È detraibile l’Iva sull’acquisto dello studio, anche se accatastato come abitazione
di Angelo GinexÈ detraibile l’Iva relativa al fabbricato acquistato dal contribuente di professione avvocato e da questi pacificamente utilizzato come studio legale, anche se iscritto in catasto quale civile abitazione, in ragione della natura di bene strumentale allo svolgimento dell’attività professionale.
È questo l’interessante principio sancito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13259 depositata ieri 28 aprile, la quale consolida l’orientamento dalla stessa espresso in materia di detraibilità dell’Iva relativa all’acquisto di fabbricati utilizzati in maniera difforme dalla destinazione catastale.
La controversia in esame trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione l’Iva pagata dal contribuente di professione avvocato per l’acquisto di un immobile classificato catastalmente come civile abitazione. In particolare, l’Ufficio sosteneva che l’Iva fosse stata indebitamente detratta in violazione dell’articolo 19-bis, comma 1, lett. i), D.P.R. 633/1972.
La Commissione tributaria regionale della Toscana, nel confermare la pronuncia di primo grado, rigettava l’appello del contribuente, affermava che: «l’immobile acquistato in comproprietà dal contribuente, ancorché di fatto utilizzato come ufficio (studio legale) … era però iscritto in catasto con categoria A/2 (civile abitazione), sicché l’IVA era indetraibile per espressa previsione della citata disposizione».
Pertanto, il professionista proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduceva la violazione e falsa applicazione degli articoli 19 e 19-bis, comma 1, lett. i), D.P.R. 633/1972, nonché dei principi sanciti dalla Suprema Corte (cfr., Cass. n. 8628/2015 e n. 26748/2016).
Più precisamente, l’avvocato sosteneva che il dato formale dell’accatastamento in categoria A/2 (civile abitazione) dell’immobile acquistato, non preclude la detraibilità dell’Iva sull’acquisto se tale immobile è adibito esclusivamente a studio professionale, in quanto bene strumentale alla predetta attività.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la doglianza avanzata dal ricorrente, facendo leva sulla previsione normativa contenuta nell’articolo 19-bis, comma 1, lett. i), D.P.R. 633/1972.
Essi hanno rilevato che la disposizione citata preclude la detrazione dell’Iva assolta in relazione all’acquisto, locazione, manutenzione, recupero o gestione di immobili abitativi, che risultano tali sulla base delle risultanze catastali e a prescindere dall’effettivo utilizzo degli stessi, fatta eccezione per le imprese di costruzione o rivendita di fabbricati.
Da ciò consegue – ha sottolineato la Suprema Corte – che: «ove l’impresa non svolga attività di costruzione …, la stessa può comunque portare in detrazione l’Iva relativa all’acquisto di un fabbricato a destinazione abitativa, purché provi, sulla scorta di elementi oggettivi, che l’operazione in concreto sia inerente all’esercizio effettivo dell’attività d’impresa e sia destinata, almeno in prospettiva, a procuragli lucro».
In tale contesto, quindi, diventa necessario, così come evidenziato dalla Corte di giustizia UE, verificare l’intenzione del soggetto passivo di destinare all’attività d’impresa l’immobile acquistato; applicando tale principio unionale alla normativa in esame, occorre verificare in concreto – hanno affermato i giudici di legittimità – l’inerenza del bene immobile acquistato con l’attività d’impresa, anche tenendo conto di una valutazione prospettica.
D’altronde, la Corte di Cassazione si era già espressa in questi termini quando aveva affermato che, ai fini della detrazione nelle operazioni relative a fabbricati a destinazione abitativa, la natura strumentale del bene acquistato deve essere valutata non solo in astratto, con riferimento all’oggetto dell’attività d’impresa, bensì in concreto, accertando che lo stesso costituisce, anche in funzione programmatica, lo strumento per l’esercizio della suddetta attività (cfr., Cass. n. 3396/2020, n. 26748/2016, n. 6883/2016 e n. 8628/2015).
In applicazione dei principi sopra richiamati, i giudici di vertice hanno quindi osservato che il fabbricato acquistato dal professionista, benché iscritto in catasto come civile abitazione, è pacificamente utilizzato, in quanto non contestato dall’Ufficio, come studio legale. Conseguentemente, trattandosi senza ombra di dubbio dell’acquisto di un bene strumentale allo svolgimento dell’attività professionale, l’Iva ad esso relativa può essere portata in detrazione dall’avvocato a prescindere dall’iscrizione in catasto come civile abitazione.
Sulla base delle suesposte motivazioni, il ricorso è stato accolto e, con decisione nel merito, l’avviso di accertamento è stato annullato, dovendo ritenersi che l’avvocato possa detrarre l’Iva relativa all’acquisto dell’immobile adibito a studio, anche se accatastato come abitazione.
29 Aprile 2022 a 22:59
Lieto di veder pubblicizzata l’ordinanza resa dalla Cassazione a definizione di un calvario giudiziario subito per l’incapacità di alcuni funzionari pubblici e l’inadeguatezza di alcuni giudici tributari a valutare giuridicamente la questione che dal mio punto di vista è stata sempre molto chiara. Segnalo che l’Agenzia delle Entrate nelle more ha preteso i pagamenti delle cartelle esattoriali nel frattempo emesse per un accertamento giuridicamente fallace.