Deducibilità fiscale dell’IVA non detratta
di Giulio BenedettiL’articolo 1 D.L. 50/2017 ha ridotto drasticamente il termine per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti.
In particolare, il nuovo articolo 19 del D.P.R. 633/1972 stabilisce che “il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto“.
Qualora un soggetto si trovi ad aver oltrepassato tale termine, e non abbia la convenienza ad esercitare le possibili azioni alternative (tra le quali la dichiarazione integrativa), come dovrà considerare l’imposta non recuperabile in detrazione?
L’IVA non detratta potrà essere sempre considerata un elemento di costo deducibile fiscalmente?
Ad oggi mancano ancora istruzioni o pronunce ufficiali, ma a tali domande si può trovare risposta nei documenti di prassi emanati dall’Agenzia delle Entrate, in particolare nelle circolari 6/E/2009 e 25/E/2010.
La circolari 6/E/2009 infatti afferma che il contribuente può considerare in deduzione quale costo l’IVA non detratta solo se tale mancata detrazione non sia dipesa da una sua scelta. La circolare in esame cita il caso specifico di un soggetto che non aveva richiesto l’emissione della fattura presso alberghi e ristoranti, ma si era limitato a richiedere ricevute fiscali (e contestualmente i soggetti emittenti non erano obbligati all’emissione della fattura): il contribuente quindi, per sua scelta, aveva deciso di non detrarsi l’IVA in questione non richiedendo il rilascio di fattura. In tal caso l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto di pronunciare il diniego alla deduzione del costo in quanto la mancata detrazione è dipesa da una specifica scelta del contribuente.
Nel caso specifico della suddetta circolare, inoltre, il contribuente si trovava nella casistica di “preferire” la registrazione in contabilità generale, e non nel registro IVA acquisti, delle spese sostenute per alberghi e ristoranti, in quanto la gestione IVA dei documenti avrebbe comportato un onere amministrativo non giustificato o non compensabile indirettamente con l’esiguo importo dell’imposta detraibile: l’Amministrazione finanziaria ha ribadito che in tal caso l’imposta non detratta per libera scelta del contribuente non può essere considerata un costo deducibile.
Con la successiva circolare 25/E/2010, però, l’Agenzia delle Entrate ha assunto una interpretazione meno rigida delle norme affermando che l’IVA può essere considerata in deduzione quale costo se il contribuente non ha considerato in detrazione l’IVA non per una sua libera scelta, bensì a seguito di valutazioni di convenienza economico-gestionali: ossia nel caso precedentemente descritto, in cui l’onere amministrativo, per la registrazione ai fini IVA, superi il beneficio derivante dall’ammontare dell’IVA detratta. L’Agenzia delle Entrate, ovviamente, ha specificato la necessità che sia rispettato il principio generale dell’inerenza del costo all’attività svolta.
Sulla base delle indicazioni espresse dall’Agenzia delle Entrate nei suddetti documenti di prassi, quindi, si può ritenere che il caso della mancata ricezione della fattura di acquisto entro i termini utili per poter esercitare la detrazione nella dichiarazione annuale IVA (in scadenza al 30/4/2018 per l’anno 2017) possa sicuramente rientrare nella casistica della mancata detrazione non dipendente da scelta del contribuente, e consentire la deduzione fiscale del costo relativo.
Non si giunge alla stessa conclusione, invece, nel caso in cui la mancata registrazione nei termini dipenda esclusivamente da motivi organizzativi interni di chi la fattura l’ha ricevuta tempestivamente, anche e soprattutto nel caso in cui la stessa fattura contenga al suo interno la prova che sia stata ricevuta entro la scadenza (si pensi alle fatture accompagnatorie alla consegna della merce o, più semplicemente, alle fatture vistate con data di ricezione).