Divieto di rimborso IVA per le spese sostenute su beni di terzi
di Marco PeiroloIn tema di IVA, il rimborso dell’eccedenza detraibile d’imposta, che l’art. 30, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972 consente al soggetto passivo di richiedere in sede di dichiarazione annuale se di importo superiore a 2.582,28 euro limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, deve avere ad oggetto beni, che, oltre ad essere provvisti del requisito della strumentalità, in quanto destinati ad essere utilizzati nell’attività dell’impresa, e da non essere perciò idonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale siano inseriti, debbono rientrare, in quanto ammortizzabili, tra i beni costituenti immobilizzazioni materiali od immateriali, da identificarsi con i beni di uso durevole la cui vita non si esaurisca nell’arco di un esercizio contabile e dei quali l’imprenditore possa disporre in quanto abbia acquistato la proprietà o un altro diritto reale di godimento ed, in ogni caso, il potere di disporre di essi come proprietario.
Si tratta del principio di diritto espresso dalla sentenza n. 24779 del 4 dicembre 2015, con la quale la Corte di Cassazione è ritornata a pronunciarsi sul rimborso dell’IVA relativa alle spese sostenute su beni di proprietà altrui.
Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale, confermando la decisione di primo grado, ha annullato il provvedimento con il quale l’Ufficio ha negato al contribuente il rimborso dell’IVA assolta sulle spese di costruzione di un complesso turistico su un terreno detenuto in comodato.
I giudici di merito, in particolare, dopo avere constatato che il rimborso è previsto solo per gli acquisti di beni ammortizzabili e che, in difetto dell’individuazione ex lege di questi ai fini IVA, occorre mutuare la relativa nozione dalla disciplina applicabile in materia di imposte dirette, ha conferito rilevanza decisiva alla correlazione fra i beni/servizi acquistati e l’attività esercitata dal soggetto passivo, nel senso che essi devono essere inerenti all’attività dell’impresa, anche se non è richiesta l’utilizzazione immediata. Secondo questa impostazione, in tutti i casi in cui la strumentalità del bene non emerga in modo oggettivo, la sua iscrizione in bilancio tra le immobilizzazioni materiali costituisce un’indicazione precisa dell’imprenditore, tenuto anche conto dell’onere probatorio che, a questo riguardo, incombe sul medesimo.
Nella fattispecie esaminata, l’Amministrazione finanziaria ha negato il rimborso in quanto gli acquisti, operati in funzione della realizzazione del complesso turistico sul terreno di proprietà altrui, non riguardavano beni qualificabili come ammortizzabili, dovendo essere classificati contabilmente tra le altre immobilizzazioni materiali, con la conseguenza che i relativi costi andavano ricondotti alla categoria delle spese incrementative su beni di terzi.
A favore di questa conclusione può richiamarsi la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 179 del 27 dicembre 2005, secondo cui “le opere realizzate su beni altrui vanno contabilizzate tra le immobilizzazioni se si estrinsecano in beni materiali che hanno una loro individualità ed autonoma funzionalità e che, al termine del periodo di uso o comodato, possono essere rimossi dall’usuario o dal comodatario, risultandone possibile l’utilizzo a prescindere dal bene cui accedono. Tali beni possono essere ammortizzati facendo riferimento alle aliquote previste dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988, che disciplina i coefficienti di ammortamento applicabili ai beni materiali strumentali.
Diversamente, le spese incrementative su beni di terzi sono capitalizzabili ed iscrivibili nella voce «altre immobilizzazioni immateriali» qualora le opere realizzate non sono separabili dai beni di terzi cui accedono, ossia non possono avere una loro autonoma funzionalità. Tali spese sono disciplinate, ai fini della deducibilità fiscale, dal terzo comma dell’articolo 108 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) (…), il quale dispone che «le altre spese relative a più esercizi (…) sono deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio»”.
In sostanza, secondo l’Agenzia delle Entrate, “non può essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’IVA assolta sulle spese per la realizzazione, su immobili concessi in uso o comodato, di opere inseparabili dai beni cui accedono. L’opera eseguita, infatti, non è di proprietà del soggetto che l’ha realizzata, giacché in base ai principi civilistici accede ad un immobile di proprietà altrui. Di conseguenza, non può essere iscritta nel bilancio come bene ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata. Tali beni, in quanto non ammortizzabili, non rientrano quindi nella previsione normativa di cui alla lettera c), comma 3, del citato articolo 30”.
Sulla questione, la Suprema Corte ha osservato che l’art. 183 della Direttiva n. 2006/112/CE rimette agli Stati membri l’onere di definire le modalità per mezzo delle quali l’eccedenza detraibile può essere riportata a nuovo o può essere ammessa a rimborso e che, in difetto di una nozione, in materia di IVA, del concetto di bene ammortizzabile, è possibile fare riferimento agli artt. 102 e 103 del T.U.I.R.
La giurisprudenza di legittimità ha ammesso il rimborso dell’IVA sulle spese sostenute dall’affittuario ai fini della realizzazione di un impianto turistico su un terreno altrui, a condizione che i beni acquistati, indipendentemente dalla loro autonoma funzionalità o asportabilità al termine del periodo di locazione, siano effettivamente utilizzati dall’affittuario “in funzione direttamente strumentale nell’esercizio dell’impresa” (Cass., 5 aprile 2013, n. 8389). Tale orientamento, avallato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 9327 del 28 aprile 2014, si riferisce però ad una fattispecie diversa da quella in esame, in quanto gli arresti giurisprudenziali richiamati hanno avuto origine dall’acquisto di beni utilizzati nell’esercizio dell’attività caratteristica; di contro, nel caso risolto dalla sentenza n. 24779/2015, i beni acquistati non sono stati impiegati in via esclusiva nell’attività caratteristica.
Sta di fatto che, ai fini del rimborso IVA, i beni devono essere non solo strumentali, ma anche ammortizzabili, laddove, secondo i giudici di vertice, “strumentalità ed ammortizzabilità non sono concetti coincidenti (…), poiché un bene può essere strumentale senza essere ammortizzabile (è il caso del terreno rispetto all’opificio) e, viceversa può essere ammortizzabile pur non essendo strumentale (è il caso dei fabbricati civili posseduti dall’impresa)”. La restituzione dell’imposta presuppone, pertanto, che “concorrano entrambe le condizioni ovvero che il bene sia utilizzato nel ciclo produttivo, e che soddisfi quindi il requisito della strumentalità; e che si tratti di beni di uso durevole, la cui vita non si esaurisca nell’arco di un esercizio e che, quindi, soddisfino anche il requisito dell’ammortizzabilità”.
Nel caso di specie, i beni acquistati sono destinati ad implementare l’attività d’impresa su un terreno detenuto a titolo di comodato, pur cui gli stessi, pur essendo strumentali, non costituiscono – dal punto di vista contabile – immobilizzazioni (materiali o immateriali) e, dunque, non rientrano tra i beni ammortizzabili ai sensi dell’art. 30, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972.