Documenti producibili il fisco non avvisa delle conseguenze
di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365La Corte di Cassazione, con due recenti sentenze, la n. 24595 depositata il 19.11.2014 e la n. 25334 depositata il 28.11.2014, si è espressa sul delicato tema della produzione di documentazione rilevante ai fini del contenzioso in essere, pur se non consegnata a seguito dell’invito al contraddittorio preventivo, giungendo alla conclusione che al contribuente non può essere impedita detta produzione documentale, soprattutto se in sede di invito non era stata debitamente illustrata la conseguenza di un’eventuale mancata completa risposta.
La tematica è invero assai ricorrente e caratterizza diverse ipotesi di accertamento fiscale. La norma da considerare è attualmente contenuta nel terzo comma dell’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973, a mente del quale le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente e di ciò deve essere data informazione allo stesso contestualmente alla richiesta. Una parziale attenuazione è poi contenuta nel successivo quarto comma, secondo cui si deroga alla rigidità della disposizione se il contribuente, nel produrre ricorso introduttivo, deposita in allegato i documenti evidenziando di non aver potuto adempiere alla richiesta iniziale per causa a lui non imputabile.
Il richiamo di tale disposizione si incontra spesso e volentieri in diverse tipologie di accertamento. Nel passato, ad esempio, è stata largamente utilizzata in sede di invito per il vecchio redditometro, posta a chiusura di un’affermazione generica secondo cui il contribuente avrebbe dovuto produrre qualsiasi documento utile ai fini della prova difensiva. Una simile richiesta generica creava non poco imbarazzo nella linea difensiva, posto che non era assolutamente chiara la comprensione delle conclusioni dell’Ufficio procedente: invero, risposto completamente al questionario in relazione alle richieste dettagliate, rispetto alla contestazione generica il contribuente aveva ben chiaro il “perimetro” del contenzioso solo una volta conosciuta l’eventuale contestazione finale mossagli dall’Ufficio, potendosi solo allora, dunque, adeguatamente difendere. Fortunatamente la Cassazione ha posto rimedio a tali situazioni atipiche, stabilendo con la sentenza n. 22765 del 28.10.2009 che il divieto di successiva produzione di documenti “Esige… in conformità alla lettera della legge, che sussista una specifica richiesta degli agenti accertatori, non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di un qualcosa che non venga richiesto”. Dal che deriviamo il primo assunto: le richieste degli inviti e dei questionari devono essere dettagliate e puntuali, altrimenti, se generiche, non possono comportare gli effetti del richiamato terzo comma dell’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973.
Oggi almeno, in relazione al nuovo redditometro, la problematica è rientrata, posto che anche a livello interpretativo la stessa Amministrazione finanziaria ha chiarito, con la Circolare n. 10/E/2014, che nessuna preclusione opera nei confronti del contribuente che non partecipa al contraddittorio preventivo, esposto solo ad una sanzione di carattere formale. Relativamente ad altri fattispecie, però, gli effetti preclusivi potrebbero ben verificarsi ed allora diventano fondamentali le recenti posizioni della Corte di Cassazione.
I supremi giudici evidenziano con chiarezza che l’inutilizzabilità dei documenti difensivi deroga a principi costituzionali quali il diritto di difesa e la capacità contributiva, con ciò dovendo dunque essere contestata in forza di precise cautele. In particolare, la sanzione dell’inutilizzabilità opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione finanziaria e purché sia accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza. Questa la motivazione di tale assunto: “L’invio del questionario (…) assolve alla funzione di assicurare – in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l’omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione dei dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa. A tal fine, peraltro, è necessario che l’Amministrazione, con l’invio del questionario, fissi un termine per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle stesse, senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale (la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull’amministrazione), sia invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare, come si evince dagli articoli 6 e 10 dello Statuto del Contribuente, l’azione dell’Ufficio”.
Pertanto, l’invito dell’Ufficio, oltre ad essere circostanziato, deve anche contenere la specifica indicazione che la mancata esibizione dei documenti richiesti ne causa la successiva inutilizzabilità in sede contenziosa. La prova di tale compiuto avvertimento deve essere fornita dalla stessa Amministrazione finanziaria: in assenza di ciò è assolutamente legittima la produzione difensiva dei documenti medesimi, fondamentali per garantire appieno il diritto alla difesa del contribuente e il realizzarsi del principio inderogabile della giusta tassazione ex articolo 53 della Costituzione.