22 Aprile 2022

Detrazione Iva in importazione: quando (e se…)

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Dall’avvento della fatturazione elettronica, e, soprattutto della dichiarazione Iva precompilata, nutro dubbi che i principi generali dell’imposta stiano lasciando il campo alla necessità che le cose, a livello informatico, “girino” nel modo corretto: l’Agenzia delle Entrate deve recuperare quanta più Iva evasa, la tempestività è indispensabile per un sano contrasto all’evasione, e per sapere se il contribuente ha versato l’importo dovuto, e se ha calcolato correttamente questo importo, la “correttezza” del dato informatico elaborato dall’Agenzia delle Entrate è più importante di “alcuni principi giuridici” scritti nel lontano 1972.

Ad esempio, al contribuente che aveva inviato due volte tramite SdI una fattura elettronica, è stato detto di emettere una nota di credito elettronica. Ma l’emissione di una nota di credito è comportamento che serve per annullare una operazione, non per eliminare un duplicato di un documento. Fosse successo la stessa cosa nel 2018, sono convinto che nessuno dei nostri “avi” dell’era analogica avrebbe suggerito di emettere una nota di variazione a fronte di una fattura cartacea inviata due volte! Ma, la risposta dell’Agenzia delle Entrate non fa una piega, se vogliamo che il sistema informatico non chieda due volte l’Iva sulla stessa fattura.

Questa necessità di predisporre correttamente le Lipe e le bozze delle dichiarazioni Iva e calcolare la correttezza dell’Iva periodica dovuta, mi ha fatto fin da subito nascere il dubbio di come verrà gestita la detrazione dell’Iva in importazione.

Con minime eccezioni, l’Iva dovuta è data dalla somma algebrica di quella derivante da fatture emesse (elettroniche) e quella di fatture con Iva ricevute (elettroniche) e dalle bolle doganali.

Queste ultime – mi sono detto – saranno presentate in modalità elettronica, e quindi tra Agenzia delle Dogane ed Agenzia delle Entrate si scambieranno i dati, e la seconda verrà a sapere quando è stata pagata l’Iva in importazione, e conseguentemente è nato il diritto alla detrazione.

Il problema nasce dal fatto che spesso è il contribuente che non sa (tempestivamente) quando è nato il suo diritto alla detrazione, in quanto viene a sapere che è stata fatta una importazione quando sulla scrivania finisce un documento cartaceo che chiameremo “bolla doganale”, e che è “impaginata” secondo delle specifiche dettate dal codice doganale dell’Unione e dai suoi allegati.

Mi ha fatto una certa impressione – non lo nego – il principio di diritto 13/2021, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha deciso di ricordare ai contribuenti che il diritto alla detrazione nasce quando il contribuente è venuto in possesso della bolla doganale, e tale diritto va esercitato, a pena di decadenza, nella dichiarazione Iva relativa all’anno in cui il diritto è nato.

E qui nasce il mio dubbio: se il rappresentante dell’importatore (spedizioniere doganale) presenta in nome e per conto dell’importatore una bolletta doganale alla dogana nell’anno N, e ne consegna copia “cartacea” all’importatore nell’anno N+1, in che anno va detratta l’Iva?

Se ragioniamo in termini “informatici” verrebbe da dire che l’Agenzia – conoscendo il momento in cui la bolletta doganale è stata presentata alla dogana e non quando la copia “cartacea” è pervenuta all’importatore – propenderà per l’anno N.

Il principio di diritto sopra citato dice che il diritto nasce quando il contribuente è venuto in possesso del “documento contabile”.

Ricordiamo però che, di fatto, chi ha presentato il documento ed ha pagato l’Iva alla dogana è l’importatore – anche se tramite il proprio rappresentante – e quindi non si capisce il senso di dover entrare in possesso di un documento che certifichi questa operazione, salvo appunto che l’Agenzia delle Entrate non si riferisca proprio al fatto che il diritto alla detrazione nasce quando l’importatore entra in possesso della copia della “bolla doganale” che in genere lo spedizioniere fa avere all’importatore. Oppure il “documento contabile” è la ricevuta di “accettazione” della bolla doganale da parte della Dogana?

Già l’esistenza di tale dubbio, a mio avviso, dovrebbe indurre l’Amministrazione finanziaria a fornire istruzioni precise; istruzioni che sono ancora più necessarie da quando un corriere espresso non fa nemmeno più avere una copia della bolletta doganale, impaginata a disposizione di Codice doganale, ma scrive che la bolla doganale è costituita da un file, che non ti allega, che l’Agenzia delle Dogane non ti mette a disposizione, e che se anche se ne si entrasse in possesso sarebbe verosimilmente “illeggibile”.

L’unica cosa certa è che negli archivi della dogana dovrebbe esserci un file, rintracciabile attraverso un numero di MRN, del quale un eventuale verificatore potrebbe riscontrare l’esistenza. Il contribuente, per riscontrarne l’esistenza, attualmente parrebbe che debba fare una richiesta di accesso agli atti ai sensi della L. 241/1990…

Peraltro, cercando in rete, sono pure incappato in diapositive nelle quali alti funzionari dell’Agenzia delle Dogane confermano che la bolla doganale è un file, e che la copia normalmente consegnata all’importatore dagli spedizionieri doganali è una sorta di “documento di cortesia” non avente validità giuridica. Il tutto perché siamo in una fase di passaggio alla smaterializzazione completa dei documenti doganali, nella quale però manca un passaggio non secondario: oggi l’importatore non ha possibilità di accedere ad un proprio “cassetto doganale” e verificare cosa sia stato fatto per proprio conto.

Finora, diversi colleghi mi hanno chiesto: ma allora, posso detrarre l’Iva sulla base della e-mail del corriere espresso, senza avere copia della “bolla doganale”?

Secondo l’articolo 25 del Decreto Iva non è possibile (la norma parla di possesso della bolletta doganale), mentre per l’articolo 178 Direttiva 112/2006 la detrazione dell’Iva all’importazione è subordinata ad “possesso di un documento comprovante l’importazione che lo indichi quale destinatario o importatore e che menzioni l’ammontare dell’Iva dovuta e ne consenta il calcolo.

In sostanza, la norma comunitaria, di rango superiore rispetto a quella nazionale, sembrerebbe consentire la detrazione anche sulla base della e-mail del corriere espresso.

Ricordiamo anche che su caso opposto, ma per certi versi analogo (esportazioni tramite corriere), la stessa Agenzia chiarì che per dimostrare il diritto alla non imponibilità di una esportazione, non è necessario che il contribuente entri in possesso della bolletta doganale di export (la quale nel caso specifico è intestata al corriere e non all’esportatore, e contiene l’indicazione di tutta la merce che ha in carico il corriere su quel trasporto, e quindi di diversi esportatori), ma è sufficiente avere i riferimenti della bolla, forniti dal corriere, e sarà poi cura del verificatore controllare nel sistema delle Dogane, che in detta bolla doganale siano stati inseriti anche i beni inviati fuori dal territorio doganale, per conto dell’esportatore.

Sul punto è quando mai opportuno un chiarimento dell’Amministrazione che confermi la tesi della detraibilità sulla base di documenti alternativi alla bolla doganale. E già che c’è, che chiarisca in quale anno esercitare il diritto alla detrazione.