23 Marzo 2018

Digital Tax: arriva la proposta della Commissione Europea – I° parte

di Gian Luca Nieddu
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Il 21 marzo scorso, la Commissione Europea ha proposto nuove norme per garantire che le attività delle imprese digitali siano tassate in modo equo e favorevole alla crescita nell’Unione Europea.

Dopo le singole iniziative di alcuni Paesi dell’Unione implementate negli ultimi mesi (tra cui ad esempio Italia e Ungheria), con queste misure l’UE cerca dunque di tracciare le direttrici in ambito internazionale per la elaborazione di norme fiscali specificamente disegnate sulle caratteristiche della economia moderna in un’era digitale.

In proposito è opportuno ricordare come la UE abbia fatto dello sviluppo dell’economia digitale uno dei suoi maggiori argomenti di attenzione alla luce del rilevante contributo alla crescita economica che essa è e sarà in grado di dare. Al contempo, come peraltro ben evidenziato anche nei lavori condotti a partire dal 2013 nell’alveo del Progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) dell’OCSE, questo tipo di economia ha anche creato un’importante “distorsione fiscale”: sulla base dei dati rilevati, l’effettiva aliquota fiscale per le aziende digitali – come società di social media, piattaforme di scambio e fornitori di contenuti online – è circa la metà di quella delle aziende tradizionali – e spesso molto meno.

Più precisamente, l’UE ha rilevato che, in media, le imprese digitalizzate subiscono una tassazione effettiva equivalente al 9,5%, rispetto al 23,2% a carico invece dei modelli di business tradizionali. Ciò deriva dal fatto che le normative fiscali attuali non sono state elaborate per queste tipologie di imprese, che sono globali, virtuali o caratterizzate da una presenza fisica minima o inesistente. Il cambiamento nello scenario economico è stato radicale: attualmente 9 delle 20 società più importanti al mondo per capitalizzazione di mercato sono digitali, rispetto a 1 su 20 di dieci anni fa.

Allo stesso tempo, gli Stati Membri dell’UE sono sottoposti a una maggiore pressione politica per garantire che tutte le imprese, sia digitali che tradizionali, contribuiscano equamente al gettito fiscale in proporzione al valore generato: esiste infatti un rischio reale per le entrate fiscali degli Stati Membri qualora i profitti realizzati dalle società digitali non riuscissero ad essere attratti a tassazione.

Per tale motivo, come sopra accennato, già nel settembre 2017, i ministri delle finanze dell’UE – dietro la spinta di Italia, Germania, Francia e Spagna – hanno chiesto una soluzione comune per affrontare le sfide della tassazione digitale. Subito dopo, anche il Parlamento europeo ha chiesto un’azione rapida e ambiziosa sulla tassazione digitale.

Pertanto, la tassazione dell’economia digitale è rapidamente divenuta una parte fondamentale del programma di equità fiscale della Commissione, la quale si è impegnata ad esaminare le opzioni per la tassazione digitale al fine di sviluppare un approccio comune a livello UE.

Alcuni Stati Membri hanno iniziato a cercare soluzioni unilaterali per tassare le attività digitali: tuttavia, in considerazione delle peculiarità del business digitale e delle sue modalità concrete di svolgimento, diviene alto il rischio di criticità operative sia sotto il profilo giuridico che sotto quello fiscale (special modo con riferimento a potenziali fenomeni di doppia tassazione a carico delle imprese multinazionali).

Di conseguenza, un approccio coordinato è l’unico modo per garantire che l’economia digitale sia tassata in modo equo, sostenibile e favorevole alla crescita.

In questo contesto, la Commissione Europea ha presentato due distinte proposte legislative:

  • la prima iniziativa è intesa a riformare le norme in materia di imposta sulle società, in modo che gli utili siano registrati e tassati nel luogo in cui le imprese hanno un’interazione significativa con gli utenti attraverso i canali digitali. Si tratta della soluzione a lungo termine preferita dalla Commissione;
  • la seconda proposta risponde alle richieste di numerosi Stati Membri di istituire un’imposta temporaneada prelevare sulle principali attività digitali, che al momento sfuggono a qualsiasi tipo di imposizione nell’UE.
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