Differenza tra compendio unico e minima unità colturale
di Luigi ScappiniLa Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 20961 del 1° luglio 2022, torna a occuparsi di compendio unico, offrendo alcune precisazioni per quanto riguarda, in particolare, il requisito oggettivo.
Come noto, da sempre, il Legislatore sia civilistico, sia fiscale, ha previsto alcune norme di “favore” per i soggetti che esercitano l’attività agricola, in origine per il solo coltivatore diretto e, successivamente, anche per lo Iap di cui all’articolo 1 D.Lgs. 99/2004.
Si deve evidenziare, tuttavia, come il Legislatore fiscale, con la L. 23/2011 abbia effettuato un consistente sfoltimento del complesso e articolato gruppo di norme agevolative, mantenendone, di fatto, solamente alcune, in primis la c.d. piccola proprietà contadina di cui all’articolo 2, comma 4-bis, D.L. 194/2009.
Altra norma “sopravvissuta” al taglio è quella comunemente conosciuta come compendio unico e prevista dall’articolo 5-bis, comma 1, D.Lgs. 228/2001, attualmente azionabile in caso di donazione di fondi agricoli.
La norma, originariamente introdotta con esclusivo riferimento alle zone montane, è stata estesa a tutto il territorio nazionale, per effetto dell’articolo 5-bis, comma 1, D.Lgs. 228/2001.
Dal combinato disposto dell’articolo 5-bis L. 97/1994 e dell’articolo 7 D.Lgs. 99/2004 con cui è stato introdotto l’articolo 5-bis nel D.Lgs. 228/2001, si evince che l’agevolazione richiede il ricorrere di due presupposti:
- uno soggettivo, dato dalla qualifica di coltivatore diretto o Iap
- e uno oggettivo, secondo cui con l’atto di trasferimento del terreno agricolo il contribuente si impegna a costituire un compendio unico – tale da consentire il raggiungimento del livello minimo di redditività – e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal
Tralasciando di analizzare gli aspetti legati al requisito soggettivo e concentrando l’attenzione su quello oggettivo, come noto, in sede di introduzione della norma agevolativa era incerto il significato da attribuire al concetto di compendio unico, tant’è vero che l’Agenzia delle entrate, con la circolare 13/E/2002, aveva chiarito che “La locuzione “compendio unico” individua l’insieme di terreni agricoli che per volontà dell’acquirente confluiscono in un complesso unitario destinato all’attività agricola, svolta dall’acquirente in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale.”.
Successivamente l’articolo 7, comma 5-bis, D.Lgs. 99/2004, estendendo l’ambito di applicazione della norma a tutto il territorio nazionale, ha ulteriormente affermato che “Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l’estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l’erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai Regolamenti (CE) nn. 1257 e 1260/1999, e successive modificazioni”.
In altri termini, ai fini della determinazione del compendio unico è necessario preliminarmente verificare se la singola Regione o Provincia autonoma ha deliberato in merito e solamente in caso di esito negativo si avrà riguardo a quanto previsto dal comma 5-bis richiamato.
Stante il dato letterale della norma, si potrebbe ricondurre il concetto di compendio unico a quello previsto dall’articolo 846, cod. civ., ai sensi del quale “S’intende per minima unità colturale la estensione di terreno necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola e, se non si tratta di terreno appoderato, per esercitare una conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria”.
Tuttavia, la recente ordinanza n. 20961/2022 ricorda che la “minima unità culturale” di cui all’articolo 846 cod. civ. (oggi abrogato), faceva riferimento alle necessità della famiglia coltivatrice diretta, e alla conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria, al contrario, il compendio unico ha inteso dare rilievo all’aspetto produttivo dell’azienda agricola, stabilendo condizioni per il conseguimento di agevolazioni fiscali allo scopo di garantire un minimo di redditività (in senso conforme anche la precedente sentenza n. 15562/2014).