E’ legittimo l’accertamento fondato su indagini bancarie sui conti correnti dei familiari
di Luigi Ferrajoli
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10043/2014 depositata in data 8/5/2014 ribadisce, in materia di ripartizione dell’onere probatorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente con riferimento alle presunzioni derivanti dalle indagini finanziarie ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. 600/1973, che “una volta dimostrata la pertinenza all’impresa dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche ad essa collegate, l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma è onere dell’impresa contribuente di dimostrare l’estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività d’impresa” .
La questione su cui la Suprema Corte si è pronunciata con decisione conforme al proprio costante orientamento è quella della legittimità di un accertamento tributario fondato su indagini bancarie effettuate su conti correnti non direttamente intestati al contribuente verificato ma riconducibili ad altri soggetti allo stesso collegati.
Sul punto la Corte di Cassazione ha chiarito che è legittima l’estensione delle indagini finanziarie anche su conti correnti intestati a soggetti terzi, precisando, tuttavia, che è onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare la pertinenza dei rapporti bancari intestati a terzi al soggetto verificato. Fornita questa dimostrazione la Suprema Corte nell’ordinanza in commento specifica che “l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma è onere dell’impresa contribuente di dimostrare l’estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività d’impresa” . In senso conforme la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 27186 del 14/11/2008 ha precisato che “non è possibile in modo pressoché automatico addebitare al contribuente sottoposto a controllo fiscale gli esiti delle presunzioni scaturenti dalle indagini finanziarie su conti non intestati a tale contribuente ma a terzi. Al contrario, perché ciò avvenga è necessario che l’Amministrazione fornisca elementi probatori in tale senso e volti, quindi, a dimostrare sulla base di quali indizi si ritenga che determinate operazioni transitate su conti di terzi, per le quali non viene fornita alcuna giustificazione, debbano essere invece riferite e ricondotte al contribuente controllato”.
Appare assai rilevante osservare che la Corte di Cassazione, pur affermando la possibilità dell’Ufficio di procedere ad indagini finanziarie sui conti correnti di soggetti terzi rispetto al contribuente verificato e la conseguente legittimità dell’accertamento fondato su tali dati, ha tuttavia precisato, da un lato, che ciò presuppone la dimostrazione da parte dell’Amministrazione finanziaria della pertinenza dei rapporti bancari al soggetto verificato, e, dall’altro lato, che in relazione alle movimentazioni (accreditamenti e prelevamenti) accertate sui conti correnti intestati ai soggetti terzi non operano integralmente le presunzioni legali relative poste dall’art. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. 600/1973 e dall’art. 51, comma 4, n. 2) del D.P.R. 633/1972, dal momento che la prova contraria richiesta al contribuente è quella di “dimostrare l’estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività d’impresa”, e non quella stabilita dall’art. 32, comma 1, n. 2) consistente, per quanto attiene agli accreditamenti, di dimostrare di averne “tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a d imposta” o la non rilevanza ai fini reddituali, e per quanto attiene i prelevamenti, di indicarne il soggetto beneficiario.
La prova contraria può essere fornita dal contribuente anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici, che dovranno essere oggetto di attenta verifica da parte del giudice, il quale “è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative”.
La possibilità di utilizzare ai fini accertativi le indagini bancarie con riferimento alle movimentazione rilevate su conti di soggetti terzi rispetto al contribuente accertato è, pertanto, subordinata alla riferibilità dei conti e dei rapporti bancari al soggetto verificato che deve essere dimostrata dall’Amministrazione finanziaria procedente. Ciò in quanto “…l’Ufficio accertatore può, ai predetti fini, utilizzare anche i conti intestati a soggetti che si trovino in una particolare relazione con la società, ma a tali ipotesi non è consentito estendere il rigido meccanismo di presunzione impositiva previsto dalla disposizione in esame” (Corte di Cassazione sentenza n. 17243 del 14/11/2003).