24 Marzo 2018

Digital Tax: arriva la proposta della Commissione Europea – II° parte

di Gian Luca Nieddu
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Come evidenziato nell’articolo pubblicato ieri, lo scorso 21 marzo la Commissione Europea ha avanzato due proposte per garantire l’equa tassazione delle imprese digitali.

Concentrando quindi l’esame sulle caratteristiche della prima iniziativa (i.e., riforma comune delle norme UE in materia di imposta sulle società per le attività digitali), si osserva come questa proposta consentirebbe agli Stati Membri di tassare gli utili generati sul loro territorio, anche nel caso in cui una società non vi abbia una presenza fisica.

Con le nuove norme, le imprese online contribuirebbero alle finanze pubbliche allo stesso livello delle imprese tradizionali.

Una piattaforma digitale sarà considerata una “presenza digitaleimponibile o una stabile organizzazione virtuale in uno Stato membro se soddisfa uno dei seguenti criteri:

  • supera una soglia di 7 milioni di euro di ricavi annuali in uno Stato Membro;
  • ha più di 100.000 utenti in uno Stato Membro in un esercizio fiscale;
  • oltre 3.000 contratti commerciali per servizi digitali sono conclusi tra l’impresa e utenti aziendali in un esercizio fiscale.

Le nuove norme cambieranno le regole per l’attribuzione degli utili agli Stati Membri: il nuovo sistema è volto a garantire un legame effettivo tra il luogo in cui gli utili sono realizzati e quello in cui sono tassati.

La misura potrebbe essere successivamente integrata nel campo di applicazione della base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (Common Consolidated Corporate Tax Base), l’iniziativa che la Commissione ha già proposto per ripartire gli utili dei grandi gruppi multinazionali in un modo che tenga maggiormente conto del luogo in cui il valore è creato.

 

La seconda proposta (i.e., una imposta temporanea su determinati ricavi di attività digitali), garantirebbe che le attività attualmente non tassate inizino a generare un gettito immediato per gli Stati Membri. Essa contribuirebbe anche ad evitare che alcuni Stati dell’Unione si spingano ad adottare misure unilaterali per tassare le attività digitali, il che potrebbe condurre a una molteplicità di risposte nazionali, sicuramente dannosa (o comunque non favorevole) al rafforzamento del mercato unico.

A differenza della prima proposta, questa seconda iniziativa andrebbe così ad applicarsi ai ricavi generati da determinate attività digitali che sfuggono completamente al sistema fiscale attuale. Tale impianto si applicherà solo a titolo temporaneo, fino all’attuazione di una riforma globale integrata da meccanismi che limitino la possibilità della doppia imposizione.

L’imposta si applicherà ai ricavi ottenuti dalle attività in cui gli utenti svolgono un ruolo fondamentale nella creazione di valore e che sono i più difficili da quantificare con le norme fiscali attuali, come ad esempio i ricavi:

  • generati dalla vendita di spazi pubblicitari online;
  • generati da attività di intermediazione digitale che permettono agli utenti di interagire con altri utenti e che possono facilitare la vendita di beni e servizi tra di essi;
  • ottenuti dalla vendita di dati generati da informazioni fornite dagli utenti.

E’ inoltre previsto che l’imposta venga riscossa dagli Stati Membri in cui si trovano gli utenti e si applicherà solo alle imprese con ricavi annui complessivi a livello mondiale di 750 milioni di Euro e ricavi nell’UE di 50 milioni di Euro.

Questo contribuirà a far sì che le start-up e le scale-up più piccole siano esonerate dall’imposta. Secondo le stime, se sarà applicata a un’aliquota del 3%, l’imposta potrà generare entrate per gli Stati Membri dell’ordine di 5 miliardi di Euro all’anno.

 

Prossime tappe

Le proposte legislative sopra illustrate saranno presentate al Consiglio per l’adozione e al Parlamento europeo per consultazione. In considerazione dell’alto valore strategico di questa iniziativa, nelle intenzioni dell’UE, vi è sicuramente la volontà – da un lato – di portare a compimento questo processo di evoluzione delle disposizioni fiscali comunitarie e – dall’altro – di continuare il dibattito mondiale sulla tassazione dell’economia digitale nell’ambito del G20 e dell’OCSE per sollecitare soluzioni internazionali che possano garantire adeguati livelli di tassazione e – al contempo – un positivo operare dei players della digital economy.

In questo contesto internazionale in continua evoluzione, i singoli Stati Membri – come l’Italia – dovranno quindi valutare attentamente la compatibilità delle proprie normative interne con quelle oggi in discussione in sede europea al fine di considerare modifiche ed integrazioni, sempre in un’ottica positiva di incentivazione allo sviluppo del business e dell’occupazione.

 

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