3 Ottobre 2024

Deduzione degli ammortamenti “derivati” dal conto economico

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Come previsto nell’articolo 83, Tuir, il sistema di determinazione del reddito d’impresa è caratterizzato dalla derivazione dell’imponibile dalle risultanze del conto economico redatto secondo le regole civilistiche. Si tratta del cd. principio di derivazione del reddito d’impresa dalle risultanze del bilancio che, tuttavia, è parziale, in quanto all’utile (o perdita) che risulta dal conto economico devono essere apportate le variazioni in aumento ed in diminuzione, in applicazione delle disposizioni del TUIR che regolano la determinazione del reddito d’impresa. Sul tema di quali siano le variazioni da apportate, è opportuno sottolineare che deve trattarsi di variazioni “obbligatorie” ed imposte dalle norme del TUIR, e non anche quelle che facoltativamente il contribuente possa apportare allo scopo di “gestire” la deduzione dei costi nei differenti periodi d’imposta.

Un esempio, in tal senso, è contenuto nella risoluzione n. 78/E/2005, in cui l’Agenzia ha affermato che “non può ammettersi in via generalizzata la possibilità di calcolare discrezionalmente gli ammortamenti fiscali in misura diversa dagli ammortamenti civilistici e, quindi, in modo avulso dalle indicazioni di bilancio, stante il principio di derivazione del reddito imponibile dal risultato del Conto economico enunciato dall’art. 83 del TUIR”. Con questa precisazione si conferma che le variazioni in aumento ed in diminuzione da apportare all’utile o alla perdita di conto economico sono solamente quelle previste come obbligatorie dalle disposizioni del TUIR e non anche quelle facoltative.

Pertanto, di fronte allo stanziamento nel conto economico di quote di ammortamento civilistiche (in base alla vita utile del bene), la variazione obbligatoria è solo quella che deriva dal confronto con le aliquote tabellari massime contenute nel D.M. 31.12.1988, qualora dall’applicazione delle stesse derivi un minor ammortamento deducibile rispetto a quello stanziato nel conto economico. In altre parole, solo qualora l’ammortamento civilistico iscritto nel conto economico sia superiore alla quota di ammortamento massima fiscalmente deducibile, il principio di derivazione obbliga ad eseguire la variazione in aumento.

Al contrario, quando l’ammortamento civilistico imputato secondo la vita utile del bene è inferiore alla quota massima di ammortamento fiscalmente deducibile (in base alle citate aliquote tabellari), non è possibile dedurre la differenza con una variazione in diminuzione, in quanto il principio di derivazione “consolida”, anche ai fini fiscali, l’importo dell’ammortamento stanziato secondo le regole civilistiche.

Da quanto sostenuto dall’Agenzia delle entrate nella citata risoluzione n. 78/E/2005, deriva che il rinvio della deduzione delle quote di ammortamento agli esercizi futuri sia possibile solamente quando vi è una disposizione del TUIR (nel caso di specie l’articolo 102, TUIR) che imponga una modalità differente di deduzione rispetto alle regole di bilancio, e non anche quando le disposizioni che governano il reddito d’impresa consentano una imputazione differente.

Sul punto, la sentenza n. 20678/2015 ha confermato il principio secondo cui, nella determinazione del reddito d’impresa, la deduzione delle quote di ammortamenti dei beni strumentali deve avvenire (per derivazione) in base alle regole previste dalle disposizioni civilistiche e dai principi contabili. Solamente in presenza di norme del TUIR che prevedono regole di segno contrario, è necessario eseguire la rettifica del risultato di bilancio.