Diritto al contradditorio non generalizzato per tributi non armonizzati
di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariCome noto, il “diritto” al contraddittorio non risulta possedere una disciplina delineata con precisione ed univocità. Tale affermazione si ritiene avvalorata soprattutto dopo aver analizzato la recente sentenza della Cassazione 24823/2015, nella quale si rende palese il convincimento che allo stato attuale della legislazione non sussiste, nell’ordinamento tributario nazionale, una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale. La vicenda, dalla quale scaturiscono codeste significative considerazioni, ha inizio con la notifica di un accertamento a una società relativo a IRPEG, IRAP ed IVA per l’annualità 2003. Il motivo che ha portato l’Agenzia delle entrate a proporre ricorso deriva dal fatto che la CTR avesse rilevato l’illegittimità dell’avviso con disposizione di integrale annullamento per violazione del comma 7 dell’articolo 12 della L. 212/2000. Si noti che il medesimo prevede: “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Punto centrale della controversia risulta essere quindi la valutazione sulla corretta applicazione delle disposizioni del comma sopra citato in tema di contradditorio, ovverosia se esso vada applicato solamente agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali, oppure se, considerata la sua eventuale natura generale, possa invece riferirsi anche agli accertamenti conseguenti ad ogni altro tipo di verifica fiscale. Data la consistenza dei motivi addotti, si ritiene opportuno fornire i concetti essenziali e utili per comprendere le conclusioni e la decisione presa, prendendo quindi subito a riferimento quanto stabilito in ordine alla normativa nazionale. La pronuncia infatti sostiene che:
- la previsione della L. 212/2000, articolo 12, comma 7, non è fonte di un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a carico dell’Amministrazione fiscale;
- non esiste la presenza di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale che in campo tributario possa essere riferita a norme ordinarie dell’ordinamento nazionale diverse da quella di cui al comma 7, dell’articolo 12, L. 212/2000;
- non si rinviene alcuna disposizione espressa che sancisca in via generale l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, ma si rinvengono invece una pluralità di disposizioni;
- l’esistenza di un generalizzato obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario non può essere direttamente ancorato agli artt. 24 e 97 Cost..
Data la mancanza di norme di riferimento viene quindi esclusa l’esistenza di un principio generale che obblighi l’Amministrazione finanziaria ad attivare il contraddittorio endoprocedimentale ogni volta che il contribuente sia soggetto a provvedimenti lesivi dei suoi diritti e dei suoi interessi.
Significativa è la successiva trattazione del confronto tra la normativa europea e la normativa nazionale, le quali appunto non coincidono e tra le quali si interpone la regolamentazione della disciplina dei tributi c.d. “non armonizzati” (diretti), estranei alla sfera di competenza del diritto dell’Unione europea, e di quelli rientranti nella suddetta sfera ovvero quelli c.d. “armonizzati” (IVA).
Nel caso di tributi “non armonizzati” il contradditorio endoprocedimentale viene attivato solamente nella circostanza in cui sia specificatamente sancito, mentre nel caso di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, a condizione che il contribuente assolva l’onere di enunciare in giudizio le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato.
Pertanto, nel caso di specie, l’accertamento che si riferisce a IRPEG e IRAP risulta legittimo, in quanto non sussiste nessun obbligo di contradditorio endoprocedimentale in capo all’Amministrazione finanziaria, e risulta legittimo pure l’accertamento ai fini IVA data la mancanza di assolvimento, da parte del contribuente, dell’onere di specifica enunciazione delle ragioni che avrebbe potuto far valere in sede di procedimento amministrativo.