Dubbi gli effetti della “restituzione” dei conferimenti sulla sterilizzazione della base Ace
di Fabrizio RicciGianluca CristoforiCome noto, in sede di determinazione della base Ace occorre tener conto, quale decremento, dei conferimenti in denaro effettuati a favore di soggetti (residenti e non) appartenenti al medesimo “gruppo” del soggetto conferente.
L’articolo 10, comma 2, D.M. 03.08.2017, infatti, dispone che “La variazione in aumento di cui all’articolo 5 è ridotta di un importo pari ai conferimenti in denaro effettuati, successivamente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, a favore di soggetti del gruppo, ovvero divenuti tali a seguito del conferimento. Ai fini del precedente periodo non assume rilevanza l’incremento di partecipazioni derivante da finanziamenti infruttiferi o a tasso diverso da quello di mercato erogati dai soci a favore delle società del gruppo. La riduzione prescinde dalla persistenza del rapporto di controllo alla data di chiusura dell’esercizio”.
Tale previsione, al pari delle altre disposizioni anti-elusione di cui all’articolo 10 D.M. 03.08.2017, persegue il fine di evitare possibili “duplicazioni” della base Ace.
Tale meccanismo, coerentemente con i principi che generalmente informano la determinazione dell’agevolazione, opera con riguardo alla società conferente (che esegue l’apporto potenzialmente idoneo a generare la moltiplicazione del beneficio), conservando la rilevanza del conferimento in capo alla società conferitaria, quale soggetto beneficiato dall’apporto medesimo.
Tanto premesso, nonostante la ultra decennale vigenza dell’Ace, non è ancora chiaro se la “sterilizzazione” della base ACE derivante dall’effettuazione di conferimenti in denaro a favore di soggetti appartenenti al medesimo gruppo configuri una riduzione irreversibile o se vi siano accadimenti che potrebbero invece comportarne il venir meno. Ci si riferisce, in particolare, ai casi di “restituzione” dei conferimenti al soggetto conferente, per esempio in ipotesi di distribuzione/rimborso di una riserva da sovrapprezzo.
Per provare a inquadrare la questione in termini sistematici, occorre partire da quanto chiarito anche nella circolare 21/E/2015, in merito alla disciplina anti elusione di cui al D.M 14.03.2012 (abrogato e sostituito dal già citato D.M. 03.08.2017), con la quale l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che: “[…] la Relazione illustrativa al Decreto Ace chiarisce che, “al pari di quanto già osservato per i conferimenti in denaro, anche la neutralizzazione della base di calcolo dell’Ace operata sugli acquisti di partecipazioni e aziende ha l’effetto di risultare permanente”. Ne consegue che, con riferimento ai conferimenti attuati a favore di altri soggetti del gruppo (comma 2), all’acquisizione o incremento di partecipazioni in società controllate già appartenenti al gruppo [comma 3, lettera a)] ed all’acquisizione di aziende o di rami di aziende già appartenenti al gruppo [comma 3, lettera b)], nonostante al termine dell’esercizio il rapporto di controllo non sia più esistente le sterilizzazioni continuano ad operare definitivamente. Diversamente, con riferimento alla fattispecie prevista nella lettera e) del comma 3 dell’articolo 10, il decremento della base Ace agevolabile relativo all’incremento dei crediti da finanziamento, non ha natura permanente ma può essere riassorbito per effetto della loro restituzione”.
Con tale chiarimento, in particolare ove si afferma che “diversamente” le sterilizzazioni da incrementi di finanziamenti sono “reversibili” e non operano in caso di restituzione degli stessi, l’Amministrazione finanziaria sembrerebbe sostenere, indirettamente, che l’eventuale “rimborso” dei conferimenti non sortirebbe effetti sulla sterilizzazione originariamente subita dal conferente.
Sterilizzazione che, quindi, non verrebbe meno.
Ciò sembrerebbe derivare – sempre a parere dell’Amministrazione finanziaria – da quanto disposto dall’ultimo periodo dell’articolo 10, comma 2, D.M. 03.08.2017, a norma del quale: “[…] La riduzione prescinde dalla persistenza del rapporto di controllo alla data di chiusura dell’esercizio”.
Invero, però, tale disposizione parrebbe semplicemente imporre di mantenere la sterilizzazione anche in caso di cessione delle partecipazioni, cui conseguisse una perdita del controllo, prima della fine dell’esercizio, non già a rendere la sterilizzazione permanente a prescindere dal fatto che il conferimento venga “restituito”.
Inoltre, tale conclusione, come osservato anche da Assonime nella circolare 17/2012 (par. 3.2.2, nota 132) condurrebbe a un “… sistema … fortemente asimmetrico perché al decremento a carico della conferente, che continuerebbe ad operare anche in caso di restituzione, si aggiungerebbe il decremento a carico della conferitaria dovuto alla restituzione dei conferimenti ai soci” (si veda, in proposito, anche il documento dell’ODCEC di Roma del 2016).
Ciò evidenziato, qualche spunto per una diversa interpretazione, tratto anche dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria, parrebbe rinvenirsi, per esempio, nella risoluzione 147/E/2002, ove sono stati forniti chiarimenti, per quanto ai fini della cd. “DIT”, “… in merito all’applicazione della norma contenuta nell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, in base alla quale la variazione in aumento del capitale investito “è ridotta di un importo pari ai conferimenti in denaro effettuati, successivamente alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996, a favore di soggetti controllati, o sottoposti al controllo del medesimo controllante, ovvero divenuti tali a seguito del conferimento. La riduzione prescinde dalla persistenza del rapporto di controllo alla data di chiusura dell’esercizio “. In particolare, è stato chiesto se tale norma continui ad operare, e con quali modalità, anche nel caso in cui, dopo il conferimento, la partecipata sia incorporata dalla conferente. […] Dopo la fusione, la società incorporante intende determinare l’incremento di capitale investito, assumendo anche la variazione in aumento del capitale investito della società incorporata, come espressamente indicato nella circolare n. 76/E del 6 marzo 1998 […]”. A tal riguardo, in estrema sintesi, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che “La Società A, rispetto alla sua situazione ante-fusione, rileva il medesimo incremento del capitale investito (pari a 4.618 + 653 ulteriori), di cui già godeva, senza che i conferimenti effettuati alla società controllata poi incorporata (pari a 16.300) assumano rilevanza (come incrementi del capitale investito da un lato e come sterilizzazioni dello stesso dall’altro), ai fini della sua effettiva capitalizzazione”.
Tali chiarimenti, forniti – come detto – ai fini della “DIT”, sono stati poi mutuati anche con riguardo all’Ace con la recente risposta all’istanza di interpello n. 135 del 23.01.2023, nella quale è stato affermato che “[…] Il principio del subentro automatico dell’incorporante nella base ACE dell’incorporata subisce una mitigazione nell’ipotesi di incorporazione di una società controllata che è stata in precedenza destinataria di conferimenti in denaro provenienti dall’incorporante. In questo caso, così come chiarito dalla risoluzione n. 147/E del 2002, sempre in tema di DIT, la fusione determina un’unificazione soggettiva tra società conferente società conferitaria che fa venir meno le esigenze antielusive sottese alla regola della sterilizzazione degli apporti in denaro a favore della controllata. In sostanza, da un lato si annulla la variazione positiva di patrimonio netto in capo alla conferitaria, dall’altra viene meno, in capo alla conferente, l’esigenza antielusiva sottesa alla regola di sterilizzazione degli apporti in denaro in favore della controllata. Ciò poiché la patrimonializzazione di fatto si annulla, rimanendo in capo al medesimo soggetto (conferente) che l’ha posta in essere […]”.
Sul punto, Assonime, nella già citata circolare 17/2012, aveva osservato che: “La risoluzione n. 147/E del 2002 dell’Agenzia delle entrate afferma un principio che dovrebbe per coerenza valere anche in caso di restituzione del conferimento a suo tempo effettuato in favore della controllata. Anche in questa ipotesi, infatti, pur non realizzandosi l’unificazione soggettiva tra conferente e conferitaria che si verifica in caso di fusione, viene comunque ad essere eliminata la possibilità di utilizzare le somme a suo tempo conferite per effettuare ulteriori apporti agevolabili ai fini ACE. Per questo motivo, sul piano logico, sembrerebbe corretto ritenere che il conferimento in denaro in favore della controllata determini un effetto di sterilizzazione che, pur non venendo a cessare in caso di cessione della partecipazione, possa comunque essere riassorbito nell’ipotesi di restituzione del conferimento stesso a seguito di recesso o di liquidazione”.
Sullo specifico tema, salvo quanto sopra rappresentato, l’Amministrazione finanziaria – a quanto ci consta – non si è mai espressa in modo chiaro.
Sarebbe quindi importante che venissero forniti chiarimenti, auspicabilmente confermando la posizione assunta da Assonime che, sul piano sistematico, appare del tutto condivisibile.