Definizione delle liti pendenti: ambito di applicazione e benefici
di Angelo GinexCome noto, la Legge di Bilancio 2023 (articolo 1, commi 186–205, L. 197/2022) ha introdotto una “nuova” definizione agevolata delle controversie tributarie, pendenti alla data del 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio, proposte nei confronti dell’Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e degli Enti territoriali che vi aderiranno entro il 31 marzo 2023.
È opportuno fornire chiarimenti su alcuni aspetti che sono risultati incerti ad una prima interpretazione delle norme richiamate.
Innanzitutto, si ritiene che lo qualifica di parte processuale assume rilevanza esclusivamente sotto un profilo formale, nel senso che potranno essere oggetto di definizione agevolata non solo i giudizi instaurati direttamente nei confronti dei soggetti sopra indicati, ma anche quelli nei quali i medesimi siano intervenuti volontariamente o perché chiamati in causa, sempre entro il 1° gennaio 2023. Tale interpretazione è stata sostenuta anche dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare AdE 2/E/2023.
Da ciò consegue che restano escluse dall’ambito di applicazione dell’agevolazione in esame le controversie instaurate nei confronti di soggetti diversi da quelli sopra indicati, come, ad esempio, le controversie instaurate nei confronti della sola Agenzia delle entrate-Riscossione (sempreché, come detto, l’Agenzia delle entrate o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli non siano intervenute entro il 1° gennaio 2023).
Quindi, in ipotesi di controversia in cui sia parte non solo l’Agenzia delle entrate-Riscossione, ma anche l’Agenzia delle entrate o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sarà possibile accedere alla disciplina in esame, considerato che questa non pone alcuna limitazione agli atti oggetto di impugnazione, potendo trattarsi indifferentemente di atti impositivi o anche di cartelle di pagamento. Quest’ultima precisazione trova riscontro sia nella circolare AdE 2/E/2023, sia nella nota di approfondimento del 7 gennaio 2023 dell’Ifel.
Particolare attenzione dovrà essere prestata a quei giudizi relativi a cartelle di pagamento, il cui ricorso (per mera strategia difensiva) sia stato notificato soltanto all’Agenzia delle entrate-Riscossione, benché contenga motivi riguardanti l’ente impositore, intendendo far leva sul principio contenuto nell’articolo 39 D.Lgs. 112/1999. Alla luce di quanto sopra chiarito, appare evidente come tale giudizio non rientrerà nel perimetro applicativo dell’agevolazione in esame, qualora l’ente impositore non sia intervenuto entro il 1° gennaio 2023, non rivestendo in tal caso la qualifica di parte processuale.
Tornando alla tipologia di atto oggetto delle controversie definibili, occorre sottolineare il contrasto tra le disposizioni citate e la relazione illustrativa che invece faceva riferimento agli “atti impositivi”. Detto contrasto può ritenersi ormai superato, ma, ad ogni modo, si rileva che la relativa definizione appare piuttosto generica dal momento che vengono inclusi anche i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e, più in generale, “ogni altro atto di imposizione”, per cui qualcuno avrebbe potuto sostenere che restano esclusi soltanto i provvedimenti meramente liquidatori (come, ad esempio, gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro), se non fosse che, come già detto, la norma non pone alcuna limitazione agli atti oggetto di impugnazione.
Peraltro, è d’uopo sottolineare che il legislatore, laddove ha inteso circoscrivere un istituto definitorio sulla base della natura impositiva degli atti oggetto di giudizio, lo ha fatto espressamente (vedi, ad esempio, la conciliazione agevolata delle controversie tributarie di cui all’articolo 1, comma 206, della Legge di Bilancio 2023).
Con riferimento alle cartelle di pagamento, poi, occorre precisare che devono ritenersi comprese nella definizione in esame anche quelle derivanti dalla liquidazione automatica ex articoli 36-bis D.P.R. 600/1973 e 54-bis D.P.R. 633/1972, nonché quelle derivanti da controllo formale ex articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, in considerazione di quanto sancito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 18298/2021 in merito alla precedente definizione di cui all’articolo 6 D.L. 119/2018.
Quest’ultima, infatti, faceva riferimento alle controversie “aventi ad oggetto atti impositivi”, per cui lo stesso principio, a maggior ragione, deve trovare applicazione anche alla nuova definizione, che, come più volte evidenziato, non prevede alcuna limitazione agli atti oggetto di giudizio.
Quindi non vi è alcun dubbio che la nuova definizione agevolata delle liti pendenti si estenda a tutte le controversie tributarie indipendentemente dalla natura dell’atto impugnato.
Resta inteso che sono escluse, così come espressamente previsto, le controversie concernenti, anche solo in parte, le risorse proprie tradizionali comunitarie, l’Iva all’importazione e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.
Da ultimo, per quanto concerne i benefici derivanti dalla nuova definizione, si rileva che, oltre all’annullamento di sanzioni e interessi, sono dovute le seguenti percentuali del valore della controversia, a seconda che alla data del 1° gennaio 2023:
- 100% per il ricorso notificato;
- 90% per il ricorso notificato e iscritto a ruolo in primo grado;
- 40% per il ricorso accolto in primo grado;
- 15% in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale in secondo grado;
- 40% o 15% (dell’ammontare del tributo oggetto di annullamento) per il ricorso accolto parzialmente, a seconda che la sentenza sia stata pronunciata rispettivamente in primo o in secondo grado;
- 5% per il giudizio pendente in Cassazione, in caso di soccombenza sia in primo che in secondo grado.
Nel caso di controversie aventi ad oggetto esclusivamente sanzioni collegate al tributo (ovvero calcolate in percentuale rispetto al tributo), non è dovuto nulla se il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione in parola.
Invece, nel caso di controversie aventi ad oggetto esclusivamente sanzioni non collegate al tributo (ovvero calcolate in modo autonomo rispetto al tributo), è dovuto il 15% del valore della controversia in caso di sentenza favorevole al contribuente depositata entro il 1° gennaio 2023, mentre è dovuto il 40% in tutti gli altri casi (anche in caso di soccombenza del contribuente in primo o in secondo grado).