Dall’Europa piccoli passi per la revisione legale nelle imprese minori, e sempre grande attenzione all’indipendenza. Dir. 2014/56/UE
di Claudio Ceradini
Con la Dir. 2014/56/UE del 16 aprile scorso, la Commissione Europea è intervenuta in modifica della precedente Dir. 2006/43/UE, sulle revisione dei conti annuali e consolidati. L’intervento precisa e rafforza i requisiti di indipendenza e scetticismo professionale, ed introduce un principio di proporzionalità dell’approccio alla complessità dell’incarico che era francamente molto atteso, ed in qualche misura doveroso.
La questione, quest’ultima, nasce ormai dieci anni fa, quando con la riforma del diritto societario, furono disciplinate autonomamente le funzioni di vigilanza e di quello che allora fu definito il controllo contabile (prima versione dell’art. 2409bis C.C.). La scelta del legislatore, che allineava nella struttura delle funzioni di controllo sindacale le società sottoposte al TUIF con le altre, bastò per alimentare la discussione, in merito alle tecniche di controllo, se si fossero dovute di lì in avanti basare sui Principi di Revisione o meno. Si trattava di una grossa novità, che avrebbe imposto all’esercito dei sindaci in carica di modificare totalmente il proprio approccio alle verifiche sulla contabilità e sul bilancio, con relative conseguenze, infauste, sulla condotta giuridicamente imposta dall’incarico e sul regime delle responsabilità. Iniziò da quel momento la difesa, strenua, della diversità sostanziale dei due approcci, in una fase iniziale comprensibile e sostenibile, ma con il trascorrere del tempo sempre più fragile e quasi disperata, di fronte al succedersi e all’evolversi delle norme che progressivamente hanno chiarito inequivocabilmente l’obbligatorietà del metodo che trova disciplina dei Principi di Revisione. Il recepimento della Dir 2003/51/UE, la prima formulazione dell’art. 2409ter C.C., e poi l’art. 11 del successivo D.Lgs 39/2010 hanno definitivamente ed inesorabilmente indicato nei Principi di Revisione i criteri tecnici di riferimento del revisore, in qualsiasi circostanza in cui la funzione fosse richiesta dalla legge.
E pur vero, si disse subito, che gli stessi Principi di Revisione Internazionali (ISA) si basano sulla elasticità, sull’approccio al rischio, lasciando al revisore la declinazione operativa della intensità del controllo. Tuttavia la responsabilità della scelta e della comprensione della società sottoposta a controllo è e rimane del revisore, ed è tutt’altro che facile da sostenere in eventuale sede giudiziale, dove l’abitudine alla valutazione unicamente ex post è sinistramente consolidata.
Suona quindi quasi come una benedizione quanto riportato al punto 21) dell’art. 1 della Dir. 2014/56/UE, che sostituendo l’art. 26 della Dir. 2006/43/UE aggiunge tra le altre cose un paragrafo, il 5., in cui chiaramente si prevede che gli Stati membri che impongano per legge la revisione nelle piccole imprese, come in Italia, possano stabilire una applicazione dei Principi di Revisione “proporzionata alla portata e alla complessità delle attività di tali imprese”. E’ una Direttiva, non un Regolamento, e richiede recepimento per poter esplicare i suoi effetti, e tuttavia la possibilità offerta, per un paese come l’Italia che vive di piccole realtà, è molto importante.
Quando il legislatore vorrà cogliere l’opportunità e precisare i termini, e ci auguriamo lo faccia in fretta e con piglio pragmatico, della proporzionalità dell’approccio, il revisore potrà con maggiore serenità adottare quei comportamenti, semplificatori, che oggi sarebbe invece chiamato pericolosamente a giustificare, sulla base non poco sofisticate e nella stessa misura complesse e scarsamente difendibili in sede giudiziale, apprezzamenti del rischio. Non sarà solo, a quel punto, la flessibilità offerta dagli ISA, che lungi dal prescrivere procedure preconfezionate alla revisione, disciplinano in via generale un approccio, che di inderogabile ha soltanto il rapporto direttamente proporzionale tra rischio di revisione ed intensità e capillarità delle indagini, ad indirizzare le scelte operative dei revisori, soprattutto di quelli non organizzati in strutturate società, ma anche e soprattutto la legge. Aspettiamo di vedere se e come l’indicazione comunitaria verrà recepita, nella convinzione peraltro che una norma pragmatica, per quanto discutibile, funzioni in questo caso meglio del più sofisticato dei principi.
La stessa direttiva, peraltro, interviene su altri punti delicati. Tra questi, l’annosa questione dell’indipendenza del revisore, aspetto che in Italia deve ancora essere compreso, e che cede miseramente quanto sistematicamente di fronte alle esigenze di fatturato, e che la Dir. 2014/56/UE rafforza sostanzialmente. Il primo paragrafo dell’art. 22 della Dir. 2006/43/UE, (“Indipendenza ed obiettività”) viene modificato ad opera del punto 14) dell’art. 1 della Dir 2014/56/UE, imponendo agli Stati Membri di assicurare che nello svolgimento della revisione non solo il revisore, ma anche qualsiasi persona fisica in grado di influenzare direttamente o indirettamente l’esito della revisione siano indipendenti rispetto all’ente sottoposto a controllo. Aggiungasi l’introduzione degli art. 22bis e 22ter, a disciplina (finalmente) delle assunzioni di revisori da parte dei soggetti sottoposti a controllo e delle procedure obbligatorie di verifica dell’indipendenza, ed il quadro è abbastanza completo. In Italia, in realtà si aspetta da quattro anni il Regolamento Attuativo dell’art. 10 del D.Lgs 39/2010, destinato proprio a disciplinare le condizioni di indipendenza, dovendosi in assenza ancora riferire ad un complesso di regole vecchie, poco strutturate e parecchio dispersive. Non conosciamo ancora (evidentemente non solo i revisori reputano l’indipendenza di scarsa importanza) le intenzioni del legislatore nazionale. Quello che è certo, è che al momento di regolamentare questo aspetto, quando arriverà, non potranno essere ignorate le indicazioni sempre più stringenti che arrivano dalla Commissione Europea. E la revisione, e con lei la credibilità dei bilanci, non potranno che trarne grande giovamento.
Ulteriore aspetto significativo è la modifica all’art. 21 della Dir. 2006/43/UE, in cui il concetto di atteggiamento scettico, sistematicamente dubitativo, del revisore, ben noto a chi conosce gli ISA, acquisisce dignità normativa. E’ la prima volta, e costituisce naturale complemento all’attenzione rivolta alla indipendenza.