Criptovalute sempre più simili alle valute straniere
di Greta PopolizioL’inquadramento giuridico dei digital asset procede lentamente, per l’estrema varietà di forme in cui si manifestano e per la loro diffusione transnazionale.
Gli ordinamenti nazionali e sovranazionali tentano di rincorrere i fenomeni digitali di tipo economico e finanziario, con l’intenzione di condividere e cristallizzare alcuni principi cardine che possano disciplinare, a livello di fondamento, l’evoluzione del settore.
L’Unione Europea sta cercando di inquadrare il trattamento ai fini Iva delle varie operazioni che si possono generare con le cd. “cripto -attività”.
I documenti ufficiali che fino a qui si sono occupati del tema sono ancora pochi:
- Sentenza Corte di Giustizia EU C-264/14 del 2015, cd. “Caso Hedqvist”;
- Working Paper del Comitato Iva n. 892 del 2016;
- Proposta di Regolamento di modifica della Direttiva 2019/1937;
- Working Paper del Comitato Iva n. 1037 e 1038 del 2022.
In particolare, il working paper n.1037, pubblicato il 24 febbraio 2022, ha lo scopo di ricapitolare, riassumere e coordinare le analisi effettuare finora, sia dagli organismi comunitari che mondiali (Ocse).
Viene preliminarmente richiamata la definizione generale di “Cripto attività”, inserita nella Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai Mercati delle Cripto-Attività e che modifica la Direttiva Ue 2019/1937 (cd. Regolamento MiCA), secondo cui un crypto asset è “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia del registro distribuito o una tecnologia analoga”.
Tali cripto-asset possono essere suddivisi in tre principali categorie:
- Payment token, operano come unità di conto e sono utilizzati come strumenti di pagamento, ad esempio le cripto valute (Bitcoin, Ethereum ecc.)
- Security token, chiamati anche “financial tokens”, concepiti come attività negoziabili, spesso detenute a scopo di investimento (es. Spice e tZero)
- Utility token, consentono lo scambio o l’accesso a determinati beni o servizi, simili a voucher, sebbene per la loro natura mutevole e spesso “ibrida” non pare si possa farli rientrare nell’ambito della cd. “Direttiva Voucher” (si veda WP del Comitato Iva n. 993 del 21.02.2020).
A seguire, il working paper n.1037 si focalizza sulle criptovalute, o Payment token, intese come strumento di pagamento, con l’intento di verificare se le relative operazioni siano rilevanti o non rilevanti ai fini Iva e, ove rilevanti, se siano imponibili od esenti (articolo 135 Direttiva Iva 2006/112/CE).
La creazione di cripto asset (mining-forging)
La creazione di criptovalute avviene principalmente con due diverse metodologie: il mining, basato su un processo cd. di proof of work, ed il forging, basato su processo di proof of stake.
Le due tecniche di creazione possono presentare differenti trattamenti dal punto di vista reddituale ma sotto gli aspetti Iva entrambe vengono classificate come operazioni rilevanti (se effettuate da soggetto passivo), in quanto si tratterebbe di un “servizio” – la verifica e la registrazione su relativa blokchain – effettuato dietro corrispettivo – la criptovaluta minata o forgiata. Il regime applicabile sarebbe l’esenzione ex articolo 135, part.1 lett.(e) e/o (d) della Direttiva Iva.
I digital wallet
La detenzione, l’utilizzo e lo scambio di criptovalute presuppone l’utilizzo di un cd. digital wallet. Ne esistono di diversi tipi, on-line o off-line a seconda che siano o meno connessi in rete, non custoditi o custoditi, a seconda che siano gestiti da un terzo o direttamente dal proprietario.
A prescindere dalle diverse tipologie, ciò che rileva ai fini Iva è la corresponsione di un corrispettivo al provider.
Nel caso sia prevista una fee, il provider, in linea di principio, si qualifica come soggetto passivo e le relative operazioni divengono rilevanti ai fini Iva ma anche queste inquadrabili nell’ipotesi di esenzione di cui alle lett. (e) e (d) dell’articolo 135 della Direttiva.
Operazioni di intermediazione (exchange)
In linea con quanto statuito dalla Corte nel caso Hedqvist, il Comitato ritiene che il servizio di scambio (tra diverse criptovalute o tra cripto e valute legali) costituisca una prestazione di servizi rilevante, rientrante nell’esenzione come visto sopra.
Utilizzo come strumento di pagamento
Anche in questo caso il Comitato non si è discostato dalla decisione della Corte di Giustizia e ritiene che quando si è in presenza di una operazione “ordinaria” di cessione di beni o prestazione di servizi dove la criptovaluta si configura come strumento di pagamento, si debba applicare la disciplina propria dell’operazione sottostante, con la particolarità che la base imponibile deve essere determinata convertendo la criptovaluta in valuta avente valore legale (cd. valuta fiat).
In calce al documento è infine riepilogato l’attuale assetto normativo dei diversi Stati membri in relazione ai vari fenomeni riguardanti le cripto attività.