24 Settembre 2020

Disciplina Iva delle ristrutturazioni con ampliamento

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Con la risposta all’istanza di interpello n. 390, pubblicata ieri, 23.09.2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito risposta ad un quesito che verteva sul regime Iva di lavori di ristrutturazione con ampliamento di un edificio destinato a centro di ricerca, ed ubicato in area portuale.

Il quesito ha ad oggetto il trattamento relativo alle spese di ristrutturazione, alle spese di ampliamento, e verosimilmente solo con riferimento alle stesse ci si chiedeva se potessero usufruire dell’aliquota ridotta del 10%, in quanto opere di urbanizzazione, o, addirittura, della non imponibilità ai sensi dell’articolo 9, numero 6.

Quanto all’applicazione della non imponibilità ai sensi dell’articolo 9, la stessa viene bocciata, in quanto la stessa si riferisce solo ai servizi che sono sì prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine, ma che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto.

Dalla sintesi del quesito appare che l’istante, in caso di rigetto della richiesta di applicazione della non imponibilità, riteneva applicabile l’aliquota del 10% ai sensi del numero 127-quaterdecies, il quale agevola le prestazioni di servizi dipendenti da contratto di appalto relative a lavori di restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica; tuttavia, non si capisce se l’istante ritenesse applicabile tale aliquota a tutto il corrispettivo o solo a quello relativo alla ristrutturazione dell’esistente.

L’Agenzia precisa, in primo luogo, che non trova applicazione l’aliquota ridotta del 10% prevista dai numeri 127-quinquies e 127-septies (cosa apparentemente non chiesta), in quanto tali agevolazioni si applicano solo per gli interventi relativi a nuovi edifici e non alle ristrutturazioni.

Quanto all’applicazione dell’aliquota del 10% prevista dal numero 127-quaterdecies, relativamente ad un intervento di “ristrutturazione con ampliamento” l’Agenzia risponde che la stessa può trovare applicazione, solo se l’intervento si qualifica da un punto di vista urbanistico come “ristrutturazione”.

La risposta è una contraddizione in termini, posto che, dal punto di vista urbanistico, i due interventi sono formalmente e sostanzialmente differenti.

Infatti, chiedendo contestualmente ad una ristrutturazione anche la possibilità di ampliare l’edificio, si devono rispettare tutte le prescrizioni del PRG vigente in quel momento, pagare gli oneri di urbanizzazione ecc., cose non previste invece in un intervento di sola ristrutturazione.

Stante quindi il fatto che l’Agenzia non ha di fatto risposto al quesito, proviamo a fare una sintesi dei vecchi pronunciamenti riguardanti tali interventi.

In primo luogo si deve sottolineare che l’ampliamento è considerato una nuova parziale costruzione (da ultimo circolare 19/E/2001), ed allo stesso trovano applicazione le aliquote Iva previste per la costruzione del tipo di fabbricato che si sta ampliando.

In sostanza, se si amplia una prima casa, l’aliquota applicabile è quella del 4%, se è un fabbricato strumentale o una abitazione di lusso l’aliquota è quella ordinaria, se ad essere ampliato è una opera di urbanizzazione, l’aliquota ridotta è quella del 10%.

Le prestazioni di servizi relative ad interventi di recupero “pesanti”, (restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica), sono assoggettate ad aliquota del 10% indipendentemente dal tipo di fabbricato sul quale vengono eseguiti gli interventi.

Qualche complicazione può sorgere quando si effettuano contestualmente interventi di ristrutturazione ed ampliamento.

Quando la ristrutturazione con ampliamento viene effettuata previa demolizione del fabbricato esistente, l’operazione, sia dal punto di vista urbanistico che fiscale si qualifica come una nuova costruzione, con la conseguenza che all’intero lavoro deve essere applicata l’aliquota Iva prevista per il tipo di fabbricato sul quale si stanno effettuando i lavori.

Quando invece non si provvede alla previa demolizione della struttura esistente, si sta ponendo in essere, contestualmente, un lavoro di ristrutturazione, ed un lavoro di nuova costruzione, e la disciplina fiscale applicabile a tale intervento era già stata individuata dalla circolare 223/1996.

In tale intervento di prassi, il Ministero delle Finanze precisò che – stante l’unicità del contratto di appalto e del corrispettivo pattuito – doveva trovare applicazione l’aliquota più elevata tra quelle previste (nel caso di specie quella ordinaria di ampliamento del fabbricato strumentale).

Da allora, si è sempre ritenuto, forti anche delle interpretazioni fornite riguardo alle detrazioni Irpef per recupero edilizio e risparmio energetico, che fosse possibile scorporare i corrispettivi relativi ai lavori di ristrutturazione dell’esistente (ed assoggettarli ad aliquota del 10%), rispetto a quelli relativi alla costruzione delle nuove volumetrie, da assoggettare all’aliquota propria dell’edificio che si va ad ampliare.

Tuttavia, da allora, nessun chiarimento di prassi confermò espressamente la possibilità di scorporo dei corrispettivi (negata invece con riferimento ad altre fattispecie), ma la giurisprudenza comunitaria ha chiarito che, al di fuori dei casi in cui una operazione si configuri accessoria ad un’altra, o di artificiosa scomposizione di una unica prestazione, ogni operazione va assoggettata al regime Iva suo proprio, ed anche qualora due operazioni distinte siano state fatturate chiedendo un unico corrispettivo, sarà necessario determinare i prezzi delle singole operazioni applicando il più semplice metodo di calcolo, per poi applicare a ciascuna operazione il regime Iva suo proprio (sentenza C-349/96).

Per dovere di cronaca, si segnala tuttavia che una recente Cassazione ha ritenuto non scorporabile il corrispettivo di vendita di singole unità immobiliari (alcune con aliquota ridotta, altre con aliquota ordinaria), in quanto doveva essere assoggettato al regime più oneroso la cessione dell’intero complesso immobiliare.

Continuando ad operare come finora si è sempre fatto, emerge che, nel caso di una ristrutturazione con ampliamento vi saranno sempre corrispettivi assoggettati al 10% (ristrutturazione dell’esistente), e corrispettivi che riguarderanno la costruzione delle nuove volumetrie che potranno essere assoggettati al 4% (ad esempio prima casa), 22% (ad esempio fabbricati strumentali) o sempre al 10% (abitazioni non di lusso diverse dalla prima casa o opere di urbanizzazione).

Con riferimento all’ultimo punto, volendo tornare al commento della risposta ad interpello, se oggetto dei lavori di ampliamento è un centro di ricerca, l’Iva al 10% sarebbe applicabile solo qualora siano rispettate le condizioni elencate, ad esempio, nelle risoluzioni 127/1994, 430965/1990 e 501139/1975, ed in particolare che sia svolta attività didattica e possa essere quindi equiparato ad un edificio scolastico.