3 Febbraio 2021

Enti non commerciali: dal 2021 utili a tassazione ridotta

di Gennaro Napolitano
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La scheda di FISCOPRATICO

I commi da 44 a 47 dell’articolo 1 L. 178/2020 (legge di bilancio 2021), con l’obiettivo di ridurre il carico fiscale gravante sugli enti non commerciali, prevedono, al ricorrere di determinate condizioni, la detassazione degli utili dagli stessi percepiti.

In particolare, il comma 44 stabilisce che gli utili percepiti dagli enti non commerciali residenti in Italia (o da una loro stabile organizzazione in Italia), che esercitano, senza scopo di lucro, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (nei settori indicati dal successivo comma 45), non concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 50%. Il beneficio si applica a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2021. Come sottolineato nella relazione illustrativa del disegno di legge di bilancio 2021 “l’agevolazione è concessa al fine di valorizzare il ruolo sussidiario svolto dagli enti non profit”.

Gli enti non commerciali a cui fa riferimento il comma 44 sono quelli indicati dall’articolo 73, comma 1, lett. c), Tuir, vale a dire enti pubblici e privati diversi dalle società, trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato.

Lo stesso comma 44, peraltro, precisa che sono esclusi dall’ambito applicativo dell’agevolazione gli utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (si ricorda che si considerano “privilegiati” i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia ha stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, che presentano le caratteristiche indicate dall’articolo 47-bis, comma 1, Tuir).

Ai fini dell’operatività dell’agevolazione, il comma 45 indica i settori nell’ambito dei quali devono essere svolte le attività di interesse generale di cui al comma 44, vale a dire:

  • famiglia e valori connessi, crescita e formazione giovanile, educazione, istruzione e formazione, compreso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola, volontariato, filantropia e beneficenza, religione e sviluppo spirituale, assistenza agli anziani, diritti civili;
  • prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica, sicurezza alimentare e agricoltura di qualità, sviluppo locale ed edilizia popolare locale, protezione dei consumatori, protezione civile, salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa, attività sportiva, prevenzione e recupero delle tossicodipendenze, patologia e disturbi psichici e mentali;
  • ricerca scientifica e tecnologica, protezione e qualità dell’ambiente;
  • arte, attività e beni culturali.

Il comma 46 pone uno specifico obbligo in capo ai beneficiari dell’agevolazione: gli enti non commerciali, infatti, sono tenuti a destinare l’imposta sul reddito delle società (Ires) non dovuta in applicazione della disposizione in commento al finanziamento delle attività di interesse generale cui fa riferimento il comma 44, accantonando l’importo non ancora erogato in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente.

Analogamente, il comma 47 prevede che le fondazioni bancarie di cui al D. Lgs. 153/1999 devono destinare l’imposta sul reddito non dovuta in applicazione dell’agevolazione in esame al finanziamento delle attività di interesse generale, accantonandola, fino all’erogazione, in un apposito fondo destinato all’attività istituzionale.

Con riferimento alla disciplina degli enti non profit, è utile ricordare che nel corso degli ultimi anni il legislatore è intervenuto a più riprese. In particolare, con la L. 106/2016 è stata conferita al Governo una delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale. Per effetto di tale delega è stato emanato il c.d. Codice del Terzo settore (D. Lgs. 117/2017, successivamente, integrato e corretto dal D. Lgs. 105/2018), mediante il quale si è proceduto a un complessivo riordino della disciplina, sia civilistica sia fiscale, vigente in materia.

In particolare, l’articolo 4 D.Lgs. 117/2017 stabilisce che sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società, costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale (indicate dall’articolo 5 dello stesso D. Lgs. 117/2017) in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, e iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts).

Ai sensi dell’articolo 79, comma 5, D.Lgs. 117/2017, gli enti del Terzo settore che, in conformità ai criteri indicati dallo stesso decreto, svolgono, in via esclusiva o prevalente, le attività di interesse generale indicate dal ricordato articolo 5, si considerano enti non commerciali.

Orbene, con riguardo al rapporto tra la disciplina contenuta nel Codice del Terzo Settore e le norme dettate dalle disposizioni della Legge di bilancio 2021 in esame, nel Dossier “Schede di lettura” (Volume I, Sezione I Articolo 1, commi 1-402), elaborato dal Servizio studi del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e pubblicato il 28 dicembre 2020, si evidenzia che “occorrerebbe chiarire se la detassazione degli utili (introdotta dalle disposizioni in commento, ndr) coinvolge anche gli Enti del Terzo Settore – ETS – “non commerciali” secondo le disposizioni del relativo Codice. Più in generale, occorrerebbe valutare l’opportunità di un coordinamento normativo con le disposizioni del Codice”.