Deposito Iva e ingresso virtuale dei beni: aspetti sanzionatori
di Clara PolletSimone DimitriLa Corte di Cassazione con l’ordinanza 18.10.2019, n. 26649 torna a trattare il tema dell’immissione “virtuale” della merce nel deposito fiscale ai fini Iva.
In particolare, gli Ermellini sono stati chiamati a dirimere una controversia tra un contribuente e l’Agenzia delle entrate, avente ad oggetto un avviso di accertamento emesso a seguito della ripresa di Iva all’importazione; era stata mossa una contestazione in relazione all’indebito utilizzo del meccanismo del reverse charge previsto dalla disciplina del deposito fiscale Iva.
Ricordiamo che l’articolo-50 bis D.L. 331/1993 prevede che possono essere effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni:
- gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva;
- le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito Iva previa prestazione di idonea garanzia commisurata all’imposta. La prestazione della garanzia non è dovuta per i soggetti certificati ai sensi dell’articolo 14-bis Regolamento (CEE) 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni, e per quelli esonerati ai sensi dell’articolo 90 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al P.R. 43/1973 (si veda anche nota 148047/RU/2012);
- le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito Iva;
- le cessioni di beni custoditi in un deposito Iva;
- le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito Iva con spedizione in un altro Stato membro della Comunità europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato;
- le cessioni di beni estratti da un deposito Iva con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità europea;
- le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito Iva, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a sessanta giorni;
- il trasferimento dei beni in altro deposito Iva.
In occasione dell’estrazione dei beni introdotti nel deposito Iva, ai sensi del comma 4, lettera b), l’imposta è dovuta dal soggetto che estrae gli stessi, a norma dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972, previa prestazione di idonea garanzia.
Nel caso di specie, l’importatore (destinatario dell’avviso di accertamento) aveva provveduto all’immissione solo virtuale della merce nel deposito fiscale, vale a dire mediante la loro iscrizione nel registro di magazzino del depositario; secondo la CTR (e prima ancora dalla CTP), risultando provato l’utilizzo del sistema dell’autofatturazione da parte del contribuente, che pur aveva irregolarmente fruito del deposito Iva senza immissione reale (mancato ingresso fisico della merce), decade il diritto dell’Agenzia a pretendere sia il pagamento dell’imposta (assolta tramite reverse charge), che delle sanzioni pretese dall’Ufficio.
Di diverso avviso è invece l’Agenzia delle entrate che propone ricorso in Cassazione: l’Amministrazione finanziaria ritiene che, in base ai principi espressi dalla Corte di giustizia Ue nella causa C-272/13 (sentenza Equoland), la mancata osservanza dell’obbligo di introdurre fisicamente la merce importata nel deposito Iva, seppur qualificato come adempimento di carattere formale, comporta che l’imposta, nel caso di specie, avrebbe dovuto essere versata al momento dell’importazione. Dal momento in cui la stessa è stata assolta all’atto dell’estrazione virtuale dei beni dal deposito, mediante il meccanismo dell’inversione contabile, ne consegue un pagamento tardivo dell’imposta che comporta irrogazione di sanzione.
La Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria; in sintesi, secondo i giudici di legittimità, la sentenza impugnata, nell’accogliere integralmente il ricorso della contribuente, ha dunque tralasciato di considerare che in caso di utilizzo del deposito fiscale ai fini Iva con immissione solo virtuale della merce in deposito, non viene meno l’applicazione del sistema sanzionatorio per l’irregolare utilizzo del deposito stesso.
Sul punto ricordiamo che l’Agenzia si era già espressa su una simile fattispecie con la circolare 12/E/2015: in ottemperanza ai principi espressi dalla Corte di Giustizia Ue, nei casi analoghi in fatto e in diritto a quello esaminato, non è necessario procedere alla richiesta dell’imposta già assolta mediante reverse charge a condizione, da accertare caso per caso, che non sussista evasione o tentativo di evasione.
Resta ferma l’applicazione delle sanzioni, determinate nel rispetto del principio di proporzionalità, modulato in base al tempo intercorrente tra l’omesso versamento Iva in sede di importazione e l’applicazione dell’imposta tramite inversione contabile, nel rispetto del dettato normativo dell’articolo 13 D.Lgs. 472/1997.