Dichiarazione Iva e reato di occultamento delle scritture contabili
di Marco BargagliCome noto, ai sensi dell’articolo 14 D.P.R. 600/1973 le società e gli imprenditori commerciali devono istituire e conservare, secondo le norme di ordinata contabilità, le seguenti scritture contabili:
- Il libro giornale il libro degli inventari;
- i prescritti registri Iva (a titolo esemplificativo: vendite, acquisti, corrispettivi);
- le scritture ausiliarie di magazzino, al ricorrere di determinate condizioni richieste dalla Legge (articolo 1, comma 1, D.P.R. 695/1996);
- le scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumerne chiaramente e distintamente i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito;
- il registro dei beni ammortizzabili;
- le altre scritture specificatamente richieste al ricorrere di particolari situazioni (es. registro dichiarazioni di intento emesse e/o ricevute, registri sezionali Iva, etc.).
Ai fini fiscali, qualora il contribuente si rifiuti di esibire la documentazione richiesta, si rendono applicabili le particolari sanzioni amministrative previste dall’articolo 9, comma 1, D.Lgs. 471/1997 (rubricato “violazioni degli obblighi relativi alla contabilità”) con possibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di procedere alla ricostruzione del reddito prescindendo dalle risultanze delle scritture contabili (c.d. accertamento “induttivo puro”).
In particolare, sotto il profilo tributario:
- secondo quanto previsto dall’articolo 52, comma 5, D.P.R. 633/1972, i libri, i registri, le scritture ed i documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi all’ispezione;
- ai sensi dell’articolo 55, comma 1, D.P.R. 633/1972 se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale, l’Amministrazione finanziaria può procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta indipendentemente dall’ispezione della contabilità. In tal caso l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio.
L’accertamento induttivo è previsto anche quando risulta, attraverso il verbale di ispezione, che il contribuente non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione le scritture contabili obbligatorie istituite ai fini Iva, in materia di imposte sui redditi o sulla base delle disposizioni del codice civile o anche soltanto alcuni di tali registri e scritture.
Ai fini penali-tributari l’articolo 10 D.Lgs. 74/2000 (rubricato “occultamento o distruzione di documenti contabili”) prevede che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Il reato in rassegna può essere commesso da qualsiasi soggetto, rientrando tra i c.d. “reati comuni” (es. l’amministratore dell’impresa che occulta la contabilità, ossia il dipendente che distrugge le scritture contabili dell’azienda).
Con particolare riferimento al predetto delitto, la suprema Corte di cassazione, Sezione 3^ penale, con la sentenza n. 39243 del 30.08.2018, ha affermato che non si può parlare di occultamento o distruzione delle scritture contabili qualora il contribuente abbia regolarmente presentato la dichiarazione annuale Iva.
In via preliminare si evidenzia che il giudice di merito (Corte d’Appello di Brescia) aveva confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Brescia a carico di un soggetto imputato dei reati di cui agli articoli 5 D.Lgs. 74/2000 (omessa presentazione della dichiarazione annuale) e 10 D.Lgs. 74/2000 in quanto, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, distruggeva o almeno occultava in tutto o comunque in parte le scritture contabili e i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari.
In merito, gli ermellini hanno annullato la sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, tenuto conto che: “a fronte della intervenuta presentazione della dichiarazione Iva, non poteva essere individuata in capo all’imputato alcuna volontà di evasione di tale imposta con conseguente mancanza, sotto tale profilo, del dolo specifico richiesto dalla norma”.
Tale approccio ermeneutico viene in conclusione fondato, a parere dei supremi giudici, su un presupposto fattuale e giuridico (i.e. l’effettiva presentazione della dichiarazione ai fini Iva) che sembra essere confermato dal fatto che la contestazione del reato di cui all’articolo 5 D.Lgs. 74/2000, per omessa presentazione della dichiarazione, è stata limitata al comparto delle imposte sui redditi.