9 Maggio 2014

Dubbi sul riproporzionamento del credito di imposta per il lavoro all’estero

di Nicola Fasano
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Con la stagione dichiarativa oramai nel vivo, gli operatori si interrogano su come applicare concretamente l’orientamento espresso dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione 48/E/2013 in tema di calcolo del credito di imposta per i lavoratori dipendenti che svolgono l’attività lavorativa all’estero, in regime di retribuzioni convenzionali di cui all’art. 51, c. 8-bis, Tuir. Come noto, in tale caso si applica, fra l’altro, l’articolo 165, comma 10, Tuir, ai sensi del quale “nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente”. Già in un precedente intervento si sono evidenziate le criticità operative derivanti dall’interpretazione dell’Agenzia delle entrate (“ufficializzata” solo con la citata risoluzione n. 48/E/2013) secondo cui ai fini del rapporto fra retribuzione convenzionale e reddito estero a cui va ragguagliato l’imposta estera (sempre se divenuta definitiva alla data di presentazione della dichiarazione), al denominatore rilevi il reddito estero “riqualificato” in base alla normativa fiscale italiana e non il reddito estero come quantificato e documentato nella dichiarazione dei redditi e/o nella certificazione delle retribuzioni estere.

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