Effettiva presenza presso il contribuente e nullità dell’accertamento
di Marco BargagliCon la Legge 212/2000, conosciuta come Statuto dei diritti del contribuente, il legislatore ha voluto porre precise regole da rispettare nel corso dell’attività ispettiva.
Infatti, per espressa disposizione normativa, tutti gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali all’interno dei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali devono essere effettuati solo se ricorrono effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo.
Sotto il profilo procedurale, al momento dell’inizio della verifica fiscale il contribuente ha il diritto di essere informato circa le motivazioni che hanno comportato l’avvio del controllo fiscale, dell’oggetto delle attività che saranno poste in essere, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al soggetto passivo d’imposta in occasione della verifica fiscale.
Circa la permanenza dei verificatori presso il contribuente ispezionato, si è ingenerato nel tempo un acceso dibattito tra gli addetti ai lavori, con particolare riferimento ai criteri che consentono di calcolare i giorni di effettiva presenza all’interno dei locali dell’impresa.
In tale circostanza, con un’interpretazione autentica, il legislatore ha previsto che la permanenza degli operatori civili (es. l’Agenzia delle Entrate) o dei militari dell’Amministrazione finanziaria (es. la Guardia di Finanza), in occasione delle verifiche fiscali presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio.
Inoltre, i verificatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, solo per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per ulteriori specifiche ragioni.
Con riguardo alle piccole imprese (in contabilità semplificata) ed i lavoratori autonomi, il periodo di permanenza presso la sede del contribuente, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre.
È importante sottolineare che in entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.
Sullo specifico punto, la suprema Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 10481 del 27 aprile 2017, ha confermato che il termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente deve essere computato considerando i giorni di effettiva presenza presso la medesima sede.
In merito, l’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso avverso la sentenza di prime cure, avendo i giudici di merito ricollegato, al superamento del termine di Legge di permanenza dei verificatori all’interno dei locali dell’impresa, la sanzione della nullità dell’avviso di accertamento.
Sul tema gli ermellini hanno confermato il precedente orientamento espresso da parte della giurisprudenza di legittimità, rilevando che: “in tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ratio delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione” (conformemente cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 17002 del 2012; Corte di Cassazione, sentenza n. 14020 del 2011 e Corte di Cassazione, sentenza n. 19338 del 2011).
Infatti, prosegue la Corte, con riferimento alle eventuali irregolarità commesse dagli ispettori durante il controllo fiscale, ivi compresa l’ingiustificata protrazione delle operazioni dì verifica, il contribuente – oltre a formulare a verbale di verifica osservazioni e rilievi – può rivolgersi al Garante del contribuente il quale, in seguito alla segnalazione, può esercitare i poteri istruttori richiesti dal caso richiamando gli uffici al rispetto di quanto previsto dalla Legge e, ove necessario, trasmettendo le relative segnalazioni ai titolari degli organi dirigenziali al fine di attivare un eventuale procedimento disciplinare.
Nel caso considerato, la suprema Corte ha sancito che in tema di verifiche fiscali, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall’articolo 12, comma 5, della Legge 212/2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati.
Infine, i giudici di legittimità confermano che la disposizione contenuta nell’articolo 12, comma 5, della Legge 212/2000, “non si riferisce alla durata delle attività di verifica, ma alla durata della permanenza degli operatori civili e militari dell’Amministrazione finanziaria nella sede del contribuente“.
Di contro, nella sua decisione, la Commissione Tributaria Regionale ha tenuto conto semplicemente della data di inizio della verifica e della data di consegna del processo verbale di constatazione. Per tale motivo, in conclusione, è stato accolto il ricorso presentato da parte dell’Agenzia delle Entrate.