8 Febbraio 2024

Criterio sostanziale alla base della specificità dei motivi di appello

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Nel processo tributario, il ricorso in appello deve contenere:

  • l’indicazione della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado a cui è diretto;
  • le generalità dell’appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto;
  • gli estremi della sentenza impugnata;
  • l’esposizione sommaria dei fatti;
  • l’oggetto della domanda;
  • i motivi specifici dell’impugnazione.

Tale disposizione normativa, contenuta nell’articolo 53, D.Lgs. 546/1992, rubricato “Forma dell’appello”, ha suscitato un ampio dibattito, soprattutto nella pratica giurisprudenziale, sul tema della specificità dei motivi di appello, e cioè di quali caratteristiche devono essere soddisfatte, affinché si possa ritenere che i motivi dell’impugnazione siano specifici, così come richiesto dalla legge.

La questione prospettata, peraltro, è strettamente correlata ad uno dei principi fondamentali del processo tributario, ovvero a quello dell’effetto “devolutivo” dell’appello secondo cui tale mezzo di impugnazione non è automaticamente devolutivo, in quanto il giudice di secondo grado non è investito direttamente dell’intera causa. Detto in altri termini, la cognizione del giudice di appello, ai sensi dell’articolo 56, D.Lgs. 546/1992, è circoscritta alle questioni ed eccezioni specificatamente riproposte, per cui il thema decidendum è delineato nei limiti dei motivi di appello (principale e incidentale) e delle questioni riproposte dalle parti.

Tra le tante pronunce intervenute sul tema, si segnala la sentenza n. 32954/2018, ove la Corte di cassazione ha affermato che la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo che siano state avanzate in primo grado, in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’articolo 53, D.Lgs. 546/1992, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito.

In un’altra interessante pronuncia (Cassazione n. 30341/2019), la Suprema Corte di cassazione ha affermato che l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’articolo 53, D.Lgs. 546/1992, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, essendo richiesta, invece, soltanto una esposizione chiara e univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza.

Pertanto, deve ritenersi che è irrilevante che i motivi di appello siano enunciati nella parte espositiva dell’atto ovvero separatamente, atteso che, non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere “specifici” i motivi di appello possono essere ricavati, anche per implicito, purché in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni.

Volendo provare a riassumere la posizione della Cassazione sul tema, è possibile ritenere che il requisito della specificità dei motivi di appello, non deve essere valutato in base a un criterio meramente formalistico, quanto più “sostanziale”. Resta comunque inteso che i motivi di gravame devono emergere dal ricorso in appello in maniera chiara e che gli stessi devono essere precisi e specifici.

Con una pronuncia più recente (Cassazione n. 1030/2024), la Corte di cassazione ha precisato che la riproposizione in appello delle ragioni poste a fondamento, nel caso del contribuente, dell’originaria impugnazione dell’atto impositivo ovvero, nel caso dell’amministrazione, della legittimità dell’accertamento, in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica di cui all’articolo 53, D.Lgs 546/1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur implicitamente, in termini inequivoci.

Per quanto concerne, poi, la più delicata questione dell’utilizzo della “tecnica del rinvio” alle ragioni espresse con il ricorso di primo grado, sembrerebbe che per la Suprema Corte sia sufficiente il rimando al ricorso introduttivo contenuto nel ricorso in appello, in quanto il gravame costituisce comunque una manifestazione di volontà nel senso di proseguire nel giudizio, con implicita riproposizione della domanda principale (Cassazione n. 1322/2018). Ovviamente, affinché tale rinvio sia considerato valido, è necessario che nella sede cui si rinvia si possano ritrovare censure specifiche.

Infine, occorre rilevare che la Corte di cassazione ha affermato che, in ogni caso, la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi di impugnazione ex articolo 53, D.Lgs. 546/1992, deve essere interpretata in maniera restrittiva, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia; pertanto, l’appello deve essere ammesso ogni qual volta nel ricorso in appello sia espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado (Cassazione n. 707/2019).