Criteri per la verifica del divieto di indiretta distribuzione di utili
di Luca CaramaschiPur se il dichiarato obiettivo della riforma (L. 106/2016) di uniformare la disciplina dei soggetti appartenenti al mondo del non profit non pare essersi realizzato in modo compiuto, almeno sull’interpretazione del principio cardine rappresentato dal divieto di distribuzione, anche indiretta, di utili derivanti dalla gestione dell’ente, il legislatore pare aver delineato elementi comuni applicabili anche ai soggetti che non faranno parte dei nuovi Enti del Terzo Settore (ETS).
Se è vero che acquisteranno la qualifica di enti del Terzo settore solo quelle organizzazioni che si iscriveranno nel costituendo Registro del Terzo settore, possedendone le caratteristiche, è altrettanto vero che alcuni principi fondamentali contenuti nel nuovo Codice del Terzo settore, recentemente approvato in via definitiva, si ritiene possano trovare applicazione anche per i soggetti “esclusi” (volontariamente o in quanto non ne possiedono le caratteristiche) dalla nuova disciplina. Uno di questi è proprio il divieto di distribuzione anche indiretta di utili.
Tale principio è presente nell’ordinamento fin dai tempi del D.Lgs. 460/1997; risale infatti a quel tempo la modifica apportata al testo unico delle imposte sui redditi che, mediante l’introduzione dell’attuale articolo 148, al comma 8, lettera a), prevede, per gli enti non commerciali di tipo associativo, il “divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge”.
Da quel momento in poi sono diverse le discipline che lo hanno richiamato: facciamo riferimento, in particolare, alla disciplina che riguarda le associazioni (e società) sportive dilettantistiche le quali, specie del più ampio genere degli enti non commerciali di tipo associativo, devono rispettare, oltre alle previsioni di carattere generale, anche i dettami del comma 18 dell’articolo 90 della L. 289/2002 che testualmente richiede negli statuti “l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli, associati, anche in forme indirette”. Sul confronto tra le due disposizioni deve in proposito evidenziarsi che, come anche segnalato dallo studio del Notariato n. 93/2004/T, è possibile individuare alcune differenze sotto il profilo lessicale in quanto “mentre l’articolo 148, comma 8 fa riferimento al divieto di distribuzione degli utili o avanzi di gestione, invece il comma 18, lettera d) dell’articolo 90 vieta la distribuzione dei proventi dell’attività”.
È in tale contesto che si inseriscono le recenti previsioni contenute nel decreto legislativo che introduce il nuovo Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge delega 106/2016. È infatti con l’articolo 8, rubricato “Destinazione del patrimonio ed assenza di scopo di lucro”, che dopo aver previsto al comma 1 che “Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”, si precisa nel successivo comma 2 che “Ai fini di cui al comma 1, è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo”.
Se si considera che, né la disciplina degli enti non commerciali di tipo associativo recata dall’articolo 148 del Tuir, né quella prevista per le realtà sportive dilettantistiche (articolo 90 L. 289/2002), risultano abrogate dai decreti attuativi della riforma, si comprende come tali diverse definizioni si presentano – per quanti ne risulteranno esclusi – come “alternative” a quelle previste per i nuovi soggetti che potranno definirsi “Enti del Terzo settore”.
Che vi sia una concorrenza di discipline per i vari soggetti che a diverso titolo faranno parte del mondo del non profit lo testimoniano le disposizioni di coordinamento contenute nell’articolo 89 del decreto legislativo in commento il quale precisa che “Agli enti del terzo settore …. non si applicano le seguenti disposizioni: a) l’articolo 143, comma 3, l’articolo 144, commi 2, 5 e 6 e gli articoli 148 e 149 del Tuir”, confermandone in tal modo la permanenza in vigore.
Confrontiamo, quindi, le tre disposizioni normative che seppur con differenti formulazioni, interpretano il medesimo concetto di divieto alla distribuzione, anche indiretta, degli utili.
Art. 148 comma 8 Tuir Enti non commerciali (ENC) |
Art. 90 comma 18 L. 289/2002
Sportive dilettantistiche (ASD-SSD) |
Art. 8 comma 2 D.Lgs. Codice Terzo Settore Enti del Terzo settore (ETS) |
Divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge |
L’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli, associati, anche in forme indirette |
È vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo |
Dopo aver evidenziato l’esistenza di diverse definizioni riconducibili al medesimo principio, entriamo ora nel dettaglio per comprendere quale sia il concreto significato da attribuire al particolare concetto di “indiretta” distribuzione di utili. Nella disciplina richiamata dall’articolo 148 del Tuir non si rinviene alcuna indicazione concreta in ordine alla nozione di “distribuzione indiretta” di utili o di avanzi di gestione. A colmare tale lacuna ci ha pensato l’Amministrazione finanziaria che, intervenendo con la C.M. 124/E/1998, ha chiarito che ai fini di tale interpretazione soccorrono i criteri stabiliti dall’articolo 10, comma 6, del D.Lgs. 460/1997 che seppur riferite alle ONLUS (disciplina oggi abrogata dalla riforma), possono certamente configurarsi come riferimenti anche per gli enti di tipo associativo.
L’indiretta distribuzione utili secondo l’articolo 10, comma 6, D.Lgs. 460/1997
Cessioni di beni a condizioni di favore |
Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado e ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità |
Acquisto di beni o servizi a valori superiori al normale |
L’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale |
Compensi amministratori superiori al limite massimo |
La corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal D.P.R. 645/1994, e dal D.L. 239/19956, convertito dalla L. 336/1995, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni |
Interessi passivi per prestiti superiori al normale |
La corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto |
Stipendi superiori al normale |
La corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche |
È con la successiva risoluzione 9/E/2007 che viene chiesto all’Amministrazione finanziaria di esprimere un parere in relazione alle seguenti situazioni che coinvolgono tre soci di una società sportiva dilettantistica che rivestono anche la qualifica di amministratori: percezione di compensi per la carica di amministratore, percezione di compensi in esenzione ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera m), del Tuir, percezione di canoni per la concessione in locazione dell’impianto sportivo (di proprietà dei soci amministratori) alla medesima società sportiva. Nel documento di prassi si chiede, nella sostanza, se il contemporaneo verificarsi delle predette situazioni possa configurare una violazione del divieto di distribuzione, anche indiretta, dei proventi dell’attività sociale di cui all’articolo 90, comma 18, lettera d), della L. 289/2002. Richiamando le disposizioni contenute nell’articolo 10, comma 6, del D.Lgs. 460/1997 e le relative interpretazioni fornite con la maxi circolare 168/E/1998 e la risoluzione 294/E/2002, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le seguenti risposte:
- con riferimento alla fattispecie oggetto d’interpello, si ritiene, in primo luogo, che i compensi percepiti dal socio amministratore per lo svolgimento della carica sociale costituiscono distribuzione indiretta dei proventi se superano il limite previsto dal D.P.R. 645/1994 per la carica di presidente del collegio sindacale delle società per azioni (pari a euro 41.316,55);
- i compensi di cui alla lettera m) dell’articolo 67, comma 1, del Tuir, percepiti dal socio in qualità di istruttore e allenatore nell’ambito dell’attività sportiva dilettantistica, configurano distribuzione indiretta dei proventi se superiori del 20% rispetto ai salari o stipendi previsti per le medesime qualifiche dai contratti collettivi di lavoro, compresi gli importi dei suddetti compensi che, ai sensi dell’articolo 69, comma 2, del Tuir non concorrono a formare il reddito;
- per quanto concerne la configurabilità del canone di locazione percepito dai soci fondatori della società sportiva dilettantistica come forma indiretta di divisione dei proventi dell’attività sociale, l’Agenzia ritiene che tale distribuzione, vietata dall’articolo 90, comma 18, lettera d), della citata L. 289/2002, si realizzi laddove il canone praticato sia superiore a quello di mercato, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir (che individua, con specifici criteri, il valore normalmente praticato sul mercato).
Detto questo, è interessante rilevare come la nuova disciplina degli ETS (enti del terzo settore) contenga al comma 3 dell’articolo 8 del recente decreto legislativo – Codice Terzo Settore – una precisa elencazione dei casi nei quali certamente si considera realizzata una distribuzione indiretta di utili, e che ricalcano con talune differenze quanto in precedenza previsto dall’articolo 10 del D.Lgs. 460/1997.
Se si pensa che, per effetto di quanto previsto dalla lettera a), comma 2, dell’articolo 102 del decreto legislativo in commento, sono abrogate le disposizioni di cui agli articoli da 10 a 29 del D.Lgs. 460/1997 (fatta eccezione per l’articolo 13 commi 2, 3 e 4 del medesimo decreto), si ritiene che anche per i soggetti che non rientreranno nella disciplina prevista per gli Enti del Terzo Settore (è il caso descritto degli enti non commerciali che non ne possiedono le caratteristiche piuttosto che della maggior parte delle organizzazioni sportive dilettantistiche) il concetto del divieto alla indiretta distribuzione degli utili non possa che essere declinato, da quando la norma entrerà in vigore, secondo i nuovi criteri contenuti nel terzo comma dell’articolo 8 del nuovo decreto che di seguito si riportano in forma di rappresentazione schematica.
L’indiretta distribuzione utili secondo l’articolo 8, comma 3, del Codice Terzo Settore
Cessioni di beni a condizioni di favore |
Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale di cui all’articolo 5 |
Acquisto di beni o servizi a valori superiori al normale |
L’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale |
Compensi amministratori superiori al limite massimo |
La corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni |
Interessi passivi per prestiti superiori al normale |
La corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze |
Stipendi superiori al normale |
La corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del D.Lgs. 81/2015, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h) |
È quindi ai sopra citati parametri che, tanto gli ETS, quanto le realtà che non potranno/vorranno fregiarsi di tale qualifica, dovranno attenersi per valutare la presenza o meno di una situazione che vìoli il principio della indiretta distribuzione di utili.