Edificabilità da valutare in base al piano regolatore
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariUn recente Studio del Notariato (n. 16-2018/T) è intervenuto in relazione al concetto di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, distinguendolo dall’ipotesi di terreno agricolo.
È noto che in ambito fiscale assume particolare rilievo la distinzione tra terreno edificabile e terreno non edificabile, poiché per il trasferimento degli stessi le regole, e le relative conseguenze, sono differenti.
Basti pensare, per fare un esempio, a cosa accade in ambito Iva, in cui l’articolo 2 D.P.R. 633/1972 non integra il presupposto oggettivo (con conseguente estraneità della cessione ai fini di tale tributo) solamente alle cessioni di terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria.
Al contrario, tutto ciò che si qualifica come edificabile assume rilievo quale cessione rilevante ai fini Iva.
Per quanto riguarda l’Irpef, l’articolo 67 Tuir considera sempre plusvalente quale reddito diverso (a prescindere dal periodo di possesso e dal titolo di acquisto) la cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, mentre per quelli agricoli la plusvalenza rileva solamente se tra l’acquisto e la cessione non sono intercorsi più di cinque anni, ed è in ogni caso esclusa se il terreno è stato acquisito per successione o donazione.
Il Notariato ricorda che nel 2006 l’articolo 36, comma 2, D.L. 223/2006 (la Manovra Visco-Bersani) ha introdotto una norma interpretativa secondo cui un’area deve considerarsi utilizzabile a scopo edificatorio in base al piano regolatore adottato dal Comune, anche se non ancora approvato dalla Regione.
Lo Studio del Notariato evidenzia che tale norma ha stabilito due principi fondamentali:
- un terreno è considerato edificabile ai fini fiscali anche quando lo strumento urbanistico non è efficace per mancanza dell’approvazione da parte della Regione (si tratta quindi di un’edificabilità potenziale);
- un terreno può già considerarsi edificabile anche in mancanza degli strumenti attuativi (piani di lottizzazione, piani particolareggiati, ecc.), in assenza dei quali non è possibile concretamente procedere con la costruzione.
A conferma dell’indicazione normativa, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 25506 del 28.09.2006 ha confermato, sia pure criticamente, che l’individuazione di un terreno edificabile deve avvenire in base alle indicazioni urbanistiche.
Tuttavia, non sono mancate delle sentenze che hanno invece sposato una nozione di edificabilità di fatto (Cass., n. 20137/2016, n. 23026/2016 e n. 564/2017) secondo cui un terreno può avere una vocazione edificatoria anche al di fuori di una previsione programmatica. Assumono infatti rilievo la presenza di alcuni indici, quali la vicinanza ad un centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, ecc..
Il Notariato ritiene di non aderire a tale filone interpretativo in quanto non conforme alle indicazioni fornite con il D.L. 223/2006 che ha voluto dare rilievo ad elementi di diritto (almeno l’approvazione da parte del Comune) e non a quelli di fatto.
Un recente orientamento della Cassazione (Cass., n. 23845/2916, n. 7513/2016, n. 20950/2015 e n. 23316/2013) sostiene che solamente i terreni in cui non è possibile costruire alcunché possono considerarsi non suscettibili di utilizzazione edificatoria, con la conseguenza che tutti gli altri devono invece considerarsi edificabili.
Secondo il Notariato anche tale tesi deve essere respinta in quanto troppo “radicale“, poiché il concetto di “suscettibile di utilizzazione edificatoria” deve essere individuato, in ambito fiscale, dalla legislazione urbanistica, con la conseguenza che possono considerarsi edificabili quei terreni in cui è previsto un altro indice di edificabilità ed una destinazione del terreno a divenire qualcos’altro (ad esempio un nuovo insediamento produttivo). Al contrario, non possono essere considerati edificabili quei terreni in cui l’edificazione è consentita in maniera ridotta e tale da non realizzare una trasformazione del territorio che necessita di opere di urbanizzazione.
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