Detrazione IVA e inerenza: quali i corretti confini?
di Giampiero GuarnerioGiovanni ValcarenghiQuali sono le condizioni per poter esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti? Il comma 1 dell’articolo 19 del DPR 633/1972 vincola il beneficio al fatto che l’imposta gravi su corrispettivi relativi a beni e servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.
In relazione a tale concetto, spesso si cade in confusione su due aspetti che meritano attenzione:
- la confusione tra concetto di inerenza ai fini delle imposte dirette e ai fini IVA, ritenendo i due ambiti perfettamente sovrapponibili;
- l’abitudine della prassi domestica di definire il soggetto passivo IVA come contribuente, anziché esattore (o tax collector) come più propriamente si usa fare in ambito comunitario.
Quisquilie, sfumature, direte voi; a noi così non pare, posto che gli equivoci sopra richiamati portano a pronunce bizzarre, come quella rinvenibile nella Cassazione 5195 del 16-03-2016.
Una società esercitava attività di produzione di confezioni di abbigliamento, che cedeva, ai fini della loro commercializzazione in Italia ed all’estero, ad altre due società consorelle. L’Agenzia delle entrate ha contestato la detrazione dell’IVA gravante su fatture emesse dalla holding del gruppo per prestazioni pubblicitarie e di uso del marchio.
La contestazione era fondata sull’assenza dell’inerenza degli esborsi all’oggetto dell’attività imprenditoriale, indirizzato alla sola produzione e non già alla commercializzazione dei beni, appunto effettuata dalle società consorelle.
Secondo la Cassazione, la giurisprudenza comunitaria precisa che il parametro di valutazione dell’inerenza del bene o del servizio ad operazioni rientranti nell’attività economica dell’impresa si differenzia a seconda che si tratti della fruizione di un servizio oppure dell’acquisto di un bene di investimento. Quanto alla fruizione del servizio, “di norma deve sussistere un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono un diritto a detrazione” (Corte giustizia 29 ottobre 2009, C-29/08, SKF, punto 57).
L’immediatezza, peraltro, è intesa in senso funzionale, con riferimento al complesso dell’attività economica, al fine di propiziarne lo sviluppo (Corte giustizia 22 ottobre 2015, causa C- 126/14, che ha ammesso la detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto o la fabbricazione di beni d’investimento nell’ambito dei lavori di realizzazione di un percorso ricreativo destinato all’uso gratuito del pubblico, ma da parte di una società avente come oggetto sociale l’accoglienza, la ristorazione, l’organizzazione di convegni, fiere e tempo libero).
Il nesso diretto ed immediato col complesso dell’attività sussiste inoltre, ha specificato la giurisprudenza richiamata, anche qualora i costi dei servizi facciano parte delle spese generali del soggetto passivo. Prosegue poi la sentenza, affermando che questi stessi principi sono stati richiamati anche dalla giurisprudenza interna, in particolar modo quello relativo all’inerenza delle spese di pubblicità in generale e di sponsorizzazione in particolare (Cassazione 16 novembre 2011, n. 24065; 27 aprile 2012, n. 6548 e 27 maggio 2015, n. 10914). Così, per verificare l’inerenza di un costo di pubblicità sostenuto a favore di un terzo soggetto, è necessario indagare la natura del rapporto tra la società che ha sostenuto la spesa e il terzo, al fine di valutare i vantaggi e l’utilità ritraibili dalla pubblicità svolta a favore del terzo, al quale è riconducibile il messaggio pubblicitario; non rileva, invece, l’incongruità tra la spesa ed i ricavi realizzati nell’anno di imposta, in quanto non occorre che vi sia un immediato riscontro, ma che tale costo sia proiettato ad utilità future.
Fatta questa ricostruzione, in relazione al caso specifico ed alla sentenza d’appello (favorevole alle Entrate), rilevano i supremi giudici:
- il giudice d’appello ha senz’altro errato nell’affermare che di per sé “i costi per la pubblicità non appaiono essere inerenti all’attività d’impresa esercitata” dalla società produttrice;
- ma, la rilevanza di tale erronea statuizione è poi neutralizzata quando la Commissione ha stabilito che, se da un lato i costi in questione sono stati sopportati dalla società produttrice, dall’altro la contribuente non ha fornito prova che essi “… siano stati oggetto di recupero a valle nei confronti delle società distributrici“. Quindi, poiché non vi è indicazione del fatto che i costi siano stati incorporati nel prezzo applicato per la cessione dei beni che le altre società avrebbero dovuto distribuire, ne deriva la recisione del nesso diretto ed immediato tra la fruizione del servizio di pubblicità a monte e la cessione del bene da distribuire a valle.
In sintesi: prendendo le mosse da una lettura delle sentenze della giurisprudenza comunitaria, si giunge ad affermare un principio che sembrerebbe essere stato correttamente applicato dai giudici d’appello.
Ma siamo realmente sicuri che la sentenza della CGUE affermi proprio il principio evocato dalla Cassazione? Ci poniamo l’interrogativo per il semplice motivo che si è data ampia enfasi al contenuto del punto 57 (ove si richiede – come criterio generale – il nesso diretto ed immediato), mentre a nostro giudizio risulta “colpevolmente” trascurato il successivo punto 58, dove si afferma una importante esimente rispetto al criterio generale.
Riportiamo per massima fedeltà: “Un diritto a detrazione è tuttavia ammesso a beneficio del soggetto passivo anche qualora non possa essere ricostruito un nesso immediato e diretto tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono un diritto a detrazione, quando i costi dei servizi in questione fanno parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, sono elementi costitutivi del prezzo dei prodotti o dei servizi che esso fornisce. Costi di tal genere presentano, infatti, un nesso immediato e diretto con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo”.
Ci pare che la divergenza sia evidente: per la CGUE il fatto che taluni oneri facciano parte delle spese generali determina automaticamente il fatto che siano elementi costitutivi del prezzo; per la Cassazione, invece, la mancanza della indicazione del fatto che i costi siano stati ricompresi nel prezzo determina la recisione del nesso diretto ed immediato.
Insomma, la vicenda merita certamente un supplemento di riflessione.