Dimmi che scarpa hai e ti dirò chi sei
di Luigi CanaleL’abito non fa il monaco”, scusate ma io non la penso così e il dissenso aumenta quando si parla di scarpe.
Forrest Gump quando diceva che dalle scarpe di una persona si capiscono tante cose, dove va, cosa fa e dove è stata.
Robert Redford di “A piedi nudi nel parco” splendida trasposizione cinematografica di
Gene Saks dell’omonima commedia teatrale di
Neil
Simon.
bottier e
cordonnier, perché se il primo, il cui nome deriva da
botte che vuol dire
stivale, si riteneva lo stilista per eccellenza, il creatore inarrivabile, il secondo, il cui nome in questo caso deriva da
cordonne che vuol dire
guardiolo, aveva il più “umile” compito di riparare le scarpe.
aristocrazia iniziò a pensare che “
una scarpa su misura è per sempre” con la conseguenza che i bottier, per evitare che i loro clienti si rivolgessero in tutto e per tutto ai cordonnier, iniziarono a curare il post vendita.
bootmaker, leggasi a titolo di mero esempio
John Lobb.
stili che caratterizzano la calzatura del gentlemen moderno, del monsieur del III millennio.
british style che è sinonimo non soltanto di calzature ma anche di un
modo
di
essere e
di
vivere
la vita.
scultura e di
rigore e predilige la
lavorazione
goodyear di cui parleremo in altra occasione quando approfondiremo le differenti tecniche di lavorazione delle scarpe. I suoi
pellami sono
spessi, con
fodere in
vitello e
suole
massicce perché bisogna affrontare i climi freddi e piovosi.
stile inglese è sinonimo di una nazione e di un’unità che si ricompatta in nome della Regina, quello
italiano si caratterizza per una regionalità che non riusciamo a toglierci di dosso. Ecco che allora abbiamo lo stile
milanese, quello
bolognese e, immancabilmente quello
romano.
stile
francese, fatto di slancio,
fantasia e
pittura, come se la scarpa fosse una tela da riempire.
modello di scarpa che si caratterizza per le modalità di allacciatura previste.
derby si connota per avere i gambetti cuciti sopra la tomaia. Le inevitabili sovrapposizioni dei pellami fanno sì che questo modello sia sportivo e fresco.
francesina, che nella realtà è conosciuta come
Richelieu o
oxford, si caratterizza per avere la tomaia che copre e blocca i gambetti di modo che, a differenza della derby che si apre completamente tant’è vero che gli inglesi la chiamano anche
open lacing, le alette si aprono solo parzialmente.
norvegesi che si caratterizzano per la loro cucitura a
forma di
Y i cui bracci disegnano la vaschetta e la cui gamba taglia la punta a metà. Lo sviluppo e il successo della norvegese è testimoniato dalla presenza di ben 3 modelli diversi:
- quello americano in cui la vaschetta arriva quasi al bordo e la cucitura non è troppo gonfia;
- quello all’italiana con una vaschetta a ritroso che dona importanza alla puta e
- quella all’inglese, il giusto mix tra le prime due.
loafer che si caratterizza per l’assenza dei lacci a chiusura. Su tutti svettano i
tassel loafer con le nappine e i
penny loafer con la traversina sotto la linguetta e la vaschetta separata dalla tomaia.