L’Istante precisa che le ragioni sottostanti alla dismissione dei titoli “sono assolutamente avulse da motivazioni di natura fiscale, tant’è che i componenti negativi derivanti dal realizzo delle azioni sono la mera conseguenza di una perdita effettiva di valore subita dalla società partecipata non connessa alle distribuzioni di dividendi avvenute nei trentasei mesi precedenti”.
Dette cessioni, infatti, sono state realizzate al fine di salvaguardare l’Istante da maggiori perdite economiche “sulla base di analisi e strategie di carattere finanziario, valutazioni storiche e prospettiche, derivanti dall’analisi dei trend dei mercati finanziari e dagli approfondimenti analitici svolti sugli andamenti dei singoli investimenti”.
L’Istante chiede di poter considerare fiscalmente deducibili le minusvalenze da alienazione anche per l’importo dei dividendi imponibili percepiti nei 36 mesi antecedenti il realizzo.
La disciplina di contrasto del c.d. “dividend washing”
L’articolo 5-quinquies, D.L. 203/2005, ha introdotto, nel Tuir, una normativa volta a contrastare le pratiche di arbitraggio fiscale del c.d. “dividend washing”.
In pratica, il Legislatore ha inteso eliminare il vantaggio fiscale conseguibile dall’acquirente di una partecipazione c.d. “utile compreso”, consistente nell’incasso di un dividendo imponibile solo per il 5% e nella deduzione integrale della minusvalenza realizzata successivamente.
Il meccanismo previsto per neutralizzare questo vantaggio è contenuto nei commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 109, Tuir, secondo il quale si considerano indeducibili, fino a concorrenza dell’importo non imponibile dei dividendi percepiti nei 36 mesi precedenti, il realizzo:
- delle minusvalenze realizzate ex articolo 10, Tuir, su azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni che non possiedono i requisiti per beneficiare della participation exemption (Pex) ex articolo 87, Tuir;
- delle differenze negative tra i ricavi e i relativi costi, derivanti dalla cessione di azioni, quote e strumenti finanziari similari, iscritti nell’attivo circolante.
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria ebbe a precisare (Circolare n. 21/2006) che l’indeducibilità delle minusvalenze (e delle differenze negative) da realizzo opera se:
- la cessione ha ad oggetto titoli partecipativi, posseduti da meno di 36 mesi, che al contempo:
- non rientrino nel regime Pex (essendo, come noto, fiscalmente irrilevante ogni minusvalenza, o differenza negativa, conseguita con riferimento alla cessione di questi ultimi);
- presentino, in ogni caso, i requisiti cd. di natura oggettiva richiesti per l’applicazione del regime Pex, relativi, come noto, alla residenza fiscale della società partecipata ed all’attività da questa esercitata;
- nei 36 mesi precedenti la cessione, il titolo alienato abbia dato luogo alla distribuzione di dividendi. Da ciò deriva che non debbono essere considerati, ai fini dell’individuazione dell’importo dei dividendi da confrontare con le minusvalenze (o le differenze negative tra ricavi e costi), i dividendi relativi a titoli che si qualificano per il regime di Pex, in considerazione del fatto che le eventuali minusvalenze (o differenze negative) scaturenti dalla cessione di tali titoli non potranno mai costituire componenti negativi deducibili all’atto della determinazione dell’imponibile.
Secondo l’Agenzia delle entrate (risposta ad interpello n. 8/2025), il Legislatore ha individuato nei commi 3-bis e 3-ter, dell’articolo 109, Tuir, un meccanismo di sterilizzazione delle minusvalenze su partecipazioni aventi i requisiti oggettivi PEX limitato al valore del dividendo staccato dalle società partecipate nei 36 mesi antecedenti il realizzo stesso, che opera in automatico al verificarsi delle condizioni previste da tali norme.
La disapplicazione della norma antielusiva in commento, prevista dal comma 3-sexies, dell’articolo 109, Tuir, potrà trovare accoglimento nei casi in cui “le partecipazioni non posseggono i requisiti per la pex a causa della mancanza di commercialità della partecipata o della sua residenza in un paradiso fiscale” questo perché, in linea di principio, “se le partecipazioni non rispondono a tali requisiti presso il soggetto che le cede dopo aver incassati i dividendi, è possibile ritenere che le medesime partecipazioni non abbiano fruito (presso il precedente titolare) e non potranno fruire (presso l’acquirente) del regime di participation exemption.
In questi casi, l’indeducibilità, nei limiti dei dividendi esclusi da imposizione, della minusvalenza derivante dal realizzo di tali partecipazioni darebbe luogo a non congrui fenomeni di doppia imposizione” (relazione all’articolo 41, del Disegno di Legge finanziaria per il 2006, richiamata dalla risposta 8/2025).
In conclusione, quindi, l’Amministrazione finanziaria non attribuisce rilevanza alle cause che hanno determinato il prodursi del componente negativo di reddito che ha originato l’applicazione della disciplina in esame e, dunque, ritiene che non sia possibile disapplicare, come chiesto dall’Istante, le disposizioni contenute nell’articolo 109, comma 3-bis e 3-ter, Tuir, con riferimento ai componenti negativi da realizzo dei titoli Beta e Gamma.