Crowdfunding e la tassazione dei redditi
di Raffaele PellinoUn fenomeno che sta trovando larga diffusione negli ultimi anni è quello del crowdfunding: si tratta di una modalità di finanziamento “collettivo” a cui partecipa un elevato numero di investitori che, utilizzando specifici portali internet, sostengono (anche con investimenti di modesta entità) progetti imprenditoriali di qualsiasi genere, ricevendo in cambio un “premio” o una ricompensa. In relazione al tipo di finanziamento è possibile distinguere diversi modello di crowdfunding:
- il donation-based, è un modello utilizzato per finanziare progetti destinati alla comunità e, quindi, donare una determinata somma ad un ente no-profit, senza ricevere alcunché;
- il reward based, è un modello che permette di finanziare un progetto ricevendo in cambio una ricompensa, commisurata alla donazione, in genere non in danaro; ad esempio, si finanzia uno spettacolo musicale ottenendo in cambio i biglietti per assistere al concerto;
- l’equity based è un modello di crowdfunding che consente all’investitore di entrare a pieno titolo nella compagine societaria dell’azienda finanziata, acquistando una partecipazione al capitale della stessa: in tal caso, l’investitore potrà beneficiare di tutti i diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa;
- royalty based, è un modello in cui l’investitore – finanziando una determinata iniziativa – riceve in cambio parte dei profitti dell’impresa (le royalties).
L’attività di “peer to peer lending”, in particolare, attraverso l’utilizzo di piattaforme online, mette in relazione soggetti (privati o azienda) che necessitano di risorse finanziarie e coloro che sono interessati a prestare denaro (“prestatori”): chi effettua il prestito riceve un interesse il cui tasso è commisurato al rischio dell’operazione (rileva il rating assegnato al richiedente, minore è il rating e più alto è il tasso di interesse da corrispondere per ripagare il capitale).
La piattaforma (o marketplace) svolge una funzione di intermediario nonché gestisce i flussi dai richiedenti ai prestatori. Occorre, qui sottolineare che, il peer to peer lending è una forma di crowdfunding che ha ad oggetto il capitale di debito, mentre, l’equity crowdfunding ha ad oggetto un investimento in capitale di rischio.
Sul piano più strettamente fiscale, la Legge di Bilancio 2018, ha cercato di fornire una regolamentazione ad hoc per tale tipologia di investimento. Tuttavia, per meglio comprendere i diversi aspetti fiscali occorre fare un passo indietro.
La prima regolamentazione in materia ha avuto origine con il D.L. 179/2012: con tale decreto il legislatore ha previsto la possibilità per le startup innovative, in deroga al divieto di cui all’articolo 2468, comma 1, cod. civ., di offrire al pubblico prodotti finanziari anche attraverso portali online per la raccolta di capitali. Successivamente, il D.L. 3/2015 ha esteso la disciplina del crowdfunding alle Pmi innovative e ad altre società che investono prevalentemente in start-up innovative o in Pmi innovative. Ancora, il crowdfunding – ad opera della Legge di Bilancio 2017 e del D.L. 50/2017 – è stato esteso alla raccolta di capitale di rischio da parte di tutte Pmi costituite in forma di società a responsabilità limitata, secondo la definizione della disciplina europea.
Con Legge di Bilancio 2018, come anticipato, è stato dato un quadro normativo certo al regime fiscale dei proventi derivanti dall’attività di crowdfunding nella forma peer to peer lending.
Infatti, a decorrere dal 01/01/2018, attraverso l’introduzione nell’articolo 44, comma 1, Tuir della nuova lettera d-bis), sono stati espressamente ricompresi tra i “redditi di capitale” i proventi derivanti da prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme P2P Lending) gestite da società iscritte all’albo degli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 D.Lgs. 385/1993 o da istituti di pagamento rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 114 D.Lgs. 385/1993.
Conseguentemente, i gestori della piattaforma (operando quali sostituti d’imposta) saranno tenuti ad operare una ritenuta a titolo d’imposta del 26% sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche.
Con riferimento al periodo d’imposta 2017, invece, le remunerazioni (interessi) conseguite dai privati attraverso i suddetti investimenti concorrono alla base imponibile dell’Irpef e, pertanto, sono tassati in base al relativo scaglione Irpef.
Nell’ambito del modello dichiarativo, questi vanno riportati nel rigo RL2 del quadro RL, indicando l’eventuale ritenuta d’acconto operata dai gestori.
Così, ad esempio, un contribuente che stipula due diverse tipologie di finanziamenti peer to peer lending di cui uno nel 2017 e l’altro nel 2018 sarà soggetto a due diverse modalità di tassazione: se per l’anno 2017 sono stati corrisposti gli interessi relativi al finanziamento effettuato, questi vanno dichiarati nel rigo RL2 del modello redditi PF 2018; diversamente, gli interessi percepiti in relazione all’anno 2018 saranno assoggettati alla ritenuta a titolo d’imposta e, quindi, non saranno indicati nell’ambito dello modello redditi 2019.