Disapplicazione dell’equity test nel riporto delle perdite nella fusione
di Fabio LanduzziCon tre recenti risposte a diverse istanze di interpello (rispettivamente le n. 93, 109 e 127), l’Agenzia delle Entrate ha consentito alla società istante di disapplicare il limite del patrimonio netto disposto nell’ambito della fusione societaria dall’articolo 172, comma 7, Tuir, in tema di riporto delle perdite fiscali, delle eccedenze di interessi passivi non dedotti ex articolo 96 Tuir e delle eccedenze Ace, in presenza del mancato superamento del c.d. Equity test da parte della società che deteneva i suddetti “assets fiscali”.
Dalla lettura delle citate risposte è possibile trarre alcune utili indicazioni con riguardo ai connotati che inducono l’Amministrazione ad esprimersi in senso favorevole alla disapplicazione del limite del patrimonio netto in simili fattispecie, premiando la fisiologicità dell’operazione di fusione, non intravvedendo nel suo compimento la realizzazione di alcun intento elusivo di c.d. compensazione intersoggettiva degli assets fiscali oggetto del riporto.
In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate rammenta che – come puntualizzato già in occasione della risoluzione 54/E/2011 – con riguardo all’aspetto temporale “l’ultimo bilancio” il cui patrimonio netto deve costituire il limite di riferimento ai fini che qui interessano (o, se inferiore, il patrimonio risultante dalla situazione patrimoniale di fusione ex articolo 2501-quater cod. civ.) è quello dell’esercizio chiuso prima della data di efficacia civilistica della fusione, ancorché detto bilancio non risulti ancora approvato a tale data.
Il relativo patrimonio netto deve essere poi diminuito dei versamenti effettuati dai soci negli ultimi 24 mesi.
Ciò premesso, un primo aspetto degno di essere evidenziato è il richiamo alla ratio del limite del patrimonio netto disposto dall’articolo 172, comma 7, Tuir; esso esprime, secondo la volontà del Legislatore che si legge nella Relazione governativa all’allora articolo 123, comma 5, Tuir (oggi, l’articolo 172, comma 7, Tuir), la necessità di “attuare una soluzione equilibrata che pur mantenendo fermo il diritto del riporto delle perdite, eviti che per mezzo della fusione si trasmettano deduzioni del tutto sproporzionate alle consistenze patrimoniali delle società fuse o incorporate”.
Così contestualizzata la ratio dell’Equity test, vediamo allora quali sono gli indici di meritevolezza della sua disapplicazione che si possono trarre dalla prassi dell’Amministrazione Finanziaria qui in commento:
- in via del tutto generale, si premia il fatto che la società che detiene gli assets fiscali e che non supera l’Equity test non sia qualificabile come “società priva di capacità produttiva”,
- ai fini della positiva valutazione anzidetta, rilevano in modo particolare “l’evidenza di una costante presenza [n.d.r. della società] sul territorio” e il sostenimento di “adeguati costi del personale e di ricavi derivanti dalla gestione caratteristica”; ulteriore indice premiale menzionato è rappresentato dal fatto che “il numero dei dipendenti è costantemente aumentato”,
- un elemento comune alle risposte qui in commento è rappresentato dal fatto che il valore del patrimonio netto della società è assai superiore a quello degli assets fiscali di cui si domanda il riporto; tale valore di mercato del patrimonio netto è stato misurato, in un caso, sulla base dell’applicazione dell’Ifrs 3 alla rappresentazione contabile dell’operazione di fusione e, in un altro caso, dal prezzo pagato dall’acquirente terzo per la partecipazione rappresentativa del capitale della società stessa,
- ulteriore fattore evidenziato, con particolare riferimento al riporto delle eccedenze di interessi passivi ex articolo 96 Tuir, è rappresentato dal fatto che non si riscontra nei casi in esame la possibilità che attraverso la fusione si realizzi una compensazione intersoggettiva di tali componenti negativi, in quanto le altre società partecipanti alla fusione non presentano Rol,
- con riguardo infine alla disapplicazione della sterilizzazione dei versamenti effettati dai soci negli ultimi 24 mesi, in un caso (risposta all’istanza di interpello n. 109) viene sottolineato che si può escludere che essi siano stati artatamente volti ad incrementare il patrimonio netto della società ai soli fini dei riflessi fiscali, tenuto conto che, nel caso di specie, la loro effettuazione era resa obbligatoria dal ricorrere delle condizioni di cui agli articoli 2446 e 2447 cod. civ.,
- infine, un particolare occhio di riguardo viene posto sulla genesi delle perdite fiscali, sulla loro “eccezionalità” – da leggersi ovviamente con l’obiettivo di contrasto del commercio di c.d. “bare fiscali” a cui mira la disposizione in questione – e sul fatto che le operazioni che accompagnano la fusione stessa siano preordinate ad un miglioramento della situazione di redditività delle imprese (ad es.: estinzione dei finanziamenti), così che si possa escludere che ne sia pregiudicata l’operatività dell’impresa.