Definizione dei PVC, un’opportunità tra cautele da adottare e possibili rimedi
di Massimo Conigliaro
Al termine di una verifica fiscale, dopo la consegna del processo verbale di constatazione, il contribuente è chiamato a valutare con rapidità un paio di alternative che hanno scadenze ravvicinate:
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La possibilità di
definizione prevista dell’art. 5-bis del D. Lgs. 218/97; -
La possibilità di presentare
memorie difensive, ex art. 12 L. 212/2000.
La prima delle due opportunità – l’adesione al PVC – comporta la possibilità di prestare acquiescenza ai rilievi dei verificatori e pagare il dovuto con le sanzioni ridotte ad un sesto del minimo. La decisione, però, va presa entro il trentesimo giorno successivo alla notifica del PVC: superato tale termine, il contribuente perde la chance di tale bonus e le sanzioni, nella migliore delle ipotesi, potranno essere ridotte ad un terzo in sede di accertamento con adesione (stavolta però con la possibilità di ridurre anche l’imponibile).
Si impone pertanto una attenta valutazione dei costi e dei benefici delle diverse opportunità offerte dagli strumenti deflattivi.
La possibilità di presentare la memoria illustrativa ex art. 12 L. 212/2000 prevede un termine – meramente ordinatorio – di 60 giorni e la decisione di soprassedere da tale eventuale produzione difensiva non comporta preclusioni per il proseguo.
Analizziamo pertanto, in questo contributo, le caratteristiche e le opportunità offerte dall’adesione ai PVC.
Procedimento
Nel momento in cui il contribuente riceve il processo verbale di constatazione deve decidere, entro 30 giorni, se avvalersi o meno della definizione ex. art. 5 bis. A tal fine, il PVC indicherà quali sono le violazioni per le quali è ammessa l’adesione integrale (quelle sostanziali e non le formali) ed i termini entro i quali portare a conoscenza dell’amministrazione la propria scelta.
In particolare il contribuente deve portare a conoscenza dell’Amministrazione Finanziaria la propria volontà di aderire attraverso l’invio di apposita comunicazione sia all’Agenzia che alla Guardia di Finanza entro 30 giorni dal ricevimento del processo verbale di constatazione. Il termine suddetto è perentorio e ad esso non sono applicabili le disposizioni in materia di sospensione del termine per il periodo feriale.
Nei successivi 60 giorni l’Agenzia delle Entrate deve notificare al contribuente l’atto di definizione.
Il comma 3 dell’art. 5 bis stabilisce, infine, che le somme che risultano dall’atto di definizione devono essere versate secondo le modalità stabilite dall’art. 8 del D. Lgs. 218/97 (vale a dire entro 20 giorni dall’avvenuta notifica dell’atto) mediante modello F24.
In caso di risposta negativa, secondo la giurisprudenza di merito (C.T.P. Genova, sentenza n. 456 del 29.11.2011) è possibile impugnare il diniego innanzi la giurisdizione tributaria.
Criticità
Uno dei problemi concreti che la parte si trova ad affrontare è quello di essere chiamato ad aderire ai rilievi di un verbale di verifica fiscale senza avere una precisa indicazione degli importi dovuti, atteso che le imposte saranno quantificate dall’ufficio impositore soltanto in un secondo momento. In pratica, l’adesione ex art. 5-bis prevede una sorta di “pacchetto chiuso” da acquistare senza conoscere il costo dell’operazione; costo che a volte può essere superiore a quello quantificato ovvero effettivamente dovuto sulla scorta di una ponderata valutazione del PVC. In casi del genere, però, non tutto è perduto.
In un caso vagliato dai giudici della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (sentenza n.46 del 6 aprile 2012), il contribuente, dopo aver prestato acquiescenza, ai sensi dell’art. 5 bis del D. Lgs. 218/1997, ad un processo verbale di constatazione, impugnava gli atti di definizione emessi dall’Agenzia delle entrate, non ritenendo corretta la liquidazione dei relativi importi. La commissione Tributaria Provinciale dichiarava inammissibili i ricorsi in ragione della non inclusione degli atti di cui al citato articolo tra il novero dei provvedimenti impugnabili di cui all’art. 19 del D. Lgs. 546/1992, elencazione ritenuta tassativa dai Giudici di merito. Il contribuente proponeva appello ottenendo la riforma della pronuncia di primo grado. La CTR della Lombardia, in tale pronuncia, ha stabilito il principio che il contribuente può impugnare presso la competente Commissione Tributaria Provinciale l’atto di definizione emesso dall’Agenzia delle Entrate a seguito di adesione al processo verbale di contestazione (PVC).
In sostanza, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha aderito all’orientamento di legittimità che ha interpretato estensivamente il dettato dell’art. 19 citato ed ha accolto l’appello del contribuente, riformando la sentenza di primo grado. La CTR, sulla scorta delle numerose sentenze della Cassazione (cfr. sentenze n. 8663/2011, n. 15946/2010, n. 14373/2010, n. 2559/2010, n. 17202/2009 e n. 16293/2007) che affermano che “la lettura dell’articolo 19 D. Lgs 546/1992 si deve interpretare estensivamente identificando tra gli atti impugnabili tutti quelli che, a prescindere dal loro nome, avanzino una pretesa tributaria nei confronti del contribuente” ha ritenuto ammissibile il ricorso consentendo, pertanto, la valutazione delle doglianze di parte in ordine alla errata liquidazione dell’imposta.
Nel merito, i giudici hanno censurato l’operato dell’amministrazione, laddove l’Ufficio, nell’emettere gli atti di adesione, non ha considerato i costi per i quali era stata riscontrata la contabilizzazione e la relativa quota deducibile. Del resto, la Cassazione ha ripetutamente affermato il principio in base al quale “a fronte di maggiori ricavi non analiticamente quantificati, devono essere riconosciuti anche se in modo forfettario i costi” (sent. 1166/2012). Sulla scorta di tale rilievo, la Commissione Regionale ha provveduto alla rideterminazione dei redditi del contribuente, aprendo così un’importante via giudiziaria all’eventuale errore di quantificazione dell’adesione al PVC.