11 Giugno 2016

Detassazione avanti piano

di Luca Vannoni
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Sarà il fatto che, a partire dal 2016, la detassazione è diventata strutturale, sarà la sua complessità, dovuta essenzialmente all’allaccio con l’attuale tema/esigenza del welfare aziendale, ma la lentezza con cui si sta definendo il quadro operativo sta creando non pochi problemi alle imprese, soprattutto medie e piccole, che vorrebbero, viceversa, istituire forme incentivanti retributive avvantaggiate dal regime fiscale di favore, aumentandone l’effetto nei confronti dei lavoratori. Dopo che il decreto attuativo, emanato il 25 marzo 2016, ben oltre i 60 giorni previsti dalla Legge di Stabilità,  e pubblicato sul sito del Ministero del lavoro, ha dato efficacia alla misura, a decorrere dal 16 maggio 2016, ora manca all’appello l’annunciata circolare interpretativa congiunta da parte del Ministero del Lavoro e dell’Agenzia dell’Entrate che, anche per esperienze passate legate alle precedenti edizioni della detassazione, risulta quanto mai necessaria per valutare gli effetti di quanto oggi le imprese possono istituire con accordi collettivi, poi vincolanti per le stesse, per la produttività, tema quanto mai fondamentale.

Tratteggiandone il contorno, si ricorda che la Legge di stabilità per il 2016 ha stabilito che, salva rinuncia espressa scritta del lavoratore, sono soggetti a un’imposta sostitutiva pari al 10% entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi,  aumentato fino ad un importo non superiore a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti dal D.M. 25 marzo 2016  nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. Qualora il lavoratore scelga di ricevere il premio detassabile non monetariamente, ma sotto forma di somme e valori legati al welfare (commi 2 e 3, articolo 51 Tuir), i c.d. premi sociali, in luogo dell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10%, avrà la possibilità di usufruire della non imponibilità prevista da queste ultime disposizioni.

L’agevolazione si applica solo ai titolari di reddito da lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione delle somme, a euro 50.000. Inoltre, le somme e i valori devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali, di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, da depositarsi telematicamente.

Molti sono i dubbi operativi che ostacolano una consapevole strutturazione del beneficio, soprattutto per quanto riguarda i premi sociali, come la conferma dell’esclusione da contributi, effetto, interpretazione giuridicamente lineare, che sembra stia creando problemi di copertura finanziaria.

Ulteriore questione fondamentale riguarda la possibilità di richiedere, da parte del lavoratore, una forma di welfare, alternativa al premio monetario, anche nel silenzio dell’accordo.

Anche il deposito dei contratti ha creato qualche grattacapo a professionisti e aziende, come dimostra la modifica in corsa, decorrente dall’8 giugno, in base alla quale non è più necessario associare l’utenza dell’azienda a quella del legale rappresentate o dell’amministratore delegato.

Merita un deciso plauso, in tale ottica, il recente intervento della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, responsabilmente, i primi a esporsi sull’ambito di operatività.

Giustamente i consulenti ricordano come la legge si riferisca a “premi di risultato” e non a “somme” erogate per incrementi di produttività: pertanto sono escluse, rispetto al passato, dal beneficio le somme negoziate come controprestazione dell’attività lavorativa oppure riconosciute a ristoro di un disagio. Soltanto in riferimento al lavoro agile, una volta entrato in vigore il disegno di legge attualmente in discussione in parlamento, saranno detassabili anche le somme corrisposte come controprestazione dell’attività lavorativa ma nei limiti dell’importo di euro 2.000 annui. Fino ad allora anche per l’indicatore “lavoro agile” è necessario individuare delle somme aggiuntive riconosciute a titolo di premio e legarle a parametri oggettivamente misurabili.

Non resta che aspettare i necessari chiarimenti amministrativi: allungare ancora l’attesa rischia di danneggiare i destinatari effettivi dell’agevolazione, e cioè i lavoratori dipendenti con un reddito da lavoro dipendente medio/basso.