Disciplina della “soccida vegetale”
di Luigi ScappiniAi sensi dell’articolo 26, Tuir, i redditi fondiari concorrono, a prescindere dalla loro effettiva percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale; tuttavia, sono previste alcune deroghe a questa regola generale che si applica sia per il reddito dominicale sia per il reddito agrario.
Infatti, per effetto della natura stessa del reddito agrario, consistente “nella parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso”, lo stesso in determinate circostanze non è imputato al proprietario del fondo, bensì a chi di fatto esercita un’attività agricola su di esso.
Inoltre, l’articolo 1, comma 176, L. 244/2007 (c.d. Finanziaria per il 2008) ha introdotto, nell’alveo dell’articolo 33, Tuir, il comma 2-bis, disciplinando, da un punto di vista fiscale, la c.d. “soccida vegetale”, ovverosia il contratto con il quale è prevista la coltivazione di piante su commissione.
La “soccida vegetale” non deve essere assimilata a un contratto di associazione, in quanto non vi è una condivisione del rischio di impresa e, soprattutto, il fine non è quello di dividere gli accrescimenti che derivano dall’esercizio dell’attività.
Al contrario, tale forma contrattuale deve essere assimilata a un contratto di opera o di appalto in cui previsto che un soggetto (il committente) consegna ad altro soggetto semi, piante o talee, con il fine di eseguire il ciclo biologico o una parte essenziale dello stesso, utilizzando i propri terreni. Al termine di tale fase, i vegetali verranno restituiti al committente che ne è sempre stato il legittimo proprietario.
Ai fini dell’esecuzione del ciclo biologico (o di una fase necessaria dello stesso), il prestatore si potrà avvalere anche di attrezzatura non nella sua disponibilità attraverso, ad esempio, un contratto di comodato con il committente.
Per quanto attiene agli aspetti fiscali, come detto, a decorrere dal 2008, si rende applicabile il comma 2-bis, dell’articolo 33, Tuir, ai sensi del quale “sono considerate produttive di reddito agrario anche le attività di coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi svolte nei limiti di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b.”.
In alti termini, viene riconosciuta una tassazione su base catastale a quella che di fatto rappresenta una prestazione di servizi.
Sul punto, è intervenuta l’Agenzia delle entrate che, con la circolare n. 12/E/2008, ha avuto modo di precisare che la “soccida vegetale” non si deve considerare quale attività connessa, ai sensi dell’articolo 2135, cod. civ., con la conseguenza che la stessa può svolgersi da parte dell’imprenditore agricolo sia in via esclusiva che parallelamente ad altre attività agricole. Inoltre, non è richiesto che al momento della stipula del contratto il prestatore rivesta la qualifica di imprenditore agricolo, diventandolo in corso di prestazione e rispettando, ovviamente, i requisiti richiesti.
Posto che l’attività non è riconducibile a un’attività connessa, ne deriva che non si dovranno rispettare i parametri di connessione richiesti sia da un punto di vista civilistico sia fiscale, individuati dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 44/E/2004.
Tuttavia, per poter azionare la regola del comma 2-bis, sarà comunque necessario rispettare i limiti imposti dall’articolo 32, comma 2, lettera b), Tuir, e quindi, nel caso di utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, si produrrà un reddito agrario solamente se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste. Nel caso in cui la produzione fosse maggiore si potrà applicare, per determinare l’eccedenza di reddito, quanto previsto dall’articolo 56-bis, comma 1, Tuir; norma che, per effetto della Riforma fiscale, si renderà applicabile a tutti i soggetti, a prescindere dalla forma giuridica adottata (attualmente il regime è riservato, per espressa previsione di legge, a ditte individuali, società semplici ed enti non commerciali).
Per quanto concerne la figura del committente, esso potrà essere alternativamente un imprenditore agricolo come un imprenditore commerciale. Resta inteso che nel primo caso, da un punto di vista fiscale, in assenza di un ulteriore fase del ciclo biologico o di una manipolazione, la successiva vendita sarà produttiva di un reddito di impresa.
Da un punto di vista Iva, non essendoci una vendita dei vegetali coltivati, che sono sempre di proprietà del committente, si dovrà obbligatoriamente applicare la disciplina prevista dall’articolo 34-bis, D.P.R. 633/1972, prevista per le prestazioni di servizi.
In tal senso, sempre la circolare n. 12/E/2008, in cui si afferma che “in caso di coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi si è in presenza di servizi aventi particolari complessità, che realizzano intere fasi del ciclo biologico e non singole operazioni tecniche, realizzati utilizzando prevalentemente attrezzature di pertinenza dell’azienda agricola da ricondursi, quindi, al trattamento fiscale di cui al regime particolare di detrazione dell’articolo 34-bis del DPR n. 633 del 1972.”.