Enoturismo alla ricerca di un codice Ateco
di Luigi ScappiniA distanza di più di 6 anni dalla sua introduzione, l’attività enoturistica è ancora in attesa, anche in ragione della dimensione ormai raggiunta, di un codice Ateco adeguato. Al riguardo, si rammenta che, con il comma 502, dell’articolo 1, L. 205/2017 (Legge di bilancio per il 2018), è stato introdotto il concetto di enoturismo, da intendersi come “tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine”, demandando a un successivo Decreto l’individuazione delle linee guida e degli indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità, con particolare riferimento alle produzioni vitivinicole del territorio, per l’esercizio dell’attività enoturistica.
Nello specifico, il D.M. 12.3.2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 89 del 15.4.2019, ha definito tali linee guida affermando, nel rispetto dell’indirizzo generale, di cui al comma 502 richiamato, che si possono considerare attività enoturistiche, ai fini del presente decreto, tutte le “attività formative ed informative rivolte alle produzioni vitivinicole del territorio e la conoscenza del vino … quali, a titolo esemplificativo, le visite guidate ai vigneti di pertinenza dell’azienda, alle cantine … le iniziative di carattere didattico, culturale e ricreativo svolte nell’ambito delle cantine e dei vigneti, ivi compresa la vendemmia didattica; le attività di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, da intendersi quali prodotti agro-alimentari freddi preparati dall’azienda stessa, anche manipolati o trasformati, pronti per il consumo”.
Dalla definizione offerta, si evince facilmente come le possibili attività esercitabili nel contesto dell’attività enoturistica spaziano dalle attività formative alla degustazione e commercializzazione di produzioni aziendali.
Quest’ultima attività, tuttavia, si ritiene di doverla escludere, almeno in un’ottica di convenienza fiscale, dalla rosa di quelle esercitabili quale attività enoturistica; infatti, se così fosse, il fatturato verrebbe attratto nel regime di tassazione previsto, consistente nell’applicazione al volume di affari della percentuale di redditività pari al 25%. Al contrario, nel momento in cui l’azienda dovesse procedere alla vendita della propria produzione aziendale, la stessa rientrerebbe, a pieno titolo, nell’alveo dell’articolo 32, Tuir, con conseguente ricomprensione nel reddito agrario.
Alcune attività, quali quelle consistenti nel creare dei percorsi con i quali introdurre il visitatore nel mondo vitivinicolo e, soprattutto, far conosce il processo produttivo del vino, attività che possono, da ultimo, sfociare nella c.d. vendemmia didattica, richiamano, con tutta evidenza, le c.d. fattorie didattiche, la cui attività consiste essenzialmente nell’organizzazione di attività a carattere ricreativo, didattico e culturale.
Le fattorie didattiche, pur rientrando in un contesto agrituristico, di fatto, nel momento in cui vengono esercitate comportano l’obbligo di procedere, non solo all’iscrizione in appositi albi regionali, ma anche, per quanto riguarda gli aspetti burocratici, all’integrazione nella partita Iva dell’imprenditore agricolo del codice Ateco 85.59.90 “altri servizi di istruzione”.
Le attività che, invece, sfociano nella degustazione (e commercializzazione) delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, da intendersi quali prodotti agro-alimentari freddi preparati dall’azienda stessa, anche manipolati o trasformati, pronti per il consumo, richiamano all’attività agrituristica.
L’articolo 2, comma 3, L. 96/2006 (la c.d. Legge quadro), infatti, espressamente stabilisce che rientrano fra le attività agrituristiche, anche l’organizzazione di degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, alla quale si applica la L. 268/1999, istitutiva delle c.d. strade del vino.
In prima battuta, quindi, si potrebbe pensare che l’azienda vitivinicola che eserciti già un’attività agrituristica, non necessiti di ampliare il ventaglio di attività connesse da proporre con quella enoturistica, in quanto già ricompresa nella prima.
In realtà così non è, perché tale attività di degustazione, come tutte gli atri servizi erogabili dall’agriturismo, quali, ad esempio, la fruizione della piscina, con l’eccezione del servizio di ristorazione, possono essere fruiti esclusivamente da parte di coloro che alloggiano presso la struttura.
Concluso che l’attività enoturistica, come introdotta dal comma 502, dell’articolo 1, L. 205/2017, sia “autonoma” rispetto all’attività agrituristica, per quanto concerne il codice Ateco da dover attivare, preso atto che non ne esiste uno specifico, si ritiene plausibile utilizzare il codice 56.10.12 “Attività di ristorazione connesse alle aziende agricole”.
Si deve, tuttavia, precisare che, per quanto riguarda la corretta aliquota da applicare alle prestazioni di servizi erogate nell’ambito dell’enoturismo, a differenza di quanto avviene per l’agriturismo, si dovrà applicare l’aliquota ordinaria del 22%, in quanto, per espressa previsione normativa, l’attività non può sfociare nella somministrazione di pasti.