Definizione agevolata delle liti pendenti: luci e ombre
di Massimiliano TasiniLo scorso 24 ottobre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.L. 119/2018 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria.
Il decreto idealmente può essere spacchettato in tre tronconi: disposizioni sul condono, sul processo tributario e sulla fatturazione elettronica.
Mentre si comprende la natura di un intervento urgente sul tema della fatturazione elettronica (tra conferme ed “allentamenti” procedurali), e forse anche di alcune delle modifiche proposte al processo tributario, si fa fatica a capire il senso dell’”urgenza” del decreto.
Non è solo un problema di legittimità del ricorso allo strumento del decreto legge su disposizioni che difettano palesemente del requisito dell’urgenza – che già è abbastanza -: è soprattutto un tema di necessità di ponderare il contenuto di disposizioni così delicate.
Naturalmente, in sede di conversione in legge potranno essere apportate correzioni ed integrazioni al testo, sul quale già il dibattito si è ovviamente infervorato; e, tuttavia, è ovvio che la discussione in sede parlamentare avrebbe favorito una più adeguata ponderazione del provvedimento.
Tra le previsioni meritevoli di approfondimento, vanno certamente evidenziate quelle contenute nell’articolo 6, relativo alla “definizione agevolata delle controversie tributarie”.
Una prima delicata questione è relativa alla sospensione dei processi.
Sul punto, il comma 10 stabilisce che “le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”. La Relazione illustrativa letteralmente replica questa impostazione, precisando, in coerenza con il testo normativo, che “in tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Con il deposito, entro tale data, di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, si determina l’ulteriore sospensione del processo fino al 31 dicembre 2020”.
Tuttavia, assumere un impegno in modo così esplicito potrebbe non essere nelle corde del contribuente: egli infatti potrebbe voler semplicemente valutare l’opportunità di aderire alla sanatoria: si rischia un equivoco interpretativo, con effetti pratici non agevolmente prevedibili. E’ pertanto auspicabile che, in sede di conversione, il provvedimento sia sul punto modificato.
Sotto altro profilo, vi è da chiedersi se valga la pena di avvalersi della sospensione del processo: invero, il primo comma dell’articolo 6 stabilisce che la definizione avviene con il pagamento di un importo pari al “valore della controversia”, mentre il successivo comma 2 riduce l’importo dovuto laddove l’agenzia risulti soccombente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale “non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Ciò significa che le sentenze depositate dal 24 ottobre 2018 fino al prossimo 31 maggio possono essere utilizzate come “driver” per saggiare le probabilità di successo.
Questa soluzione, pur costituendo la diretta conseguenza dell’impianto normativo, suscita tuttavia perplessità sulla razionalità della scelta del legislatore, atteso che se l’ottica è quella di deflazionare le liti tributarie, impegnare i giudici tributari per vicende che potrebbero essere condonate non sembra ragionevole.
Vi è poi il caso dei contribuenti che hanno carichi esattoriali anche imponenti con fase esecutiva imminente: per costoro, il tempo dell’adesione è ancora lungo, e peraltro al momento la disciplina deve essere non solo confermata in sede di conversione ma altresì attuata ed interpretata da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Vi è allora il pericolo che determinati soggetti siano costretti a pagare le somme dovute a titolo provvisorio per importi anche superiori a quelli dovuti ex sanatoria.
Pur comprendendosi le esigenze di gettito, sarebbe allora stato auspicabile accompagnare il provvedimento da una qualche forma di sospensione della riscossione: se è vero che tutto il provvedimento è improntato a ricostruire un rapporto con il Fisco “basato sulla reciproca fiducia”, sembra necessario dare concreto impulso a tale principio con previsioni che ne assicurino l’applicazione.
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