Detto ultimo provvedimento era, dunque, oggetto di ricorso per cassazione per plurimi profili, tra i quali figurava la nullità dell’ordinanza per avere il giudice confermato la misura cautelare del sequestro in relazione ad un reato già prescritto e per depenalizzazione del reato di cui all’articolo 70 D.P.R. 633/1972, che rinvia all’articolo 295, ultimo comma, D.P.R. 43/1973.
Da ultimo, veniva censurata la validità del medesimo provvedimento giudiziale anche in relazione all’omessa sollevazione di questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’articolo 70 D.P.R. 633/1972e 295 D.P.R. 43/1973.
In particolare, stando alle doglianze del ricorrente, il giudice del Tribunale della Libertà avrebbe errato nel ritenere reato a natura permanente, strumentalizzando una precedente pronuncia dei giudici di legittimità, la quale tuttavia ineriva ad una diversa ipotesi rispetto al caso di specie (Cfr. Cass., sent. 56264/2017).
Il delitto de quo, infatti, avrebbe avuto natura istantanea e da tale assunto ne sarebbe scaturita la prescrizione, in assenza di atti interruttivi, con conseguente illegittimità della misura ablatoria successivamente irrogata a seguito della sentenza di condanna, ai sensi dell’articolo 301 D.P.R. 43/1973.
Infine, in merito all’asserita omessa proposizione di questione di legittimità costituzionale in relazione al combinato disposto degli articoli 70 D.P.R. 43/1973 e 295, ultimo comma, D.P.R. 43/1973, il ricorrente contestava la manifesta infondatezza addotta dal precedente collegio, sulla scorta della violazione dell’articolo 3 Cost., atteso l’ampio divario tra la soglia di punibilità dell’evasione dell’Iva interna, di cui all’articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000, e quella dell’Iva all’importazione.
I Supremi giudici, rigettando il ricorso dell’indagato, hanno rilevato come il delitto di omesso versamento dell’Iva all’importazione non è un reato istantaneo, ma permanente e l’antigiuridicità si riverbera su ogni ulteriore cessione effettuata nel territorio dello Stato sino a che l’obbligazione tributaria non è assolta (Cfr. Cass., 56264/2017 ritenuta sovrapponibile al caso in rassegna, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente).
Da detto ultimo adempimento cesserebbe, infatti, il carattere dell’antigiuridicità della condotta, gravante oggettivamente sulla merce abusivamente importata e inizierebbe a decorrere la prescrizione del reato.
Quanto, invece, all’asserita depenalizzazione del medesimo reato, essi hanno rilevato come la previsione di generale depenalizzazione, di cui all’articolo 1 D.Lgs. 8/2016, non può essere applicata all’ipotesi aggravata ed autonoma disciplinata dall’articolo 295, ultimo comma, D.P.R. 43/1973, in quanto nei casi in cui l’imposta evasa superi la soglia di 49.993,03 euro, unitamente alla pena della multa è irrogata anche la reclusione fino a 3 anni.
Da ultimo, è stata confermata la manifesta infondatezza della precedente questione di legittimità, sulla base della diversa natura e dei differenti presupposti che reggono il reato di evasione dell’Iva nazionale e il reato di evasione dell’Iva all’importazione.
Del resto, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, l’articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000sanziona le abusive cessioni di beni e prestazioni di servizi, mentre l’articolo 295 D.P.R. 43/1973persegue le abusive importazioni di qualsiasi genere e da chiunque effettuate (Cfr. Cass., sent. n. 42462/2016).
Da questo discrimen deriva, quindi, la legittimità dei diversi limiti di rilevanza penale stabiliti dal legislatore.
Orbene, nel caso in disamina è stata ritenuta legittima la misura cautelare applicata, atteso il non intervento della prescrizione sul reato, e inammissibile è stata reputata la questione di legittimità costituzionale per via anche dell’importo oggetto di contestazione, il quale essendo pressoché prossimo alla soglia di punibilità prevista dall’articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000non aveva leso il principio di offensività.
Pertanto, il ricorso è stato respinto e il ricorrente è stato condannato alla rifusione delle spese di lite.