Deducibilità delle transazioni con i propri debitori
di Pietro VitaleNegli scambi commerciali non è inusuale che le parti addivengano ad un accordo transattivo attraverso il quale porre fine in modo definitivo ad una lite su di una precedente fornitura di beni. Tali accordi sono strutturati ai sensi dell’art. 1965 c.c. secondo cui “1. La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. 2. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti”.
Un accordo transattivo non modificabile che rispecchi sia nella sostanza che nella forma quanto emerge dalla lettura dell’art. 1965 c.c., potrebbe avere una immediata rilevanza fiscale ai fini Ires ed Irap a condizione che esso non venga riqualificato come una liberalità concessa alla controparte di un precedente rapporto contrattuale (ie. al cessionario di una precedente vendita di beni) che abbia generato un credito commerciale, da cancellare per effetto della transazione.
Sul punto ricordiamo che i crediti sono dei cespiti del tutto particolari in quanto non soggetti a deperimento neanche in caso di insolvenza del debitore, sicché la vita economica dei crediti è in linea con quella della loro vita giuridica e con la loro permanenza nel bilancio del titolare del diritto di credito.
Le perdite su crediti, possono essere di tipo valutativo o realizzativo. La transazione si inserisce tra quelle di tipo realizzativo in quanto deriva da un accordo sottoscritto con il cliente e non già da un mero atto unilaterale di valutazione.
Nelle perdite realizzative, la prova della perdita è in re ipsa in quanto promana dagli effetti giuridici dell’atto (ie. la transazione). A ben vedere l’origine della transazione (la merce difettosa, od anche il minor valore della stessa) comporta il venir meno ab origine del credito senza che si dovrebbe poter parlare di perdita su crediti. Tale considerazione porterebbe ad una immediata valenza del componente negativo generato dalla stessa. Ciononostante risulta diffusa l’opinione che una transazione, invece, porti ad una perdita su crediti, ciò è anche quanto emerge dalla lettura dell’OIC 15 del giugno 2014 che afferma che “Le perdite realizzate su crediti non derivanti da valutazioni, (ad esempio derivanti da un riconoscimento giudiziale inferiore al valore del credito, da una transazione o da prescrizione) si classificano nella voce B14 “oneri diversi di gestione” del conto economico, previo l’utilizzo dell’eventuale fondo svalutazione crediti”. Il principio contabile, quindi, in maniera tranciante supera il dubbio sollevato da Assonime nella circolare 18/2014 circa la natura del componente negativo generato da una transazione (inesistenza del credito vs perdita su crediti).
Prima del D.Lgs n. 83/2012 la deducibilità automatica della perdita su crediti era tipicamente ammessa solo nelle ipotesi patologiche (tipicamente procedure concorsuali ex art. 101, comma 5, DPR n. 917/1986, nel seguito TUIR).
Con il D.Lgs n. 83/2012, attraverso una modica del sopra citato comma 5, è stata introdotta per i soli soggetti che adottano i principi contabili internazionali una ulteriore ipotesi di deducibilità automatica (ossia senza alcuna prova ulteriore da fornire) della perdita su crediti conseguente alla derecognition (ie. cancellazione) del credito dal bilancio operata secondo corretti principi contabili internazionali, restando, invece, indeducibile l’impairment (ie la svalutazione) del credito.
Con l’art. 1, comma 160 del D.Lgs n. 147 del 27/12/2013, la sopracitata deduzione della perdita su crediti derivante dalla derecognition del credito dal bilancio è stata estesa in modo automatico anche ai soggetti che redigono il bilancio secondo corretti principi contabili nazionali. Si ricorda sul punto che l’OIC 15 prevede la derecognition quando “a) i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono; oppure b) la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi (ndr. non anche invece i benefici) inerenti il credito”.
L’Agenzia delle entrate nella circolare 26/E del 1/8/2013, prendendo atto della sopra riportata ricostruzione legislativa, ha ritenuto sussistente in modo automatico “i requisiti di certezza e precisione necessari per la deducibilità fiscale della perdita in ciascuna delle ipotesi in cui è possibile effettuare la derecognition di un credito” secondo le indicazioni dell’OIC 15. In tale circolare si escludeva tale deduzione automatica per le imprese non IFRS adopter, ciononostante essa si deve considerare superata in tale parte in quanto il sopra citato D.Lgs n. 147/2013 ha successivamente esteso tale possibilità anche ai soggetti non IFRS adopter.
L’agenzia delle entrate, si è tuttavia riservata di scrutinare tale derecognition sindacandone, se del caso, l’inerenza all’attività di impresa. Si legge infatti nella circolare che “Resta ferma, la possibilità per l’amministrazione finanziaria di sindacare la perdita su crediti di cui si tratta, ancorché sussistano (ndr. in modo automatico) gli elementi certi e precisi di cui all’articolo 101, comma 5, del TUIR, in relazione all’inerenza della stessa quale costo sostenuto dall’imprenditore nel compimento dell’attività di gestione dell’azienda”. Afferma, inoltre, l’Amministrazione finanziaria che la transazione per rientrare nel novero dell’art. 101, comma 5, deve derivare da difficoltà finanziarie (da provare) del debitore, in quanto laddove derivasse da una lite sulla fornitura essa genera una sopravvenienza passiva.
Ciò premesso, è evidente come l’OIC 15 in modo generalizzato fa rientrare tra le perdite su crediti tutte le transazioni, mentre l’Agenzia delle entrate solo quelle derivanti da difficoltà finanziarie del debitore. Pertanto ai fini IRES le transazioni da liti sulle forniture non dovrebbero obbligare ad utilizzare prioritariamente il fondo svalutazione crediti già dedotto restando deducibili quali sopravvenienze passive ex art. 101, comma 4, TUIR per mancato conseguimento di ricavi di esercizi precedenti. Anche laddove si volesse applicare il successivo comma 5 dell’art. 101, ossia considerando che la transazione genera una perdita su crediti, tale perdita sarebbe comunque automaticamente deducibile per effetto della cancellazione del credito dal bilancio. E’ ad ogni modo auspicabile acquisire prove che possano provare il vero motivo della transazione e che portino a dimostrare che all’impoverimento del cedente (per effetto della cancellazione del credito) corrisponde un mancato arricchimento del cessionario.
Ai fini Irap, invece, si ritiene di poter dedurre il componente negativo nonostante sia iscritto in una voce (B14-perdite su crediti) non rilevante ai fini IRAP (si ricorda che la voce E20 del conto economico non esisterà più a partire dal 2016, pertanto il componente negativo non potrà che essere iscritto nella voce B14) soprattutto nell’ipotesi in cui si tratti di transazione non derivante da una difficoltà finanziaria, ciò in applicazione dell’art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 446/1997 correlandosi, infatti, il componente negativo a componenti positivi inclusi nella base imponibile IRAP di precedenti esercizi. E’ indubbio infatti che nei periodi di imposta precedenti il ricavo abbia concorso alla base imponibile IRAP. Quelle derivanti da difficoltà finanziarie dovrebbero restare indeducibili.
Da ultimo si ritiene che la transazione resta comunque deducibile nel senso sopra riportato qualora dovesse riguardare un cd. minicredito per il quale non si siano ancora verificate le condizioni automatiche (scaduti da oltre sei mesi e inferiori a 2.500/5.000 €) di cui all’ultima parte del comma 5 dell’art. 101 TUIR.