“Dirigenti illegittimi”: per la C.T.P. di Caserta gli atti sono nulli
di Giancarlo FalcoSono sempre più numerose le pronunce dei giudici di merito relative alla ormai nota questione dei cosiddetti “dirigenti illegittimi”.
Ultima in ordine di tempo è la Sentenza n. 5851/02/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, sezione 2, in cui i giudici hanno ritenuto fondata la censura del ricorrente in merito alla carenza del potere di firma dirigenziale del sottoscrittore dell’avviso impugnato e, di conseguenza, hanno annullato l’avviso di accertamento in contestazione, “ai sensi e per gli effetti dell’art. 42 primo e terzo comma DPR n. 600/73, perché discrezionale e non vincolato”.
Molti sono gli spunti interessanti della Sentenza, per i giudici casertani infatti “se un non dirigente firma un avviso di accertamento, lo stesso è nullo e non vale il riferimento all’ufficio di appartenenza, che si applica nella diversa ipotesi di firma illeggibile, ipotesi totalmente diversa da quella in oggetto”.
Interessante è anche la posizione sulla questione del cosiddetto “funzionario di fatto”: sul punto, infatti, i giudici hanno ritenuto che non si potesse invocare tale questione in quanto applicabile esclusivamente “quando gli atti adottati dal funzionario sono favorevoli ai terzi destinatari, ma non certo quando gli atti sono sfavorevoli al contribuente (Consiglio di stato sent. n. 6/93, n. 853/99).
E in ogni caso, quando il contribuente eccepisce la violazione del citato art. 42, l’onere della prova spetta sempre all’Agenzia delle entrate, che deve contrastare le censure di parte con prove documentali valide ed appropriate (Cass. Sent. n. 14942/12)” .
Nuovo round a favore del contribuente, dunque, in attesa che si faccia una definitiva chiarezza sulla questione nata come conseguenza della Sentenza del 17 marzo 2015, n. 37, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato – con efficacia ex tunc per tutti i rapporti non precedentemente definiti – l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del D.L. n. 16 del 2012, rendendo, di fatto, inapplicabile, ad un ente pubblico non economico, il conferimento di incarichi dirigenziali a persone di stretta fiducia a mezzo di insondabili cooptazioni, e non a seguito di trasparente concorso pubblico.
Secondo quanto in essa riportato, “nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di un’amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio. Anche il passaggio ad una fascia funzionale comporta l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso (C. Cost. sent. n. 194/2002, n. 293/2009, n. 150/2010, n. 7/2011 e 217/2012)”.
Ne risulterebbe, per conseguenza, che è viziato da nullità assoluta e insanabile, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio, l’atto sostanziale o processuale sottoscritto da un funzionario dell’Agenzia delle entrate dichiarato decaduto dagli incarichi dirigenziali e, per l’effetto, deve essere dichiarato nullo con efficacia ex tunc per totale difetto di attribuzione di potere (C.T.R. Milano, n. 2184/13/15).
D’altronde, come pure recentemente sancito dalla C.T.R. Milano nella sentenza n. 2842/01/15, “l’avviso di accertamento firmato da un dirigente decaduto è affetto da nullità assoluta. Si versa nell’ipotesi di straripamento di potere, atteso che l’atto è stato sottoscritto da soggetto divenuto usurpatore di funzioni pubbliche per sopravvenuto, retroattivo difetto assoluto di attribuzione”.
La citata sentenza della C.T.R. di Milano, inoltre, ha chiarito che lo stesso discorso vale anche nel caso di atto firmato da un soggetto delegato non appartenente alla carriera direttiva.
In particolare: “In caso di sottoscrizione per delega, il requisito della qualifica dirigenziale deve sussistere sia in capo al delegante (direttore) che in capo al delegato, firmatario dell’atto, il quale deve necessariamente essere un «impiegato della carriera direttiva», ovvero un dirigente vincitore di regolare concorso pubblico. Il pregiudizio che un tale vizio arreca al contribuente è ravvisabile nel fatto che l’atto impositivo non sia in concreto riferibile al rappresentante organico dell’ente cui è attribuito il potere impositivo, poiché tale rappresentanza deve ricondursi necessariamente alla figura di un dirigente”.