Effetti dell’omesso reverse charge al vaglio della Corte di giustizia
di Marco PeiroloL’Avvocato generale presso la Corte di giustizia, nelle conclusioni presentate il 10 novembre 2016 in merito alla causa C-564/15 (Tibor Farkas), ha esaminato gli effetti dell’erroneo addebito dell’IVA alla cessione di un hangar mobile posta in essere nell’ambito di una vendita giudiziale al pubblico incanto.
La normativa nazionale (nella specie, ungherese) prevede l’applicazione del meccanismo del reverse charge alle vendite all’asta di beni mobili e immobili, a differenza dell’articolo 199, par. 1, lett. g), della Direttiva n. 2006/112/CE che limita l’inversione contabile alle sole cessioni di beni immobili.
Al soggetto aggiudicatario del bene è stata addebitata l’IVA, considerata indetraibile dalle Autorità fiscali in quanto l’operazione doveva essere assoggettata ad imposta dall’aggiudicatario stesso. Nei suoi confronti è stato, pertanto, richiesto il pagamento dell’imposta e irrogata la sanzione, pari al 50% dell’imposta, per l’omessa applicazione del reverse charge.
L’Avvocato generale, nell’analizzare i profili IVA della violazione commessa dal soggetto al quale sia traslato l’obbligo impositivo, si è domandato, però, se gli Stati membri abbiano la facoltà di estendere l’ambito applicativo della norma comunitaria, che fa espressamente riferimento alla “cessione di beni immobili (…)”.
In senso negativo depongono tre ordini di considerazioni:
- in primo luogo, l’articolo 193 della Direttiva n. 2006/112/CE dispone che l’IVA è dovuta dal cedente o prestatore, eccetto che nei casi in cui l’imposta sia dovuta dal cessionario o committente. Ciò significa che le deroghe della regola generale sono ammesse solo quando espressamente previste dalla Direttiva comunitaria;
- in secondo luogo, l’individuazione del soggetto sul quale ricade l’obbligo d’imposta nell’ipotesi specifica delle vendite al pubblico incanto rappresenta il risultato del processo di armonizzazione raggiunto, sul piano normativo, a livello comunitario, con la conseguenza che gli Stati membri non sono autorizzati ad estendere, di propria iniziativa, lo scopo materiale della deroga prevista dal citato articolo 199, par. 1, lett. g), della Direttiva n. 2006/112/CE;
- in terzo luogo, l’unica possibilità concessa agli Stati membri di discostarsi dalle disposizioni che individuano il debitore d’imposta è quella di ottenere una misura speciale di deroga ai sensi dell’articolo 395 della Direttiva n. 2006/112/CE, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali.
Tenuto conto che all’Ungheria non è stata concessa la predetta deroga, l’Avvocato generale è dell’avviso che la Direttiva IVA esclude l’estensione del meccanismo del reverse charge ai beni mobili ceduti nell’ambito di una vendita giudiziale al pubblico incanto, sicché deve ritenersi che, nella fattispecie in esame, le controparti abbiano agito in conformità alla normativa comunitaria laddove hanno assoggettato l’operazione al regime IVA ordinario.
Nonostante tale conclusione, l’Avvocato generale ha fornito, sia pure succintamente, la propria opinione sugli effetti dell’omessa applicazione dell’inversione contabile in modo tale da orientare il giudizio della Corte di giustizia nell’eventualità in cui la medesima dovesse ritenere che l’hangar mobile sia riconducibile alla categoria dei beni immobili.
È stato affermato, in particolare, che il principio di neutralità dell’IVA non preclude alle Autorità fiscali di chiedere al cessionario, che abbia corrisposto l’imposta in via di rivalsa al cedente, di riversare l’IVA dovuta in base al meccanismo del reverse charge. Tuttavia, lo stesso principio di neutralità esclude, in assenza di frode o di abuso, che le Autorità fiscali possano negare l’esercizio della detrazione non operata con il sistema in esame.
Si tratta di un’indicazione in linea con la sentenza resa dalla Corte europea nella causa C-424/12 (Fatorie), che ha negato al cliente l’esercizio della detrazione dell’IVA indebitamente versata al fornitore in relazione ad un’operazione soggetta ad inversione contabile. Da un lato, non risulta soddisfatto il requisito sostanziale previsto per le cessioni e prestazioni soggette a reverse charge, cioè l’applicazione dell’imposta da parte del cliente in conformità all’articolo 199 della Direttiva n. 2006/112/CE e, dall’altro, la detrazione, nell’ipotesi considerata, risulta in ogni caso preclusa sulla base del principio, di portata più generale, in base al quale l’esercizio del diritto in esame è limitato alle imposte dovute, cioè a quelle corrispondenti ad un’operazione soggetta a IVA
Infine, per quanto riguarda l’aspetto sanzionatorio, anche se le Autorità fiscali hanno illegittimamente vietato l’esercizio della detrazione al soggetto aggiudicatario del bene, l’Avvocato generale è dell’avviso che la sanzione prevista dalla normativa interna per l’omessa applicazione dell’inversione contabile sia comunque dovuta.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, la sanzione non deve eccedere quanto necessario al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. Per valutare se la sanzione applicata nel caso di specie, pari al 50% dell’imposta dovuta, sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tenere conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che la sanzione mira a penalizzare, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa.
Tenuto conto che il Governo ungherese ha reso noto che la sanzione del 50% può essere ridotta o non essere addirittura applicata nelle situazioni eccezionali in cui l’operatore abbia agito con la dovuta diligenza, l’Avvocato generale ha ritenuto che la legislazione nazionale sembra consentire la graduazione della sanzione sulla base degli elementi specifici del caso concreto, rispettando così il principio di proporzionalità come interpretato dai giudici della Corte (causa C-259/12, Rodopi‑M 91).
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