Decreto casa: bonus mobili e cedolare secca per i contratti concordati
di Leonardo Pietrobon
Una delle disposizioni normative più attese, introdotte dalla Legge n. 80/2014 con la quale è stato convertito il D.L. n. 47/2014 (c.d. Decreto Casa), riguarda il tanto maltrattato “bonus mobili”. Dopo una costante introduzione ed eliminazione temporanea di limiti di spesa, finalmente con la citata disposizione normativa il Legislatore ha posto fine alla questione, almeno fino al 31.12.2014.
Sulla questione, infatti, si ricorda che il D.L. n. 63/2013, c.d. “Decreto Energia”, ha introdotto per la prima volta, in capo ai soggetti che usufruiscono della detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, la possibilità di accedere alla detrazione Irpef, nella misura del 50%, per le spese, sostenute dal 6.6.2013, relative all’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici appartenenti alle categorie energetiche A+ (classe A per i forni). Con il citato D.L. n. 63/2013 il limite di spesa massimo previsto per la detrazione in commento è stato stabilito in € 10.000, da aggiungere alle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, il cui limite, invece, è stabilito in € 96.000.
Come noto, con l’articolo 1, comma 139 della L. n. 147/2013 (Legge di Stabilità 2014) il Legislatore, oltre ad aver prorogato la vigenza della detrazione a tutto l’anno d’imposta 2014, dispone(va) che la spesa massima agevolabile, oltre a sottostare al limite massimo di € 10.000, deve sottostare all’ulteriore limite stabilito nell’ammontare delle spese sostenute per gli intervento di recupero del patrimonio edilizio. Condizione, questa del doppio limite di spesa che ha creato non poche difficoltà interpretative ed applicative, soprattutto per le spese di acquisto di mobili, arredi e grandi elettrodomestici effettuati nel corso degli ultimi mesi (2014).
Il decreto c.d. “Salva Roma-bis” ed in particolare l’articolo 1, comma 2, lettera a) D.L. n. 151/2013 sembrava avesse risolto la problematica, eliminando il citato doppio limite e ripristinando la situazione originaria, con l’unico limite di spesa di € 10.000. Ma tale soluzione si è dimostrata una breve “illusione”, in quanto, il citato D.L. n. 151/2013 non ha trovato puntuale conversione normativa, ricreando, di fatto, per l’anno 2014 l’applicazione del doppio limite di spesa.
Fortunatamente e finalmente, con la conversione del Decreto Casa, ad opera della L. n. 80/2014, il bonus mobili, almeno per l’anno d’imposta 2014, ho trovato stabilità, in quanto in modo definitivo è stato stabilito che il limite di spesa massimo a cui fare riferimento è esclusivamente pari ad € 10.000, senza più la necessità di considerare l’ammontare delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio.
La “quadratura del cerchio” in merito al bonus mobili ha trovato completezza con i chiarimenti forniti dall’Agenzia con la C.M. n.11/E/2014, soprattutto con riferimento:
- alle tipologie di interventi di recupero del patrimonio edilizio che permettono l’accesso al bonus mobili, ricomprendendo in tale categoria gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro, di ristrutturazione, nonché gli interventi antisismici effettuati su immobili colpiti da eventi calamitosi, che da un punto di vista normativo coincidono con le lettere a), b) e c) dell’art. 16-bis del D.P.R. n. 917/1986;
- alla tempistica di esecuzione dei lavori che permettono l’accesso al bonus mobili, rispetto al momento di acquisto di mobili, arredi e grandi elettrodomestici, affermando che la disposizione normativa di riferimento non pone alcun “vincolo temporale nella consequenzialità tra l’esecuzione dei lavori e l’acquisto dei mobili”. L’Agenzia, quindi, con il citato documento di prassi conferma l’accesso al bonus mobili per i contribuenti che abbiano sostenuto, a decorrere dal 26 giugno 2012, spese per gli interventi edilizi propedeutici per la detrazione in commento.
Un secondo elemento, introdotto con l’articolo 9 commi 2-bis e 2-ter del D.L. n. 47/2014, convertito con la L. n. 80/2014, riguarda il regime della cedolare secca per i contratti di locazione a canone concordato, ex articolo 2, commi 2, 5 e 8 L. n. 431/1998, relativi ad abitazioni ubicate nei Comuni di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) e b), DL n. 551/88 e negli altri Comuni ad alta densità abitativa individuati dalla delibera CIPE 13.11.2003, n. 87.
In particolare, dopo la riduzione dell’aliquota della cedolare secca stabilita, per l’anno 2013, nella misura del 15% dall’articolo 4 D.L. n. 102/2013 (c.d. Decreto IMU), il Decreto Casa stabilisce un’ulteriore riduzione dell’aliquota, portando la stessa alla misura del 10% per il quadriennio 2014-2017.
Tale novità legislativa, pone quindi nelle condizioni i contribuenti di fare una “seria” riflessione sia sulla tipologia contrattuale adottata e sia sul regime fiscale applicabile ai propri contratti di locazione. Di conseguenza, le situazioni che si possono presentare possono essere le seguenti:
- un soggetto che ha già in corso un contratto a canone concordato, ma senza l’applicazione della cedolare secca, ha la possibilità di cambiare il regime fiscale adottato la cedolare secca entro la prima scadenza utile per il pagamento dell’eventuale imposta di registro annuale ;
- un soggetto, invece, che ha in essere un contratto libero e intende passare al canone concordato, nonché applicare il regime della cedolare secca “ridotta”, deve cambiare la tipologia di contratto, stipulandone uno convenzionato, in base al citato articolo 2 della L. n. 431/1998, applicando, quindi un canone compreso nei limiti previsti dagli accordi territoriali di riferimento.