22 Novembre 2024

Criterio della presenza fisica in Italia foriero di contenzioso

di Angelo Ginex
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L’articolo 2, comma 2, Tuir, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 209/2023, stabilisce che si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia 183 giorni in un anno oppure 184 giorni in caso di anno bisestile), tra gli altri criteri, sono presenti nel territorio dello Stato, tenuto conto anche delle frazioni di giorno.

Mediante una parziale modifica della disposizione in esame, quindi, la novella ha introdotto un nuovo e autonomo criterio di radicamento della residenza basato sulla presenza fisica nel territorio dello Stato. Sul punto, è intervenuta la circolare n. 20/E/2024, nella quale l’Agenzia delle entrate, a distanza di poco più di dieci mesi, ha fornito alcuni chiarimenti.

Innanzitutto, essa ha sottolineato che si tratta di un criterio di collegamento “alternativo” agli altri, nel senso che, in conformità a quanto dalla stessa già precisato per la previgente versione della norma, è sufficiente che ricorra uno dei quattro criteri di collegamento, previsti dal citato articolo 2, comma 2, affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia.

Un’altra precisazione importante, secondo il parere dell’Agenzia delle entrate, è che la motivazione della presenza fisica in Italia è irrilevante, in quanto il criterio introdotto è oggettivo e richiede esclusivamente la presenza fisica di un soggetto nel territorio dello Stato, a prescindere dalle motivazioni di tale presenza e senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri di cui sopra.

Questo significa che l’approccio adottato dall’Agenzia delle entrate è inclusivo di un numero indefinito di circostanze, il che non è affatto positivo perché foriero di un ampio ricorso al contenzioso.

Basti considerare che la stessa Agenzia ha chiarito di ravvisare la residenza nel territorio dello Stato nel caso della persona fisica che trascorra in Italia la maggior parte del periodo d’imposta, anche se in modalità frazionata, per vacanza, o per motivi di studio, oppure per far visita ad amici o parenti, così come nel caso di chi viene a svolgere la propria attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa, mantenendo la residenza (anche a fini anagrafici), la famiglia e ogni altro legame affettivo e personale all’estero.

Ma non solo. Trattandosi di un mero dato fattuale, la presenza fisica potrà essere riscontrata in base a elementi che attestano la materiale permanenza nel territorio dello Stato, anche non continuativa, per un preciso numero di giorni o, addirittura, frazioni di giorno.

Sul punto, l’Agenzia attribuisce rilevanza, con estremo rigore, finanche alla permanenza entro i confini nazionali per una sola ora. Essa ipotizza il caso del contribuente – non iscritto nell’anagrafe della popolazione residente e privo di residenza e domicilio nel territorio dello Stato – che giunga in Italia con un aeroplano che atterra alle ore 23:00 del giorno 1.7.2024 (anno bisestile) per restare ininterrottamente nel territorio dello Stato fino alle ore 01:00 del giorno 31.12.2024.

Ebbene, l’Agenzia delle entrate ha chiarito di ritenere che, anche i giorni del 1.7 e del 31.12.2024, sono considerati “interamente”, nonostante il contribuente abbia trascorso nel territorio dello Stato una sola ora in ciascuna giornata. Nella specie, quindi, il contribuente è considerato fiscalmente residente in Italia per il 2024, in quanto ha integrato il requisito della presenza fisica per 184 giorni.

Anche questo aspetto lascia perplessi e, verosimilmente, si sosterrà che non assume rilevanza l’intero giorno, ma le effettive ore di permanenza che andranno quindi sommate (nell’esempio, 2 ore e non 2 giorni).

Il contribuente potrà dimostrare, con documenti di uguale valenza probatoria, di avere trascorso in Italia periodi che, cumulativamente considerati, non consentono di raggiungere il limite minimo di permanenza nel nostro Paese per la configurazione della residenza in Italia. Ad esempio, è la stessa Agenzia a precisare che, per escludere la residenza in Italia, sono valutate particolari situazioni in cui la presenza fisica sul territorio dello Stato è meramente temporanea od occasionale, come nel caso di scalo aereo nel territorio nazionale dovuto a una coincidenza per recarsi in un Paese estero.

Da ultimo, nel caso di lavoratori in smart working in Italia, è stato chiarito che la permanenza in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta determina, di per sé, la residenza fiscale nel nostro Paese. Se poi questi abbiano radicato la propria residenza fiscale nel territorio dello Stato, dovranno assoggettare a tassazione in Italia tutti i suoi redditi, ovunque prodotti, e non solo quelli derivanti dalla propria attività lavorativa, salva l’eventuale applicazione di disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Parimenti, nel caso di lavoratori in smart working dall’estero, si ha residenza in Italia solo qualora soddisfino per la maggior parte del periodo d’imposta almeno uno degli altri tre criteri individuati dal citato articolo 2.