Il distacco internazionale di personale e il transfer pricing
di Nicola FasanoUno dei temi con cui spesso ci si confronta nell’ambito del distacco internazionale di personale fra società appartenenti allo stesso gruppo è quello, molto delicato, del transfer pricing che inevitabilmente risente dell’intreccio della normativa e della prassi nazionale ed internazionale.
Il distacco di personale configura una prestazione di servizi che, in linea generale, deve soddisfare i principi delineati in sede OCSE per giustificarne l’effettività (e il conseguente riaddebito del relativo costo), fra cui quello del concreto beneficio nel senso che il servizio oggetto di riaddebito deve aver generato un vantaggio inteso a migliorare la posizione economica e commerciale degli altri membri del gruppo e quello della mancata duplicazione del servizio (e del relativo costo) fra capogruppo e controllata.
Ciò detto, dal punto di vista della disciplina interna va sempre tenuto in considerazione il disposto dell’articolo 110, comma 7, Tuir, secondo cui i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che, direttamente o indirettamente controllano l’impresa o ne sono controllate, o che sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa nazionale, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni ricevuti, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir, se ne deriva aumento del reddito.
In base all’articolo 9, comma 3, Tuir, inoltre, per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquistati o prestati, e, in mancanza nel tempo e nel luogo più prossimi.
Ai fini della concreta individuazione del suddetto “valore normale” è necessario rifarsi a una delle metodologie indicate dalla prassi in materia di prezzi di trasferimento. Nel caso di prestazioni di servizi, si è soliti ritenere che qualora non sia applicabile il metodo del confronto dei prezzi (interno ed esterno), la metodologia più appropriata sia quella del c.d. “cost plus mark up”, ovvero dei costi sostenuti per la realizzazione del servizio maggiorati di un congruo margine di ricarico (mark up).
Sennonché, con specifico riferimento al distacco di personale l’applicazione di un mark up è sconsigliata dal punto di vista giuslavoristico interno, nel senso che tale pratica potrebbe far illegittimamente “sconfinare” il distacco nell’ambito della somministrazione del personale, riservata nel nostro ordinamento solo a operatori terzi con determinati requisiti e specializzati nel settore, la cui finalità principale è, per l’appunto, lucrare sul prestito di personale a società terze.
Nell’ambito del distacco internazionale di personale, pertanto, sembra legittimo concludere che trattasi di prestazione di servizi “sui generis” dal punto di vista del transfer pricing nel senso che può prevedere il riaddebito del solo costo del lavoro, senza alcun ricarico.
In ogni caso, è sempre opportuno che, come per gli altri rapporti infragruppo, le società coinvolte nel distacco redigano un “intercompany service agreement”, ossia un accordo con cui società distaccante e società distaccataria specifichino e regolino i rispettivi rapporti derivanti dal distacco di personale. A tale contratto è utile affiancare anche un accordo specifico per quanto riguarda gli aspetti economici del riaddebito dei costi (c.d. “cost sharing agreement”) fra le società del gruppo coinvolte.
Il suddetto supporto documentale, in ogni caso, non può prescindere dalla lettera di distacco fra la società distaccante e il lavoratore distaccato, che rappresenta in sostanza l’integrazione del contratto di lavoro originario, nella quale vengono riepilogate le condizioni lavorative, economiche, previdenziali e fiscali del dipendente inviato all’estero presso la consociata distaccataria estera.
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