Detrazione IVA per immobili abitativi utilizzati in un’attività ricettiva
di Marco PeiroloLa Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 26478 del 22 dicembre 2016, ha ribadito che l’indetraibilità oggettiva dell’IVA relativa ai fabbricati di civile abitazione non si applica se i medesimi sono destinati all’esercizio di un’attività ricettiva imponibile IVA.
Il caso di specie si riferisce ad un immobile abitativo, oggetto di ristrutturazione al fine di essere utilizzato nell’ambito di un’attività di bed and breakfast.
Il credito IVA risultante dalle spese sostenute è stato chiesto a rimborso, ma l’Ufficio finanziario ha negato la restituzione al contribuente nel presupposto che l’imposta assolta sulle spese di ristrutturazione degli immobili abitativi non sarebbe detraibile ai sensi dell’articolo 19-bis1, comma 1, lettera i), del D.P.R. 633/1972.
Tale norma dispone che “non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa né quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi (…)”. L’indetraibilità non opera in due specifiche ipotesi, vale a dire per le spese sostenute dalle imprese di costruzione, nonché da quelle che pongono in essere locazioni esenti che determinano l’applicazione del pro rata di detrazione.
Secondo un principio consolidato, il divieto di detrazione riguarda i fabbricati abitativi che risultano tali secondo le risultanze catastali e, in linea generale, prescinde dall’utilizzo effettivo dei medesimi (circolari AdE 27/E/2006, 12/E/2007 e 22/E/2013). In particolare, sono fabbricati abitativi quelli classificati o classificabili nel gruppo catastale “A” (esclusa la categoria “A/10”), mentre sono fabbricati strumentali per natura (vale a dire, quelli che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni) le unità immobiliari classificate o classificabili nei gruppi catastali “B”, “C”, “D”, “E” e nella categoria “A/10” qualora la destinazione ad ufficio o studio privato risulti dal provvedimento amministrativo autorizzatorio.
Ciò nonostante, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, che la pronuncia in commento ribadisce, il diritto alla detrazione dell’IVA non può essere negato in forza dell’astratta classificazione catastale dell’immobile ad uso abitativo, occorrendo valutarne la destinazione all’attività d’impresa (Cass. n. 8628/2015; Cass. n. 4606/2016; Cass. n. 6883/2016). Più nel dettaglio, l’accatastamento dell’immobile in una delle categorie che individuano la destinazione abitativa non preclude la detraibilità dell’IVA relativa alle spese sostenute per il suo acquisto o la sua manutenzione e ristrutturazione se, avuto riguardo all’utilizzo concreto del fabbricato, anche solo prospettico, è possibile dimostrare, sulla base di elementi oggettivi, che il medesimo è inerente all’esercizio effettivo dell’attività d’impresa.
Nel caso in esame, il giudice d’appello ha accertato che l’immobile risultava destinato allo svolgimento di un’attività imprenditoriale, il che comporta la detraibilità dell’imposta e, quindi, la sua rimborsabilità, in assenza di ulteriori contestazioni in merito a quest’ultima.
La posizione dei giudici di legittimità si pone peraltro in linea con quella della stessa Amministrazione finanziaria, in base alla quale gli immobili abitativi, utilizzati dal soggetto passivo nell’ambito di un’attività di tipo ricettivo (gestione di case vacanze, affitto camere, ecc.) che comporti l’effettuazione di prestazioni di servizi imponibili ad IVA, devono essere trattati, a prescindere dalla classificazione catastale, alla stregua dei fabbricati strumentali per natura. Ne consegue, secondo la risoluzione AdE 18/E/2012, che le spese di acquisto, manutenzione e ristrutturazione relative ai suddetti immobili sono escluse dall’indetraibilità di cui al citato articolo 19-bis1, comma 1, lettera i), del D.P.R. n. 633/1972.
Tale conclusione è coerente con il principio contenuto nell’articolo 168 della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo cui il soggetto passivo esercita la detrazione “nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta”. A tal fine, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, assume rilevanza la circostanza che gli immobili abitativi siano destinabili, secondo la normativa regionale di settore, ad attività turistico-alberghiera, essendo in tal caso che gli stessi danno luogo a prestazioni di alloggio imponibili ad IVA con l’aliquota del 10%, ai sensi del n. 120) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 633/1972.
In definitiva, ai fini dell’applicazione dei princìpi enunciati, occorre verificare, in linea di fatto, se l’immobile abitativo, nel momento in cui sono realizzati i lavori di manutenzione o ristrutturazione, sia già effettivamente utilizzato per lo svolgimento di attività ricettizia, ovvero se a tale utilizzazione risulti inequivocabilmente destinato.
A quest’ultimo riguardo, è opportuno ricordare che il requisito della prospetticità è collegato alla soggettività passiva dell’operatore, nel senso che l’IVA è detraibile se il cessionario/committente è qualificabile come soggetto passivo nel momento in cui l’acquisto del bene/servizio si considera effettuato (causa C-97/90, Lennartz e causa C-268/83, Rompelman). Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, tale status si acquisisce quando appare evidente l’intenzione del cessionario/committente di avviare un’attività economica che dia luogo all’effettuazione di operazioni imponibili (cause riunite C-110/98 e C-147/98, Gabalfrisa e a.; causa C-110/94, Inzo).
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