24 Maggio 2021

Divieto di compensazione orizzontale in presenza di ruoli scaduti: le sanzioni sono ravvedibili?

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 31, comma 1, D.L. 78/2020 ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2011, un divieto di compensazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, D.Lgs. 241/1997, dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro, e per i quali è scaduto il termine di pagamento, prevedendo una specifica sanzione in caso di violazione del divieto.

Per ciò che riguarda gli aspetti sanzionatori, l’articolo 31, comma 1, D.L. 78/2010 ha previsto che:

  • in caso di inosservanza del divieto di cui al periodo precedente si applica la sanzione del 50 per cento dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato” (secondo periodo);
  • la sanzione non può essere applicata fino al momento in cui sull’iscrizione a ruolo penda contestazione giudiziale o amministrativa e non può essere comunque superiore al 50 per cento di quanto indebitamente compensato” (terzo periodo).

Tale disposizione è interpretata dall’Agenzia delle Entrate nel senso che “la sanzione è misurata sull’intero importo del debito, ma trova un limite nell’ammontare compensato”.

Tale ragionamento è stato esplicitato con degli esempi numerici:

  • esempio n. 1: in presenza di un debito di 25.000 euro e di una compensazione di pari importo, la sanzione sarà di 12.500 euro, ovvero il 50 per cento del debito;
  • esempio n. 2: nel caso di un debito di 25.000 euro e di compensazione pari a 18.000 euro, la sanzione sarà sempre di 12.500 euro (il 50% del debito);
  • esempio n. 3: in presenza di un debito per 70.000 euro e di compensazione per 25.000 euro, la sanzione sarà pari a 25.000 euro (il 50% del debito è pari a 35.000 euro ma il credito compensato è pari ad euro 25.000, pertanto si applica quest’ultimo limite).

Questa impostazione, tuttavia, non sembra tenere conto del disposto del terzo periodo del comma 1 dell’articolo 31 D.L. 78/2010 che individua la misura massima della sanzione irrogabile nel 50% di quanto indebitamente compensato: pertanto il confronto per la determinazione della sanzione in concreto irrogabile dovrebbe essere effettuato tra il 50% dell’importo dei debiti scaduti ed il 50% di quanto indebitamente compensato (sul punto si veda la circolare del CNDEC n. 23/IR del 10.5.2011).

Rielaborando gli esempi proposti dall’Agenzia delle Entrate secondo il combinato disposto dell’articolo 31, comma 1, secondo e terzo periodo, D.L. 78/2010 le sanzioni irrogabili dovrebbero essere le seguenti:

  • esempio n. 1: in questa ipotesi la sanzione di euro 12.500 sarebbe correttamente liquidata;
  • esempio n. 2: in questo caso la sanzione dovrebbe ammontare ad euro 9.000 (il limite massimo sarebbe il 50% del credito indebitamente compensato);
  • esempio n. 3: in questo terzo esempio la sanzione irrogabile dovrebbe essere pari ad euro 12.500 ovvero il 50% dell’importo compensato.

Inoltre, il quarto periodo del comma 1 dell’articolo 31 D.L. 78/2010 prevede l’inapplicabilità immediata delle sanzioni nell’ipotesi in cui via sia una controversia pendente relativamente all’iscrizione a ruolo.

Più nello specifico, la norma prevede la decorrenza dei termini di decadenza e prescrizioni delle sanzioni ex articolo 20 D.Lgs. 472/2020 dalla data di definizione della contestazione.

Si tratta chiaramente di una norma volta a salvaguardare l’interesse dell’Erario e dei contribuenti, infatti:

  • da un lato, in termini di valenza del debito, viene rinviata semplicemente l’applicazione della sanzione ad un momento successivo nel caso di soccombenza del contribuente in sede contenziosa;
  • dall’altro, vengono evitati al contribuente effetti sanzionatori nel caso in cui la controversia si dovesse risolvere a favore dello stesso.

Una tematica particolarmente interessante è quella relativa alla possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso ex articolo 13 D.Lgs. 472/1997 al fine di sanare la violazione del disposto dell’articolo 31, comma 1, D.L. 78/2010.

Sul punto la circolare AdE 13/E/2011 non si pronuncia; tuttavia, non dovrebbe essere preclusa la possibilità di sanare le eventuali violazioni attraverso il ravvedimento operoso poiché esso rappresenta una modalità generalizzata di rimedio alle irregolarità commesse nell’applicazione della legge tributaria.

Un aspetto particolare riguarda la modalità attraverso la quale deve essere applicato l’istituto del ravvedimento operoso.

Più in particolare, non è chiaro se il credito che non poteva essere compensato debba essere riversato contestualmente alle sanzioni (ridotte) e agli interessi oppure se il ravvedimento si perfezioni semplicemente versando la sanzione ridotta.

Gli unici interventi di prassi in materia di ravvedimento operoso riguardano le irregolarità connesse all’utilizzo di crediti fiscali in violazione dell’articolo 34 L. 388/2000 che prevede un limite massimo pari a 700.000 euro, su base annuale, per l’effettuazione delle compensazioni orizzontali. In tali casi l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la rimozione dell’errore tramite la procedura ex articolo 13 D.Lgs 472/1997 debba avvenire riversando il credito compensato oltre soglia.

È di palmare evidenza che questi chiarimenti non possono essere applicati tout court alla disciplina in commento, in quanto l’articolo 34 L. 388/2000 contiene una disposizione con finalità di controllo delle compensazioni mentre la disciplina ex articolo 31, comma 1, D.L. 78/2010 è volta a stimolare il contribuente ad estinguere i debiti fiscali derivanti dalle iscrizioni a ruolo.

Nonostante quanto sopra, è chiaro che la rimozione dell’errore fiscale, quale finalità del ravvedimento operoso, non può che avvenire solo mediante il riversamento del credito indebitamente utilizzato: questa è l’unica modalità che permette di ripristinare la situazione precedente alla trasgressione.

Sul punto, tuttavia, non si può sottacere la posizione di autorevole dottrina che non ritiene necessario il riversamento del credito utilizzato. Secondo tale impostazione la compensazione rimane valida e sono dovute esclusivamente le sanzioni ridotte sulla base della disposizione ex articolo 13 D.Lgs 472/1997.