Detrazione dell’Iva non dovuta con “favor rei” limitato alle sanzioni
di Marco PeiroloLa previsione di cui all’articolo 6, comma 6, D.Lgs. 471/1997, nella parte in cui prevede che, in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, resta fermo il diritto del cessionario o committente alla detrazione, non ha efficacia retroattiva né può ad essa riconoscersi valore di norma interpretativa.
Con questa conclusione, contenuta nella sentenza n. 1217/2/18 del 10.12.2018, la CTP Torino si è pronunciata in merito alla portata, interpretativa o innovativa, da riconoscere all’articolo 6, comma 6, D.Lgs. 471/1997, nel testo modificato dalla L. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018), confermando l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 24001 del 03.10.2018.
L’articolo 1, comma 935, L. 205/2017, nell’integrare l’articolo 6, comma 6, D.Lgs. 471/1997, ha previsto che, “in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto dei Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il cessionario o il committente anzidetto è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale”.
In pratica, il cliente ha il diritto di detrarre l’imposta erroneamente assolta dal fornitore, pur costituendo tale comportamento una violazione, ma la sanzione prevista per l’infrazione non è più commisurata al tributo detratto, ma è stabilita entro i suddetti limiti, minimo e massimo.
Ne discende che se il cliente esercita la detrazione non potrà chiedere la restituzione dell’imposta né all’Erario, né al proprio fornitore, sicché le disposizioni dell’articolo 30-ter D.P.R. 633/1972, introdotte dalla L. 167/2017 (Legge europea 2017), non trovano applicazione.
In attesa dei necessari chiarimenti ufficiali, la norma novellata dalla Legge di Bilancio 2018 potrebbe intendersi riferita non solo ai casi di applicazione di un’aliquota superiore a quella corretta, ma anche alle ipotesi in cui l’operazione sia stata erroneamente considerata imponibile, anziché esente, non imponibile o non soggetta.
In tal senso, oltre alla circolare della Guardia di Finanza n. 114153 del 13.04.2018, si è espressa Assonime nella circolare n. 12 del 31.05.2018 (§ 3), escludendo che l’ambito applicativo della nuova norma sia limitato ai casi in cui l’imposta è dovuta, ma ne sia stata errata, per eccesso, la quantificazione.
Tale interpretazione restrittiva non viene ritenuta rispondente alla ratio e alla logica della norma, in quanto – ove confermata dall’Agenzia delle Entrate – “sarebbe difficile trovare una giustificazione sistematica al principio secondo cui sia detraibile l’imposta applicata in misura superiore a quella dovuta, e non anche quella non dovuta per altri motivi, ad esempio perché, l’operazione in questione è esente o non imponibile, o addirittura esclusa, come nel caso considerato (…) della cessione di azienda. Anche in tali situazioni, infatti, risulta applicata un’imposta superiore a quella effettivamente dovuta secondo la disciplina del tributo (…)”.
Assonime ha, inoltre, escluso che la nuova norma si ponga in contrasto con le indicazioni della giurisprudenza della Corte di giustizia che escludono la detraibilità dell’Iva non dovuta.
La norma in esame, infatti, “si inserisce in un sistema che tende ad assicurare la neutralità dell’imposta”, che è uno degli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2006/112/CE ed è proprio in tale ottica, puntualizza l’Associazione, che “la nuova norma troverebbe giustificazione nel fatto che l’imposta erroneamente esposta in fattura è comunque dovuta a norma del ricordato articolo 21, comma 7. Sembra dunque coerente con tale ultima disposizione che se il fornitore è tenuto a computare l’imposta nella sua liquidazione, possa ammettersene la detrazione da parte dell’acquirente, evitandosi situazioni in cui l’imposta debba essere restituita dal fornitore all’acquirente o dall’erario al fornitore (o all’acquirente stesso) al di fuori del sistema delle liquidazioni del tributo. Le possibili anomalie o gli abusi che potrebbero derivare dal riconoscimento del diritto alla detrazione, in queste ipotesi, dovrebbero essere superate per effetto della precisazione contenuta nella norma (…) secondo cui il recupero dell’imposta viene escluso se il versamento è avvenuto in un contesto di frode fiscale”.
Un altro aspetto che risulta da chiarire in via definitiva riguarda la portata, interpretativa o innovativa, da riconoscere all’articolo 6, comma 6, D.Lgs. 471/1997.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24001/2018, ha osservato che “la norma (…) è stata inserita dalla legge n. 205/2017 nell’ambito della disciplina generale in materia di sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, prevedendo la misura della sanzione amministrativa da irrogare nei confronti del committente o cessionario che applichi l’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o dal prestatore.
Per la stessa, quindi, con riferimento alla determinazione della misura delle sanzioni, trovano sicura applicazione le previsioni del favor rei di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 472/1997”.
Il principio del favor rei non viene, invece, ritenuto estendibile anche alla detrazione dell’imposta non dovuta, in quanto “la previsione normativa in esame non enuncia espressamente alcuna valenza retroattiva della sua efficacia e introduce, invece, innovativamente, il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’Iva corrisposta in misura maggiore rispetto a quanto dovuto, disciplinando quindi diversamente il regime precedente.
Né può dirsi che abbia valenza interpretativa, non essendo ricavabile dalla previsione in esame alcun riferimento al precedente regime in relazione al quale si intende procedere ad una chiarificazione in termini normativi della portata applicativa del regime della detrazione dell’Iva nella materia in esame”.
Nello stesso senso si è espressa, da ultimo, la CTP Torino, “non essendo ricavabile dalla previsione [articolo 1, comma 935, della L. n. 205/2017] alcun riferimento al precedente regime e costituendo nuova disciplina della fattispecie rispetto alla precedente; né è espressamente prevista la sua portata retroattiva, sicché essa si applica solo per l’avvenire”.