Deducibilità delle spese per i beni concessi in comodato d’uso
di Fabio LanduzziNell’organizzazione dell’attività economica delle imprese si verifica con una certa frequenza il ricorso a forme di affidamento a terzi di una o più fasi del processo produttivo che possono riguardare la produzione di beni (ad esempio: componenti, semilavorati, ecc.), la lavorazione di materiali, o anche l’esecuzione di servizi (ad esempio: la distribuzione, la logistica, ecc.) in cui è previsto l’impiego da parte dell’impresa terza di beni strumentali di proprietà del soggetto nell’interesse del quale i beni sono prodotti e le lavorazioni o in generale i servizi sono eseguiti.
In queste circostanze, l’utilizzo del bene strumentale non avviene perciò in forma diretta nell’ambito dell’organizzazione dell’impresa che ne è la titolare, bensì in modo indiretto e spesso regolato da un contratto di comodato d’uso: ovvero, la concessione in uso del bene strumentale dal proprietario all’utilizzatore non avviene a fronte del pagamento di un corrispettivo – diversamente, si tratterebbe di una locazione – bensì in forma gratuita ma con l’assunzione di precisi impegni e vincoli da parte del comodatario con riguardo alla destinazione e all’impiego dei beni che formano oggetto del contratto. A titolo esemplificativo, e traendo spunto anche dai casi trattati dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria e dalla giurisprudenza, si può trattare della concessione in comodato di macchinari impiegati nella realizzazione di particolari lavorazioni di materiali destinati al processo produttivo del comodante, di stampi utilizzati per la realizzazione di componenti impiegati dal comodante nella realizzazione dei propri prodotti, di automezzi utilizzati dal comodatario per svolgere attività di distribuzione dei beni venduti dal comodante, ecc..
In queste circostanze, la prassi dell’Amministrazione finanziaria e la giurisprudenza, hanno riconosciuto come in modo del tutto legittimo l’attività d’impresa può essere svolta attraverso un “procedimento complesso caratterizzato dalla esternalizzazione di fasi più o meno ampie di produzione” (Cassazione, n. 1389/2011), e che i relativi costi possono partecipare alla formazione del reddito imponibile del comodante quando essi concorrono alla “realizzazione del suo programma economico” che, in altre parole significa che essi “consentono al comodante di ottenere i benefici prodotti con le macchine date in comodato”, ossia prezzi più competitivi, efficienze nel processo produttivo o distributivo, e quindi indirettamente un miglioramento della profittabilità.
Perciò, è l’esistenza di un utilizzo dei beni concessi in comodato in una “attività strettamente funzionale all’esigenza di produzione del comodante” (circolare 90/E/2001) a realizzare il collegamento fra la spesa sostenuta dal comodante ed il requisito di inerenza della stessa che è il presupposto per la sua deduzione fiscale; la giurisprudenza (ad esempio, Commissione Tributaria Centrale, n. 1893 del 1993) ha poi sottolineato in alcune circostanze l’esistenza di un “vantaggio economico” intrinseco nella dazione dei beni in comodato.
Ciò detto, occorre quindi interrogarsi su quali siano le voci di spesa deducibili per il comodante al ricorrere delle condizioni che abbiamo appena esposto.
In primo luogo, il pensiero va all’ammortamento dei beni strumentali concessi in comodato. L’Amministrazione ha in più circostanze (oltre a quelle citate, si vedano ad esempio la C.M. 51/E/2000 e la risoluzione 196/E/2008) riconosciuto la deduzione delle quote per il comodante, come detto al ricorrere delle condizioni suddette. Resta però aperta la questione circa l’individuazione del coefficiente di ammortamento da applicare ai beni concessi in comodato: da una parte, l’Amministrazione finanziaria (risoluzione 133/E/2010 e anche risoluzione 56/E/2004) ha ritenuto corretto fare riferimento all’attività esercitata dal comodante, e non quindi a quella dell’utilizzatore. Una posizione, questa, che secondo una parte della dottrina striderebbe con la natura stessa del processo di ammortamento il quale dovrebbe tenere conto della destinazione d’uso del bene e quindi delle condizioni in cui esso è in concreto impiegato; con la conseguenza che, secondo questo approccio, dovrebbe aversi riguardo ai coefficienti propri dell’attività del comodatario (questo concetto venne anche espresso indirettamente dalla Cassazione nella sentenza n. 5241/1995).
L’Amministrazione finanziaria, trattando delle società di noleggio, nella risoluzione 133/E ha riconosciuto che la regola generale può essere derogata nel caso delle imprese per le quali l’applicazione del coefficiente previsto per il gruppo residuale “Altre attività non precedentemente specificate” dal D.M. 31 dicembre 1988 non riflette l’effettivo deperimento del bene: in questa ipotesi, il coefficiente di ammortamento deve essere quindi ricercato nel gruppo di attività dell’utilizzatore in modo da dare una rappresentazione più realistica del deterioramento fisico dei beni.
La seconda tipologia di spese riguarda quelle di gestione e utilizzo del bene, normalmente sostenute dal comodatario. Tuttavia, la recente sentenza n. 16730/2015 della Cassazione ha ritenuto legittimo che tali spese possano essere dedotte anche dal comodante, qualora questi le sostenga in base alla regolamentazione del contratto e quando esse siano inerenti al “programma economico” dell’impresa, e quindi siano inerenti rispetto alla suta attività produttiva.
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