Tralasciando quindi gli aspetti oggettivi e soggettivi dell’agevolazione, per i quali rinviamo ad altri contributi pubblicati sul tema, andiamo ad esaminare gli aspetti correlati al tema della decorrenza e a quello che potrebbe essere definito come “periodo transitorio”, ovvero quel periodo nel quale ancora si esplicano gli effetti della disciplina in vigore fino al 31 dicembre 2015.
Per effetto di quanto stabilito dal legislatore, quindi, le operazioni compiute sulla base di contratti rinnovati (sia in modo espresso che tacito) nonché prorogati successivamente alla data del 31 dicembre 2015, anche se riferiti a contratti conclusi tra le parti prima di tale data, scontano l’applicazione delle nuove regole.
Al contrario, continua a trovare applicazione la previgente disciplina in relazione alle operazioni compiute sulla base di contratti stipulati entro la data del 31 dicembre 2015, anche se rese successivamente al 1° gennaio 2016; in relazione ad esse, infatti, le cooperative sociali di cui alla L. 381/1991 e loro consorzi dovranno continuare ad applicare l’aliquota Iva del 4% o il regime di esenzione, in base all’opzione già effettuata ai sensi della normativa allora vigente.
Per poter quindi applicare la corretta disciplina occorre fare riferimento alla data della stipula, del rinnovo o della proroga dei contratti in argomento, fatti che generalmente avvengono a conclusione delle procedure di affidamento (ad esempio, per gestione di case per anziani o di asili nido) esperite e a seguito dell’adozione delle relative delibere da parte dell’ente (pubblico) concedente. Nel merito il richiamato documento di prassi afferma che dovranno essere assoggettati alla nuova aliquota del 5% anche i contratti, se stipulati, rinnovati o prorogati a decorrere dal 1° gennaio 2016, che hanno come controparte contrattuale direttamente i soggetti privati, che, in qualità di utenti o familiari degli stessi, provvedono alla integrale corresponsione delle rette.
Va poi tenuto presente che la cooperativa sociale, per operare negli ambiti previsti dalla norma in commento, spesso necessita di essere “accreditata” dalla pubblica Amministrazione. Sul punto la circolare n. 31/E/2016 precisa che, ai fini della decorrenza del nuovo regime Iva, non può in alcun modo farsi riferimento alla data di accreditamento della cooperativa, atteso che il relativo atto non ha le caratteristiche per essere giuridicamente qualificato come contratto, convenzione, eccetera, risultando, dunque, irrilevante agli effetti fiscali. L’accreditamento (istituto previsto in ambito sanitario nonché nel settore dei servizi sociali e di quelli educativi) viene infatti rilasciato dall’ente territoriale competente ai soggetti che ne facciano richiesta, che siano già autorizzati all’apertura nonché al funzionamento delle relative strutture, che siano in possesso dei requisiti normativamente previsti e che rispondano agli standard qualitativi stabiliti per l’esercizio delle attività di cui trattasi, e costituisce, in sostanza, condizione per la stipula di successivi atti negoziali. Tale qualifica di soggetto accreditato non comporta, in ogni caso, di per sé, l’obbligo da parte della pubblica Amministrazione di stipulare contratti o convenzioni con lo stesso, né di corrispondere la remunerazione di eventuali prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali specificatamente stipulati.
Nel citato documento di prassi si richiama la fattispecie riguardante, ad esempio, la gestione di una casa di riposo o di un asilo nido, nella quale generalmente sussistono contestualmente due contratti:
- uno, di ordine più generale, stipulato con l’ente committente (ad esempio, il Comune);
- l’altro, specifico, stipulato con l’utente o i suoi familiari.
Nel caso in cui il primo venga stipulato entro il 31 dicembre 2015 e il secondo successivamente a tale data, la circolare precisa che il regime previgente (consistente nell’applicazione dell’aliquota al 4% o del regime opzionale di esenzione) troverà ancora applicazione, ad esempio, fino alla scadenza della convenzione o concessione principale stipulata con l’ente committente, trattandosi comunque di un’unica prestazione, nei seguenti casi:
- se il pagamento del corrispettivo contrattualmente stabilito è posto interamente a carico dell’ente committente;
- nell’ipotesi in cui sia prevista una compartecipazione alla spesa da parte dell’ente committente e degli utenti o delle loro famiglie.
Ciò in quanto, in tali situazioni, il rapporto trova la sua fonte nel contratto stipulato con l’ente committente entro il 31 dicembre 2015.
L’ultimo chiarimento fornito dall’Agenzia interessa l’ipotesi di concessioni di lavori pubblici, stipulate tra Comuni o altri enti pubblici e cooperative sociali, ai sensi dell’articolo 143 D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) per la realizzazione e successiva gestione, ad esempio, di asili o residenze sanitarie assistenziali, nelle quali siano previsti:
- posti convenzionati (riservati all’ente pubblico committente);
- posti non convenzionati (ossia liberamente attribuibili).
Sul punto la circolare n. 31/E/2016 rileva che anche la gestione dei posti non convenzionati da parte della cooperativa sociale è sostanzialmente regolata dall’accordo originario intercorso con l’ente concedente (nel cui ambito sono generalmente previsti elementi quali il numero di posti convenzionati e non, la tariffa ad essi applicabile, i requisiti dei relativi servizi, eccetera) e ciò al fine di contribuire al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’accordo.
Di conseguenza, anche al contratto stipulato con i privati, strettamente correlato alla concessione principale stipulata con l’ente committente, si dovrà applicare:
- la disciplina previgente (aliquota 4 per cento o esenzione) fino alla scadenza della concessione laddove la stessa sia stata stipulata entro il 31 dicembre 2015;
- il nuovo regime consistente nell’applicazione dell’aliquota Iva al 5 per cento nell’ipotesi in cui la concessione venga stipulata a far data dal 1° gennaio 2016.
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6 Settembre 2016 a 10:12
Buongiorno,
gradirei sapere se a vostro parere, questa definizione di immobile possa essere utilizzata anche per stabilire se si renda applicabile o meno la normativa sul reverse charge.
Per esempio: una società italiana con oggetto noleggio di prefabbricati realizza in Italia una struttura prefabbricata complessa, che non è “….agevolmente smontabile o rimuovibile”, destinata ad essere noleggiata ad un utilizzatore per tre/quattro anni. Terminato questo periodo le parti prefabbricate sono destinate ad essere rimosse e destinate altrove. Sulla base della definizione prevista dal documento elaborato dalla Commissione Europea non vi sono dubbi che in questo caso siamo in presenza di un immobile. Mi domando se sono soggette a reverse charge le fatture relative ai lavori che la società di noleggio commissionati a terzi per la realizzazione della struttura (piccole opere edili, impianti elettrici, ecc..)?