Determinazione redditi delle CFC secondo la disciplina nazionale
di Roberto BianchiLa disciplina CFC è stata oggetto di numerosi interventi di aggiornamento dalla sua introduzione nell’ordinamento nazionale (articolo 1, comma 1, lett. a), L. 342/2000) avvenuta in risposta a una raccomandazione OCSE destinata a tutte le Nazioni che non risultavano ancora provviste di disposizioni di contrasto ai paradisi fiscali (rapporto pubblicato nell’aprile 1998 “Harmful Tax Competition: an emerging global issue”). Il parlamento si è adoperato nel corso degli anni per rendere la disciplina più stringente e per ampliarne l’ambito di applicazione (in prima battuta alle casistiche di collegamento e in seguito anche a quelle di controllo negli Stati considerati white list).
Ciò ha sicuramente consentito di approntare un coacervo di disposizioni severo, omogeneo e adeguato che si è tuttavia coniugato in procedure onerose e in costi amministrativi elevati per le società, sistemi e spese che avrebbero probabilmente potuto essere ridotte senza debilitare l’impianto precettistico in contrapposizione al regime tributario delle nazioni a fiscalità privilegiata.
La disciplina relativa alle Controlled Foreign Companies è stata oggetto, recentemente, di implementazioni particolarmente rilevanti, oltre a una estesa rivisitazione delle regole sulle quali si fonda il coacervo di disposizioni, generato a tutela della base imponibile nazionale e in opposizione ai profili di concorrenza tributaria deleteria, favoriti dai paradisi fiscali. Le modifiche introdotte paiono essere influenzate dalla determinazione a recepire le richieste di semplificazione che giungono da professionisti e imprenditori e che hanno l’obiettivo di alleggerire gli adempimenti regolati dalla normativa, mantenendo comunque immutata l’adeguatezza del “sistema” tributario delle CFC.
Taluni aspetti della novellata disciplina necessitano comunque di alcuni approfondimenti.
La circolare n. 35/E/2016, pubblicata il 4 agosto 2016, accoglie rilevanti delucidazioni relativamente alle novità introdotte dal D.Lgs. 147/2015 alle disposizioni in materia di imprese estere controllate, disciplinate dall’articolo 167 del Tuir. I menzionati mutamenti entrano in vigore, per i soggetti che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, già dal 2015 e pertanto influenzano la compilazione dei modelli Unico 2016, relativi al periodo di imposta 2015, il cui termine ordinario di spedizione scade il prossimo 30 settembre. Di conseguenza è opportuno appurare preventivamente le novellate modalità di compilazione della dichiarazione dei redditi, una volta presa visione degli agostani chiarimenti pubblicati dall’Amministrazione finanziaria, dando risalto altresì a determinate questioni pratiche.
I contribuenti che hanno scelto un esercizio non coincidente con l’anno solare – per esempio un periodo di imposta intercorrente dal 1 dicembre 2014 al 30 novembre 2015 – e che pertanto hanno già inviato il modello Unico entro il decorso 31 agosto 2016 dovranno, con ogni probabilità, presentare una dichiarazione dei redditi integrativa per recepire i chiarimenti riportati nel documento di prassi n. 35/E/2016. Qualora dalla novellata dichiarazione dovesse emergere un maggior debito, si ritiene tuttavia che l’Ufficio non abbia titolo per applicare le corrispondenti pene pecuniarie.
L’evidenza della detenzione di partecipazioni CFC nel modello Unico SC
In prima battuta è necessario tenere in considerazione che, in conseguenza dell’entrata in vigore del D.Lgs. 147/2015, l’interpello probatorio preventivo, finalizzato alla disapplicazione della disciplina CFC black list e white list, da obbligatorio diviene facoltativo. Per di più, difformemente a quanto si verificava in precedenza, l’istanza può essere efficacemente inoltrata entro la scadenza ordinaria di presentazione del modello Unico pertinente al periodo d’imposta a cui lo stesso fa riferimento e, di conseguenza, in relazione all’anno fiscale 2015, entro il termine del 30 settembre 2016.
La facoltà di proporre l’istanza di interpello viene attualmente regolamentata come una possibilità, garantendo in questa maniera l’inclinazione più genuina del veicolo attraverso il quale è consentito interrogare l’Agenzia delle Entrate, che è rappresentata dalla possibilità di concedere al partecipante alle spese dello stato una opportunità invece di caricarlo di un ulteriore adempimento, tra l’altro pure sanzionato.
L’avvicendamento del termine “deve” con il vocabolo “può” nell’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 167 del Tuir (introdotto con l’articolo 8, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 147/2015) raffigura pertanto una modifica lodevole in quanto dovrebbe permettere una rilevante semplificazione degli adempimenti posti a carico dell’impresa domiciliata nel bel paese e, di conseguenza, una contrazione dei costi amministrativi indotti dall’osservanza della normativa.
La menzionata disposizione ha chiaramente acquisito validità nei confronti delle società controllate sia black-listed e sia domiciliate in Stati white list, ricomprese nell’ambito di applicazione del comma 8-bis. Di conseguenza, il contribuente domiciliato in Italia non sarà più obbligato a proporre istanza all’Agenzia delle Entrate per disapplicare la disciplina CFC. La prova della concreta fondatezza delle ragioni esoneranti che permettono di sottrarsi al regime CFC potrà pertanto essere fornita dal contribuente in corso di verifica. L’Ufficio è tenuto a notificare al contribuente uno specifico avviso attraverso il quale viene accordata all’interessato la facoltà, nei novanta giorni successivi, di fornire le prove per la disapplicazione del regime CFC. Qualora l’Amministrazione finanziaria non consideri sufficienti gli elementi prodotti dal contribuente, sarà chiamata a fornire le relative motivazioni all’interno dell’avviso di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate deve fornire la propria risposta all’eventuale istanza di interpello entro il termine massimo di 120 giorni, con l’unica eccezione rappresentata dalla possibilità di richiedere, una volta soltanto, una integrazione alla documentazione esibita dal partecipante alle spese dello stato. Dalla data di ricevimento della documentazione aggiuntiva, l’Ufficio avrà esclusivamente 60 giorni di tempo per esprimere la propria posizione.
È di tutta evidenza che, nel caso in cui si ottenga di una risposta positiva all’istanza di interpello, da parte dell’Agenzia delle Entrate, successivamente al 30 settembre 2016, sarà inevitabile ripresentare il modello Unico e, nella circostanza in cui fosse già stato cautelativamente effettuato il versamento dell’imposta scaturente dalla tassazione separata, il contribuente avrà la facoltà di decidere se riportare a nuovo il credito, compensarlo orizzontalmente entro il limite annuale di € 700.000 (articolo 34, L. 388/2000 così come modificato dall’articolo 35, comma 6-ter, D.L. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla L. 248/2006), trasferirlo alla consolidante rispettando la menzionata soglia od optare per la richiesta di rimborso.
Considerata la natura opzionale dell’interpello probatorio (articolo 11 comma 1 lett. b) della L. 212/2000), il socio residente controllante di più alto livello è chiamato a indicare, nel proprio modello Unico, la disponibilità di partecipazioni in Controlled Foreign Companies, con la mera esclusione di quelle casistiche nelle quali la risposta all’istanza di interpello sia risultata favorevole.
In forza a quanto disciplinato dal comma 3-quater, articolo 8, D.Lgs. n. 471/1997 (introdotto dal D.Lgs. n. 147/2015), qualora il contribuente tralasci di indicare le partecipazioni o la segnalazione risulti incompleta, trova applicazione una sanzione amministrativa corrispondente al 10% del reddito conseguito dal soggetto giuridico straniero partecipato e attribuibile, anche solo ipoteticamente, al soggetto residente in proporzione alla quota di partecipazione posseduta, con una pena pecuniaria minima di € 1.000 e massima di € 50.000.
Nel documento di prassi del 4 agosto è tuttavia specificato che la penalità è parametrata al risultato di esercizio realizzato dal soggetto straniero partecipato e non al suo reddito; pare pertanto che la sanzione debba essere commisurata al valore riportato nel rigo FC2. La circolare conferma che la pena pecuniaria, nella sua misura minima (€ 1.000), si infligge anche nella circostanza in cui il risultato di periodo della controllata estera, evidenziato nel Rigo FC3, risulti essere negativo. Si rammenta ad abundantiam che l’obbligo di segnalazione delle CFC white list sussiste solo quando si siano verificate congiuntamente le condizioni poste dalle lett. a) e b) del comma 8-bis dell’articolo 167 (tassazione effettiva inferiore al 50% rispetto a quella virtuale domestica e preponderanza di “passive income”).
Le modalità di determinazione del reddito delle Controlled Foreign Companies
La disciplina statuisce che nella quantificazione del reddito delle CFC si adottano le regole di determinazione del reddito complessivo contemplate per le società italiche e, pertanto, non esclusivamente il D.P.R. 917/1986, con la sola esclusione della disciplina (articolo 86 comma 4 Tuir) che prevede la possibilità di rateizzare le plusvalenze. Le disposizioni utilizzabili sono quelle ascritte ai soggetti Ires. La circolare 35/E/2016 ha voluto chiarire che in nessuna circostanza possono trovare applicazione le norme concernenti il reddito d’impresa afferenti ai soggetti Irpef, indipendentemente dalla forma giuridica assunta dal soggetto forestiero.
Il documento di prassi del 4 agosto 2016 ha ribadito inoltre l’applicabilità dell’ACE. Considerato che l’impiego di tale agevolazione non è gestibile all’interno del quadro FC, si è dell’avviso che il contribuente abbia la facoltà di determinarla compilando e tenendo a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, per fronteggiare con serenità eventuali future verifiche, un prospetto analogo a quello riprodotto nella Sezione “Deduzione per capitale investito proprio (ACE)” del Quadro RS (righi RS113-115), rappresentando l’impiego tra le altre variazioni in diminuzione nel Rigo FC31 ovvero, aggirando il contenuto letterale delle istruzioni ministeriali, nel Rigo FC36, colonna 2, concernente le perdite utilizzabili integralmente.
L’Amministrazione finanziaria dovrebbe inoltre precisare la decorrenza con la quale deve essere calcolata l’ACE, prendendo come riferimento le dinamiche del patrimonio netto e le operazioni rientranti nella disciplina anti elusione, in vigore a partire dall’esercizio 2011 (D.M. 14 marzo 2012) ovvero con decorrenza dall’esercizio 2015, periodo di imposta dal quale la disciplina si rivela essere applicabile alle Controlled Foreign Companies. Si reputa inoltre che, sebbene non venga menzionata nel documento di prassi, anche la deduzione degli ammortamenti al 140 per cento sia utilizzabile. La circolare n. 35/E/2016 ha precisato che, dalla cerchia delle norme speciali esterne al Tuir e applicabili alla CFC, devono invece essere escluse quelle che presuppongono l’impiego di strumenti presuntivi del reddito come gli studi di settore e i parametri.
I chiarimenti della circolare 35/E/2016 in merito alle “liste”
Per ciò che concerne le controllate CFC white list, il D.Lgs. 147/2015 preannunciava la diffusione di un provvedimento del direttore dell’Agenza delle Entrate, con l’obiettivo di definire il criterio attraverso il quale individuare l’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile. Nelle more di tale deliberazione e in assenza di indicazioni all’interno del documento di prassi del 4 agosto 2016, non possiamo non ricordare che in passato la circolare 23/E/2011, al paragrafo 2.4, ha evidenziato la potenziale conseguenza distorsiva scaturente dalla fiscalità differita, sulle differenze temporanee nella determinazione dell’effective tax rate estero, predicendo tuttavia che tali ricadute sarebbero state adeguatamente valutate in fase di esame delle istanze di interpello che in quegli anni risultava essere obbligatorio.
La circolare 35/E/2016 si è soffermata sull’ipotesi in cui, con riferimento a una specifica CFC, possano trovare applicazione contemporaneamente la disciplina black list e white list, rispettivamente regolamentate dai commi 4 e 8-bis dell’articolo 167 del Tuir. In tale eventualità il documento di prassi ha chiarito che risulta essere primariamente adottabile la disciplina black list, con l’effetto che il socio residente sarà in grado di evitare la tassazione per trasparenza esclusivamente al manifestarsi di una delle due più stringenti esimenti previste dal comma 5 dell’articolo 167 del Tuir.
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