E’ ammesso l’intervento del cessionario IVA nel processo sul diniego di rimborso instaurato dal cedente
di Luigi Ferrajoli
Con la sentenza n. 1577 del 27/01/2014 la Suprema Corte affronta una vicenda articolata in materia di rimborsi IVA, della quale merita senz’altro di esse evidenziato un aspetto in particolare, riguardante la possibilità di intervento nel procedimento instaurato dinanzi al Giudice tributario del cessionario IVA.
La vicenda oggetto della pronuncia nasce da una istanza di rimborso presentata dal cessionario IVA, per l’imposta a suo tempo versata dal cedente e non dovuta in quanto la cessione effettuata era soggetta ad un tributo sostitutivo.
L’istanza rimaneva inevasa ed il cedente chiedeva parere alla Direzione Centrale normativa e contenzioso dell’Agenzia delle Entrate per sapere se la cessione avvenuta potesse fruire dell’agevolazione che prevedeva il tributo sostitutivo. L’Agenzia rispondeva affermativamente rilevando, tuttavia, che l’unico soggetto legittimato alla richiesta di rimborso fosse il cedente. Ne conseguiva, quindi, la presentazione di istanza di rimborso da parte del cedente stesso.
Contro l’ulteriore silenzio rifiuto al rimborso il cedente presentava ricorso dinanzi alla CTP di Napoli, cui interveniva anche il cessionario. La CTP accoglieva i ricorsi ritenendo sussistente la legittimazione del cessionario, poiché soggetto direttamente interessato all’esito del procedimento e riconoscendo dovuto il rimborso, decorrendo il termine per la presentazione della domanda di rimborso dalla data della risposta dell’Agenzia in merito all’applicazione dell’agevolazione.
L’Agenzia impugnava la pronuncia dinanzi alla CTR della Campania che riformava totalmente la decisione di primo grado, in particolare dichiarando inammissibile l’intervento in giudizio del cessionario e, nel merito, tardiva l’istanza di rimborso, dovendo la decorrenza del termine essere agganciata al versamento dell’imposta e non alla emanazione del parere da parte dell’Agenzia.
La vicenda veniva impugnata in Cassazione sia dal cedente che dal cessionario ed i ricorsi conseguentemente venivano riuniti.
La Cassazione affronta preliminarmente la questione della legittimazione in giudizio della cessionaria IVA, rilevando che la tesi tradizionale accolta dalla stessa Corte è nel senso di ritenere inammissibile nel processo tributario l’intervento adesivo dipendente. Tuttavia riscontra che nelle ultime pronunce si è aderito all’indirizzo opposto, allineandosi ai principi espressi nella sentenza della stessa Corte, n. 255 del 12/01/2012, che, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 14 del D.Lgs. 546/1992, estende al procedimento tributario i principi contenuti nell’articolo 105 Cod.Proc.Civ., considerando ammissibile l’intervento adesivo dipendente anche nel processo tributario.
La Corte, pertanto, riconosce che il cessionario IVA, nel procedimento giudiziale instaurato dal cedente, non è titolare di un mero interesse di fatto, bensì di un interesse giuridicamente rilevante e qualificato, determinato dalla sussistenza di un rapporto giuridico sostanziale e dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi le conseguenze dannose derivanti dagli effetti riflessi o indiretti del giudicato.
Nel merito del dies a quo di decorrenza del termine biennale di decadenza dal diritto al rimborso, la Suprema Corte non ritiene fondate le censure sollevate dal cedente e cessionario, ricorrenti principale ed incidentale.
In particolare in materia di rimborso dell’IVA indebitamente versata, la Corte è ferma nel ritenere che il termine fissato dall’articolo 21, comma 2 del D.Lgs. 546/1992 decorre, in mancanza di disposizioni specifiche, dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. L’emanazione del parere dell’Amministrazione Finanziaria interpretativo di norme vincola solo l’operato interno degli uffici e non è idoneo a costituire termine di decorrenza per la presentazione della domanda di rimborso, se non nei casi in cui la legge stessa ne attribuisca il potere ad una specifica autorità amministrativa.
Nel caso di specie, la Corte rileva che non vi sono dubbi sull’applicabilità di quanto disposto dal predetto articolo 21, ribadendo, infine, l’orientamento costante che ritiene legittimato a richiedere il rimborso dell’IVA non dovuta il soggetto passivo del tributo e quindi il cedente del bene o il prestatore del servizio, non già il cessionario o il committente, i quali ultimi, come semplici soggetti d’IVA, cioè soggetti solo economicamente incisi e consumatori finali, rimangono estranei al rapporto con l’amministrazione finanziaria.
La Corte, pertanto, accoglie i ricorsi limitatamente al riconoscimento in capo al cessionario della legittimazione ad intervenire nel giudizio tra cedente e Amministrazione finanziaria e vertente sul rimborso IVA, mentre rigetta gli ulteriori motivi proposti dai ricorrenti.