Effetti dell’accertamento dello splafonamento
di Marco PeiroloL’acquisto di beni/servizi senza applicazione dell’IVA in misura superiore al plafond disponibile dà luogo al recupero dell’imposta nei confronti dell’esportatore abituale e all’irrogazione, nei suoi confronti, della sanzione, pari al 100% della relativa IVA.
È il principio espresso dalla Commissione Tributaria Regionale di Torino nella sentenza n. 1103/26/15 del 21 ottobre 2015.
Dai fatti di causa emerge che la società ha proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento sostenendo:
- da un lato, che, se avesse dovuto pagare l’IVA sugli acquisti effettuati, avrebbe visto nascere un credito IVA di enorme entità, con l’aggravio per la società di notevoli interessi passivi bancari, non sempre deducibili fiscalmente dal reddito d’impresa, che la stessa avrebbe dovuto pagare per poter far fronte alla mancanza di liquidità che si veniva a verificare, o comunque avrebbe dovuto attendere le tempistiche burocratiche per poter beneficiare del rimborso del credito che avrebbero intaccato le risorse monetarie;
- dall’altro, che, con il proprio operato, non avrebbe arrecato alcun danno all’Erario in considerazione della neutralità dell’IVA.
In primo grado, i giudici hanno accolto parzialmente il ricorso:
- riducendo la sanzione alla metà, ex art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1997, siccome sproporzionata rispetto alla violazione commessa;
- annullando la rettifica disposta dall’Ufficio, in quanto la società ha violato gli obblighi contabili, ma non ha sottratto a tassazione il tributo dovuto. La società, infatti, se avesse rispettato le regole, avrebbe pagato un’imposta che non sarebbe diventata “dovuta” perché recuperata nella dichiarazione annuale come credito d’imposta, di cui poi avrebbe o chiesto il rimborso o esercitato la detrazione nell’anno successivo.
La Commissione Tributaria Regionale, riformando la decisione di primo grado, ha accolto l’appello dell’Ufficio.
In primo luogo, è stato stabilito che il mancato versamento dell’IVA relativa agli acquisti effettuati senza disporre del plafond non costituisce una mera irregolarità formale.
In base al consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il superamento del plafond disponibile comporta il mancato immediato pagamento dell’IVA alla controparte che ha effettuato cessioni o prestazioni illegittimamente fatturate in regime di non imponibilità ex art. 8, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972. Di conseguenza, gli obblighi sostanziali che devono essere rispettati ai fini della detrazione risultano violati, essendo stata alterata l’ordinaria sequenza della rivalsa e della detrazione, imprescindibile nel sistema di funzionamento dell’IVA (Cass., 22 ottobre 2014, n. 22430).
Nell’ottica dei giudici di legittimità, il cessionario/committente che, beneficiando dell’agevolazione prevista per gli esportatori abituali, acquista beni/servizi senza applicazione dell’IVA oltre il limite consentito, è pertanto tenuto al pagamento dell’imposta dovuta per gli acquisti di beni/servizi oltre i limiti del plafond (Cass., 27 marzo 2013 n. 7695; Id., 20 dicembre 2012, n. 23588; Id., 10 giugno 2011 n. 12774; Id., 8 luglio 2005, n. 14435; Id., 17 aprile 2001, n. 5647).
In linea con questa posizione, si ricorda che la circolare dell’Agenzia delle Entrate 17 dicembre 2013, n. 35 (§ 3.3) ha chiarito che l’esportatore abituale al quale sia stata contestata l’effettuazione di acquisti senza pagamento dell’IVA oltre il limite del plafond disponibile può, a seguito del pagamento dell’imposta accertata, esercitare il diritto alla detrazione.
Come indicato dall’Agenzia, la responsabilità dell’esportatore abituale costituisce una deroga al principio, definito dall’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui l’IVA è dovuta dal cedente/prestatore previo addebito dell’imposta alla controparte a titolo di rivalsa ed è detraibile, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, dal cessionario/committente. Pertanto, sebbene l’art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972 preveda l’esercizio della detrazione da parte del cessionario/committente a seguito della rivalsa operata in fattura dal cedente/prestatore, la tutela del principio di neutralità del tributo impone che la facoltà di detrarre l’IVA pagata in sede di accertamento sia riconosciuta anche nelle ipotesi in cui, in deroga alle comuni regole di funzionamento del tributo, sia debitore d’imposta il cessionario/committente in luogo del cedente/prestatore. Ne discende che l’esportatore abituale, al quale sia stato contestato lo splafonamento, potrà esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il medesimo ha provveduto al pagamento dell’imposta, della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.
In merito, poi, alla giustificazione prospettata dalla società di non aver cagionato alcun danno all’Erario in quanto avrebbe sicuramente detratto l’imposta in sede di dichiarazione annuale, la Commissione Tributaria Regionale ha affermato che il comportamento consequenziale che avrebbe tenuto la società è del tutto ipotetico, al contrario della condotta concretamente seguita, cioè il mancato versamento dell’imposta a monte.
In secondo luogo, i giudici d’appello hanno escluso la riduzione fino alla metà del minimo della sanzione, non ritenendo sussistenti i presupposti per l’applicazione della previsione contenuta nell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1997, che la decisione di primo grado ha riscontrato in considerazione dell’infrazione commessa, dell’entità del danno, delle circostanze di fatto che l’hanno determinata e dell’assenza di frode.