a fronte dell’interpello n.956-39/2018, nel quale si esaminano i riflessi fiscali legati al possesso e movimentazione dei bitcoin da parte di persone fisiche al di fuori dell’attività di impresa.
La risposta fornita prende le mosse dalla precedente risoluzione AdE 72/E/2016 e, nello specifico, affronta due questioni rilevanti:
- l’applicabilità degli obblighi imposti dalla normativa sul monitoraggio fiscale dei capitali;
- gli obblighi connessi all’imposizione delle plusvalenze realizzate tramite negoziazione o prelievo delle valute digitali.
Innanzitutto, l’Amministrazione finanziaria ha confermato l’obbligo di compilazione del quadro RW sull’assunto che le criptovalute siano equiparabili, sotto il profilo fiscale, alle valute estere. Queste ultime, come peraltro chiarito nella circolare AdE 38/E/2013, rientrano nell’ambito di applicazione del disposto di cui all’articolo 4 D.L. 167/1990, secondo cui i soggetti residenti che possiedono direttamente o indirettamente “investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi”.
Il contribuente, pertanto, deve indicare in dichiarazione il controvalore in euro della criptomoneta secondo il cambio al 31 dicembre (ovvero in caso di smobilizzo nel corso dell’anno, il valore di disinvestimento) desumibile dal sito dove ha acquistato la valuta, contrassegnandola, alla colonna 3, con il codice di individuazione 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”.
L’Agenzia ha inoltre chiarito che la compilazione del RW non è in questo caso strumentale alla liquidazione dell’IVAFE poiché l’applicazione della stessa presuppone la disponibilità delle valute su depositi o conti correnti “esclusivamente di natura bancaria”, condizione che non si verifica per le monete digitali che sono invece conservate in portafogli elettronici, cd. “wallet”. Parimenti, seguendo tale ragionamento (sebbene l’amministrazione non si sia pronunciata sul punto) non dovrebbe rilevare la soglia di 15.000 euro che delinea l’area di esonero dichiarativo dei depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero.
Non secondario, come già accennato, è il tema relativo alla tassazione (e correlati adempimenti dichiarativi) delle plusvalenze, realizzate mediante prelievo o vendita delle criptovalute, causate dall’oscillazione del tasso di cambio BTC/EURO. Al proposito, l’amministrazione finanziaria ritiene che debbano applicarsi “i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali”. Si osservano pertanto le regole sancite dall’articolo 67 Tuir, in base al quale le plusvalenze valutarie appartengono alla categoria dei redditi diversi.
Occorre però fare un distinguo che tenga conto delle modalità contrattuali di negoziazione delle suddette valute; ciò in quanto, mentre le plusvalenze prodottesi a seguito di cessione a termine sono tassate indipendentemente dagli importi interessati (è il caso, ad esempio, dei contratti derivati che attribuiscono il diritto od obbligo di cedere o acquistare, ad una data prestabilita, moneta digitale), quelle derivanti da cessioni a pronti sono imponibili soltanto qualora la valuta scambiata provenga da portafogli elettronici la cui giacenza media, espressa in euro, superi un controvalore di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta (articolo 67, comma 1-ter, Tuir).
L’Agenzia chiarisce che il valore della giacenza rilevante ai fini della verifica del superamento della soglia, va determinato secondo il tasso di riferimento all’inizio del periodo di imposta in cui si verifica il presupposto della tassazione e considerando, quale prezzo giornaliero, il rapporto di cambio rilevato sul sito dove si acquista la valuta virtuale, o in mancanza, quello rilevato sul sito dove si effettua la maggior parte delle operazioni.
Ricorrendone i presupposti, quindi, la plusvalenza formerà reddito tassabile. Il contribuente, in relazione a tali redditi, deve provvedere alla compilazione del quadro RT del modello redditi persone fisiche, prodromico all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%. Più in dettaglio, è tenuto a compilare la sezione II, nella quale dovrà essere determinata la base imponibile in conformità all’articolo 68, comma 6, Tuir, ottenuta per differenza tra corrispettivo percepito e valore di acquisto (determinato applicando il cambio storico calcolato sulla base del criterio del L.I.F.O., ovvero, nel caso di cessione a termine, applicando il tasso di cambio a pronti alla data di stipula del contratto), aumentato di ogni altro onere inerente alla produzione del reddito. Nello stesso quadro e secondo le stesse modalità è altresì possibile riportare l’eventuale minusvalenza.
Infine, è opportuno rammentare che, per i soggetti che effettuano compravendite a pronti, l’esposizione in dichiarazione rappresenta una via obbligata, non potendo applicarsi l’opzione per il regime del risparmio amministrato che, di converso, esclude gli adempimenti dichiarativi.
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